Altri 28mila laureati italiani se ne sono andati nel 2017, in crescita del 4% rispetto all’anno precedente. E i dati in un report sulla mobilità interna e le migrazioni internazionali della popolazione residente. Dimostrano che prosegue il flusso dei connazionali che lasciano il Paese: negli ultimi 5 anni oltre 244mila over 25 sono espatriati, e il 64% di loro con titolo di studio medio-alto. Complessivamente, in questo periodo, l’Italia ha perso oltre 156mila tra laureati e diplomati. In forte aumento tra 2013 e 2017 il numero di emigrati diplomati (+32,9%) e laureati (41,8%).
Le motivazioni che spingono i giovani migranti a lasciare l’Italia – spiega l’Istat – sono da attribuire in parte all’andamento negativo del mercato del lavoro italiano e, in parte, alla nuova ottica di globalizzazione.
Questo, che se ne voglia dire, è il risultato delle politiche fallimentari degli ultimi governi. A dirlo sono appunto i dati, che evidentemente dimostrano che le politiche in materia di lavoro, e non solo, hanno generato precarizzazione, oltre che poche e spesso non adeguatamente retrubuite opportunità di lavoro. Se consideriamo poi che la pressione fiscale per le piccole medie imprese è sostanzialmente rimasta invariata, si capisce come mai così tanti giovani decidano di andare altrove. Inutile dire che neccessitino urgentemente politiche volte innanzitutto a ridurre la pressione fiscale, in primis per le piccole e medie imprese. Convertire in parte questa riduzione in un aumento di retribuzione dei lavorati. Visto che parliamo di giovani che escono da percorsi di studi di diverso tipo dare dignità ai vari tirocini e stage, che sempre più vengono utilizzati come mezzo per assicurarsi giovane manodopera qualificata a tempo determinato praticamente gratuitamente.
A cura di Vivereinformati
Buon pomeriggio cari lettori. Condividiamo con voi questa immagine molto significativa... In Yemen si vive negli ultimi anni una delle crisi umanitaria più gravi della storia. Nonostante ciò i conflitti sempre più violenti messi in atto dalla coalizione a trazione Saudita in questi anni non hanno mai destato, a livello di importanza e presenza mediatica, tanto scalpore e attenzione quanto "l'attacco" ai pozzi petroliferi sauditi. Evidentemente qualcosa ha fatto cortocircuito nella nostra società ... Meglio tornare al più presto a dare il giusto valore alle cose e a darsi le giuste priorità .
Fonte foto: latuff
A cura di Vivere Informati
Buongiorno cari lettori. Proseguiamo la nostra giornata analizzando un po’ la crisi di vendite dei principali giornali italiani, evidentemente molti cominciano a non riconoscersi più in quello che leggono, lasceremo comunque che siate voi a esprimere la vostra opinione in merito. Nella crisi generale, ancora più acuta è la crisi del Fatto. Ha venduto, nel mese di giugno 2019, il 25% di copie in meno dell’anno scorso. Mentre nell’insieme il mercato ha perso il 10 per cento, dopo il – 9 registrato in maggio. Il Corriere della Sera in giugno ha subito un crollo improvviso, salendo dal circa 5% dei mesi precedenti al 10. Repubblica, dopo un – 3% di maggio, si è allineata al – 10 del concorrente, il peggior dato negativo da inizio anno.
Sono usciti i risultati del primo semestre dei primi tre gruppi editoriali italiani, Rcs (Corriere della Sera), Mondadori, Gedi (fu Espresso-Repubblica).
Considerando solo il margine operativo lordo (mol).
Per quanto riguarda Rcs sono in calo sia i ricavi (da 503 a 475 milioni) sia il mol: da 83 a 71 milioni. Il conto aggregato di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport è: ricavi da 220 a 208 milioni, mol da 33 a 30.
Il Gruppo Gedi ha ricavi in calo da 321 a 303 milioni, mol da 142 a 134. Pesano, ma non si sa quanto, la Stampa e il Secolo XIX: non pare siano stati un buon affare…
Solo Mondadori migliora, ma sono 12 milioni su 380 di ricavi, un misero 3%. E nel bilancio della Mondadori i libri, con ricavi in crescita, pesano più delle riviste, in calo dell’11%.
A cura di VivereInformati