E’ corsa alle scorte di gas e mentre l’Unione europea è ancora divisa sulla fissazione di un tetto al prezzo delle importazioni russe, brutte notizie arrivano dal nostro nuovo, principale fornitore, l’Algeria. La compagnia di idrocarburi statale algerina Sonatrach ha infatti annunciato di voler aumentare i prezzi del gas e massimizzare i profitti. Complice la fuga dalle forniture di Mosca, “l’aumento delle esportazioni algerine di idrocarburi è stato del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso”, ha detto l’ad del gruppo Toufik Hekkar. L’aumento del prezzo per ora non dovrebbe riguardare l’Italia, che ha appena chiuso un accordo con Algeri per l’aumento di forniture e siglato nuovi contratti tra Eni e la stessa Sonatrach. Che però sta già trattando la cosa con altri paesi Ue e proprio mentre l’Europa corre per raggiungere la soglia minima di riempimento degli stoccaggi, tra l’80 e il 90%, necessaria ad affrontare il prossimo inverno.
“Sonatrach ha deciso di attivare la clausola di revisione dei prezzi alla luce del forte aumento dei prezzi del gas sul mercato internazionale”, ha annunciato l’ad di Sonatrach, Hekkar, in una conferenza stampa ad Algeri, spiegando di aver avviato contatti con i partner europei per rivedere le clausole contrattuali delle forniture e di aver già raggiunto un accordo con tre Paesi mentre con gli altri le trattative sono in corso. L’economia dell’Algeria, membro dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec), dipende dagli idrocarburi per circa il 90%. Nonostante l’impegno del presidente Abdelmadjid Tebboune per un piano di ripresa economica basato sulla diversificazione, è impensabile che gli algerini voltino le spalle alle leggi del mercato. Con le esportazioni più che 21,5 miliardi di dollari
Primo, il fallimento del processo di unificazione politica europea. La prospettiva di un’Unione Europea in grado di affermarsi come entità autonoma, capace di assolvere un ruolo indipendente sulla scena mondiale, viene oggi interamente riassorbito nella strategia della Santa Alleanza Atlantica. La possibilità che l’Europa possa svolgere un ruolo riequilibratore nel mondo globalizzato, bilanciando l’unipolarismo anglo-sassone e respingendo le tendenze a nuove competizioni di potenza per l’egemonia mondiale, si dissolve, nel momento stesso in cui l’Unione Europea si assoggetta senza remore alla contrapposizione che i documenti della Nato affermano senza mezzi termini contro Russia e Cina, colpevoli di revisionismo.Secondo, l’ampliamento della Nato a Svezia e Finlandia, l’affermazione del diritto della Nato ad includere nell’alleanza anche Paesi quali Ucraina e Georgia, supera in corsa qualsiasi prospettiva di distinzione tra Europa e Stati Uniti d’America: ciò avviene, si noti, a distanza di neppure un anno dal clamoroso fallimento politico-militare dell’intervento occidentale in Afghanistan. Fallimento che avrebbe dovuto condurre semmai le classi dirigenti europee ad imporre una profonda revisione di questo tipo di strumenti egemonici, formatisi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e dimostratisi del tutto incapaci di portare pace con giustizia nel mondo.
Terzo, la totale subordinazione diplomatica, militare, economica dell’Unione Europea alla Nato, è il coronamento dell’estensione dell’influenza nord-atlantica sul nostro continente, iniziato nel 1917, e portato trionfalmente a completamento proprio in questi giorni. Un fatto storico che, per quanto scarsamente illuminato dalla sorniona superficialità dei resoconti dei media e dall’insipienza dei politicanti al potere, supera per importanza anche la dissoluzione del comunismo sovietico 1989-1991.All’opinione pubblica, oggi intimidita dal quotidiano fragore della propaganda anti-russa e della minaccia epidemica, sarebbe bene segnalare che è ingenuo e molto pericoloso ritenere che questo fondamentale successo dell’atlantismo sia garanzia di pace e benessere per l’Europa dei decenni a venire.Ci limitiamo qui a segnalare che l’inclusione di Svezia e Finlandia nel Patto Atlantico coincide con alcuni tutt’altro che ingenui cincischiamenti che si sono verificati nelle settimane passate intorno alla questione dell’énclave russa di Kaliningrad.