Nel 1960 la Innocenti fece il suo ingresso nel mondo dell’auto con la A40, derivata dalla omonima vettura a marchio Austin.
2018-12-18 08:56:44
Nel 1960 la Innocenti fece il suo ingresso nel mondo dell’auto con la A40, derivata dalla omonima vettura a marchio Austin. Tra l’azienda di Lambrate e la allora BMC, British Motor Corporation, vi era un accordo collaborativo per produrre auto inglesi nel nostro paese. Sfruttando questo accordo, la Innocenti in contemporanea con il modello A40, sviluppò su base Austin-Healey Sprite, una compatta decappottabile due posti, il cui nome era 950 Spider.Il design della vettura era di Tom Tjarda per la carrozzeria Ghia, che si occupò anche dell’assemblaggio della scocca. Venne presentata al Salone di Torino assieme alla A40. Il prezzo era di 1.150.000 Lire. La vettura suscitò subito molta attenzione e, fece sicuramente da apripista, alle successive Fiat 850 Spider e alla poco fortunata Autobianchi Stellina (Clicca QUI).Lo stile si presentava semplice, ma molto elegante, al posteriore si notavano due piccole pinne, di chiara ispirazione Americana. La 950 era leggera, pesava appena 695 kg. All’interno si trovavano finiture curate, con accessori come il sedile di guida regolabile e l’accendisigari di serie, cosa rara all’epoca. Inoltre possedeva un impianto di riscaldamento di ottima fattura e una capote a doppio strato per una migliore insonorizzazione. La vettura aveva un grosso problema, che fu anche il principale motivo del suo insuccesso, la scarsa potenza del motore inglese di 948 CC, che aveva solo 43 cv e, la faceva, con fatica, arrivare ad una velocità massima 140 Km/h; per un auto che sicuramente veniva scelta per la guida sportiva e la cui clientela era per la maggior parte giovane (inizialmente era infatti pubblicizzata come L’automobile fatta gioventù), il propulsore era al di sotto delle aspettative.Nonostante fosse qualitativamente valida ed un passo avanti alla concorrenza, la clientela la snobbò per via della scarsa sportività di guida che essa offriva. L’anno successivo arrivò un motore con un pò di potenza in più, 50 cv, ma ancora non abbastanza per ottenere prestazioni esaltanti. La vera svolta fu nel 1963, con un motore da 1100 CC e 58 cv, il nome cambiò in 1100 Spider e solo allora la vettura fu in grado di offrire prestazioni sportive ed una guida sicuramente più coinvolgente. Sfortunatamente però la concorrenza continuò a fare meglio e la piccola Innocenti non riuscì ancora una volta a ritagliarsi il suo spazio.Contestualmente all’arrivo del nuovo motore, vennero effettuati alcuni aggiornamenti: all’esterno capeggiava il nuovo nome Innocenti S, nuovi copri cerchi e si poteva scegliere la vettura anche con un pratico Hard Top, che la trasformava in una piccola coupé, mentre sotto pelle si trovavano nuovi freni a disco all’anteriore. Nel 1966, complice il successo crescente della Fiat 850 e delle sue derivate, alla Innocenti, pensarono di sviluppare una piccola coupé sfruttando la base di partenza della S, per cercare di rilanciarsi in un settore, dove nonostante fossero stati tra i primi a proporre questo genere di vetture nel nostro paese, non riuscivano comunque a ritagliarsi un posto di rilievo. Ancora una volta fu Ghia a progettare la nuova vettura. Venne modificato il passo, migliorandone l’abitabilità interna, inoltre furono allargate le carreggiate. Il design della vettura si differenziava dalla S, oltre che per l’aggiunta del tetto anche per un frontale con calandra ridisegnata; modifiche vennero apportate anche alla coda, con gruppi ottici nuovi posizionati in orizzontale. Meccanicamente era equipaggiata anch’essa dal motore BMC da 1100 CC, il peso si attestava a 770 kg. La Innocenti C, questo il nome scelto, fu presentata nel 1966, sempre al Salone di Torino, ma nei suoi due anni di produzione, venne costruita in poche centinaia di esemplari.Nel 1968, sia la Innocenti C che la spider S, furono tolte da listino e mai rimpiazzate. Complessivamente la produzione della serie Innocenti 950 Spider, 1100 Spider, S e C ammontava a 7651 esemplari nel 1968. Ad oggi sono pochi gli esemplari sopravvissuti e sono estremamente rari. Se ne possedete una, tenetevela stretta!
Perché Salvini e Di Maio pensano ora a ridurre il numero dei parlamentari.
2018-12-18 08:49:40
Perché Salvini e Di Maio pensano ora a ridurre il numero dei parlamentari L’idea è nel contratto di governo e potrebbe contribuire a recuperare consenso tra i delusi da Quota 100 e reddito di cittadinanzadi nicola graziani | 18 dicembre 2018, 09:26 Luigi Di Maio (M5s) e Matteo Salvini (Lega) La cosa dovrebbe avvenire alla ripresa, dopo la fine delle vacanze natalizie e, soprattutto, chiuso almeno per il momento il capitolo della legge di bilancio. A rilanciare l’idea (un primo lancio risale allo scorso settembre, proprio nel momento in cui diveniva più caldo il confronto-scontro con l’Europa) uno dei due vicepremier, Luigi Di Maio.Ma l’altro vicepremier, Matteo Salvini, ha ripreso prontamente l’idea. Tanto prontamente da far pensare ad un’azione concordata.Insomma, il governo gialloverde ha intenzione di presentare alle Camere un progetto di riforma costituzionale per ridurre drasticamente il numero dei parlamentari. Deputati e senatori, ha detto per primo il capo politico del M5S, saranno chiamati ad un taglio spontanei degli scranni, e da 945 che sono ora (lo stabilisce la Costituzione, e questo spiega il rango della riforma e le procedure con doppia lettura che saranno necessarie) si autoridurranno.I numeri sono ancora da stabilireDi quanto? Il contratto che è alla base dell’alleanza di governo parla chiaro: diventeranno “400 deputati e 200 senatori”. Questo, si legge nel documento sottoscritto lo scorso maggio, renderà “più agevole organizzare i lavori delle Camere e diverrà più efficiente l’iter di approvazione delle leggi, senza intaccare il principio supremo della rappresentanza”.Di Maio, parlando l’altro giorno a Lavarone, ha confermato la cifra, preannunciando: “taglieremo 345 parlamentari dal plenum della Camera e del Senato”. Ma Salvini, che in quel momento era ad un appuntamento della Lega, si è spinto più in là: “entro il 2019 verrà varata la riforma costituzionale per dimezzare il numero dei parlamentari”. A conti fatti, sarebbe una sforbiciata ancora più pesante, perché si tratterebbe di arrivare a circa 472 parlamentari, e non 600 come previsto dal contratto di governo e dallo stesso Di Maio.In più resta da chiarire un punto: cosa fare dei senatori di diritto e di quelli di nomina? Fanno parte della prima categoria gli ex Presidenti della Repubblica (al momento il solo Giorgio Napolitano), mentre la questione dei senatori a vita è più complessa. La Costituzione dice che il Presidente della Repubblica ne può nominare fino a cinque (e qui si pare la questione se sia ogni singolo presidente a poterlo fare, o l’istituzione in quanto tale). Al momento il destino dei senatori non passati per le urne elettorali non è ancora segnato.Ad ogni modo, potrebbe rivelarsi faccenda di importanza secondaria di fronte ad altre questioni.Un precedente pericolosoLa prima è tutta politica, e qualcuno l’ha sollevata non senza malizia. Anche Matteo Renzi, è stato osservato, avviò le riforme costituzionali all’apice della gloria e ne finì vittima, accoltellato da un referendum. Lui, addirittura, voleva l’abolizione del Senato intero, senza se e senza ma.La seconda sono i tempi. Salvini ha parlato esplicitamente di approvazione “entro la fine del 2019”. Un anno esatto, insomma. Che però per una riforma costituzionale non è poi molto (ci vogliono quattro sì incrociati allo stesso testo di Camera e Senato). Allora occorre sbrigarsi: presentare il progetto di riforma al massimo alla fine di gennaio e avviare il confronto. Montecitorio transatlantico lavori parlamentari - cameraUn'arma di distrazione di massa?E qui si potrebbe dare anche una seconda lettura dell’uscita quasi in contemporanea di Salvini e Di Maio. Questa: a primavera, e nella successiva campagna elettorale per le europee, l’attenzione generale potrebbe finire per essere focalizzata dalla questione del numero dei parlamentari, facendo passare in second’ordine ogni eventuale nuovo scontro con l’Ue e anche la applicazione depotenziata, rispetto alle attese, di riforme come Quota 100 e reddito di cittadinanza.