Silvano Di Mattia
>> Home >> Storie di auto >> La nostra torrida estate e quella misteriosa Chevrolet Impala La nostra torrida estate e quella misteriosa Chevrolet Impala 22 marzo, 2019 | Redazione -prima parte. Chevrolet Impala. Da noi le “cose” succedevano sempre d’estate. E le nostre estati erano tutte terribilmente calde, tanto calde che le case dei piani alti diventavano fornaci da cui sfuggire durante le ore centrali del giorno. Avendone la possibilità, si andava alla ricerca di un intervallo di refrigerio al mare o in campagna, sotto le fronde dei fichi e dei noci, ma si doveva ritornare necessariamente di sera, cercando di riuscire, in qualche modo, a riposare. Anche la mia casa era caldissima, penalizzata da un’esposizione che la vedeva abbracciare il sole già alle cinque del mattino e congedarlo la sera con l’ultimo raggio che scompariva dietro ai lecci della villa comunale di Maglie, in provincia di Lecce. L’aria condizionata era un lusso irraggiungibile, si era provato di tutto per alleviare la morsa del calore estivo, ogni tipo di ventilatore e di tenda da sole, fino a dipingere di bianco tutto il lastrico solare per favorire la rifrazione dei raggi infuocati del mezzogiorno. Spesso, alla sera tardi, si tiravano i materassi per terra, davanti alle finestre o alle porte spalancate, confidando in un refolo di brezza notturna. Quando si è bambini si è meno insofferenti al caldo e al freddo, ci si stanca più degli adulti e il sonno non tarda ad arrivare, facilitato dalla leggerezza di pensieri elementari che non indugiano più di tanto nella mente. Eppure, certe notti di caldo afoso, neanche noi riuscivamo a dormire, complici le zanzare e l’eco dei suoni di un cinema all’aperto, non molto distante. Al mattino prestissimo, quando la temperatura esterna sembrava mitigarsi per qualche ora, era un piacere lasciare il letto, uscire sul balcone e sedersi per terra, lasciando che le gambe nude, infilate negli spazi liberi della ringhiera, penzolassero nel vuoto e nell’aria fresca. Fu una mattina di quelle che, mentre me ne stavo in quella strana posizione, roteando le gambe e reggendomi con le mani alle sbarre di ferro, guardando verso il basso mi accorsi che, a pochi metri dal portone di ingresso della mia palazzina, era stata parcheggiata una grossa auto marrone, dalle proporzioni mai viste. In pochi attimi indossai zoccoli, pantaloncini e maglietta e scesi giù a controllare. La prima impressione fu quasi di paura, quella macchina aveva forme drammaticamente esasperate e dimensioni esagerate. Sembrava più lunga di un camion ed era tanto larga da occupare buona parte della carreggiata. All’epoca, su quella strada transitavano ancora, numerosissime, le 500, le 600 e le 850. Le famiglie più abbienti potevano permettersi le 124 e le 125, qualche rara Alfa Romeo o Lancia . La vista di quell’automezzo enorme e scintillante di mille cromature mi lasciò senza parole. Mio padre, avvertito immediatamente, si affaccio e sentenziò, senza grandi entusiasmi, che si trattava di un’americanata. L’auto era stata parcheggiata in una zona priva di marciapiede, a ridosso del muro di cinta di un giardino, proprio per non intralciare il passaggio di altri veicoli, aveva la capote di tela e tutti i vetri abbassati. Mi colpì subito il parabrezza di cristallo verde ma, in realtà, ogni cosa che osservavo mi causava repentini stupori. L’interno non era solo a vista ma anche “a portata di mano”. Il proprietario l’aveva lasciata lì, senza alcun timore che qualcuno la danneggiasse. Accarezzai per un attimo la pelle rossa della tappezzeria e spalancai gli occhi alla vista di tappeti, anch’essi rossi, spessi come quelli che si tenevano in casa. Tutte le auto che avevo visto, prima di quella, avevano tappetini di gomma nera, dall’odore sgradevole di copertone. Immaginai che sarebbe stato bello sedersi su quei divani rossi e la tentazione di aprire lo sportello fu fortissima, ma non lo feci. di Lorenzo De Donno da Quarta Marcia -fine prima parte.
Silvano Di Mattia
Professioni che scompaiono con l’evolversi della società: lattaio, cacciatore di topi, centralinista.. ma anche idee per reinventarsi un mestiere! Cerchi lavoro o vuoi aprire un’attività? Se ancora non sai in quale settore puntare puoi andare ad esclusione e tralasciare questi lavori di una volta, che però – oltre a suscitare nostalgia per tempi lontani – possono anche dare un’idea per riciclarli in chiave moderna e reinventarsi un lavoro! Il tagliatore di ghiaccio: prima dell’avvento dei moderni frigoriferi non esisteva la possibilità di produrre il ghiaccio, e così si andava letteralmente a raccogliere il ghiaccio (o la neve) per poter mantenere al fresco i prodotti. Un altro lavoro scomparso con l’arrivo del frigorifero fu quello del lattaio: non potendolo mantenere in casa, veniva consegnato fresco tutti i giorni. Avrete notato questa figura in tanti film americani degli anni cinquanta, vero? E magari vi sarete chiesti come mai qui non c’è? Perchè è stato sostituito dal frigorifero. E così certe mogli hanno perso la possibilità di conoscere un potenziale amante Un lavoro dallo spirito romanzesco e forse nobile era il lettore di libri per operai. In alcune grandi fabbriche, dove le mansioni erano ripetitive e alienanti, un oratore si impegnava a leggere libri e riviste ad alta voce per intrattenere gli operai durante il lavoro. Paradossalmente c’era più attenzione per la cultura allora che oggi. Probabilmente non tutte le letture erano permesse: il Capitale di Marx o altre letture che denunciassero il capitalismo sicuramente non erano nella lista dei libri da leggere! Tratto da magnaromagna.it
Silvano Di Mattia