Scrivere che passione

Founder Junior

La Scrittura in Azienda: quanto conta saper scrivere testi per fini aziendali? Quando parliamo di Scrittura Aziendale ci riferiamo, in particolare, al Web writing e alla tecnica SEO (Search Engine Optimization). Riuscire a farsi leggere da clienti acquisiti e potenziali è molto importante per qualsiasi azienda, al fine di promuoverne l’attività o i prodotti. Ma questo non basta. La vera sfida oggi è comunicare in azienda attraverso una scrittura capace - come molti guru del marketing sottolineano - di far ridere, piangere, emozionare. Capace di affascinare: che è poi il primo compito della narrazione pura. In genere un’azienda ha davvero poco da inventare. In particolare, nelle piccole e medie aziende i rapporti tra le persone sono più stretti ed immediati, per cui è facile individuare qual è il “patrimonio da raccontare” al pubblico. Questo va compreso, riconosciuto e poi utilizzato nel miglior modo possibile. Ma anche questo non basta. La problematica principale è quella di una scrittura ancora vecchio stampo che spesso manca di vera chiarezza ed efficacia. E’ fondamentale prendere atto che non è più possibile utilizzare un gergo tecnico e non è il caso di imbrigliarsi in giri di parole inutili e ridondanti che allontanano i lettori. In azienda il segreto è scrivere in modo sovversivo, ribelle. Cosa significa? In pratica: tentare nuove strade espressive, nuove angolazioni e nuovi punti di vista che spesso aprono possibilità impensabili. Per fare questo bisogna uscire dai sentieri espressivi che percorriamo ogni giorno da quando andiamo a scuola, è necessario indagare la memoria per ricostruire un senso e fonderla con un presente dalle innumerevoli e affascinanti sfaccettature. Osservare, ascoltare, andare in profondità. Siete pronti ad accettare questa sfida, cari #Camers?

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Felicità: impariamo a viverla e a... scriverla! Un po’ di tempo fa sono andata al mare, di mattina presto, mentre le stelle si spengono e il sole ancora non è nato. Passeggiare a piedi nudi sulla sabbia, senza un perché, solo per il piacere di farlo. Non è forse questa la felicità? Un tempo, in estate inoltrata, avevo l’abitudine di stilare un bilancio dei mesi precedenti. Cosa avevo compiuto di positivo, cosa avrei potuto migliorare, dove sarebbe stato utile intervenire con modifiche per ottenere maggiori risultati. Compilavo elenchi di buoni propositi che avrebbero dovuto condurmi alla felicità. Un metodo efficace, concreto, che mi ha aiutato a realizzare gran parte dei desideri, ma nonostante i successi e i traguardi raggiunti, la felicità, per come la intendevo io, non arrivava mai. Il problema è che la maggior parte di noi identifica questo stato d’animo con la realizzazione dei desideri. Ci impegniamo, lavoriamo, aggiustiamo costantemente il focus per avere tutto sotto controllo, come se la felicità fosse qualcosa da costruire e poi recintare. Ognuno ha la sua personale “immagine” di felicità. La mia immagine di felicità è osservare la mia esistenza, percepire che non manca nulla, guardare con rinnovato stupore e meraviglia tutte le cose che ho intorno. Da tempo, ogni sera scrivo un breve riassunto della giornata su un quaderno, senza mai dimenticare di annotare un evento o una situazione positiva, qualcosa che ho imparato, un sorriso, il bello che mi ha attraversato. È un esercizio che suggerisco a tutte le persone che conosco. Praticato con costanza ha il potere di cambiare il punto di osservazione della nostra esistenza; non ci si sofferma più sulla mancanza, sul desiderio di quello che non c’è, ma si sposta l’attenzione su quello che è già presente. Nel viaggio verso l’ignoto che alberga in noi, abbattiamo i confini tracciati, i ruoli che recitiamo, liberiamo l’essenza della nostra infanzia, quando il mondo non era altro che un mistero da scoprire. È la felicità che porta al successo e alla realizzazione, non il contrario. Voi cosa ne pensate, #Camers?

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Scrivere è avere l’occhio attento del giardiniere che mantiene rigoglioso e bello il giardino senza paura di potare là dove è necessario. Ma si nutre - la scrittura- della precisione dell’orafo che interviene là dove molti sguardi neppure arrivano. Vive, o dovrebbe vivere, nello scrittore, l’ardore di chi impasta che ad un certo punto - a dispetto di ogni regola e consuetudine - aggiunge ingredienti, cambia forma perché qualcosa di nuovo è apparso nella mente e nell'anima.

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