Passione Animali

Da loro possiamo solo imparare

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Nome comune Cavalletta verde. Specie Tettigonia virdissima. Diffusa in Eurasia e nei Paesi dell’area mediterranea, la cavalletta verde, o locusta verdissima, predilige gli ambienti ricchi di vegetazione con alberi e arbusti. Come tutte le specie appartenenti alla famiglia dei Tettigonidi, fa parte del sottordine degli Ensiferi, al quale sono ascritti insetti dotati di antenne molto lunghe e sottili e di lungo ovopositore, che in questa specie ha forma di sciabola ed è lungo 3 centimetri. La livrea verde splendente consente a questo ortottero di nascondersi facilmente nell’erba dei prati, sugli arbusti e nella chioma degli alberi. Onnivora, la cavalletta verde può nutrirsi tanto di foglie e germogli quanto di insetti e larve. Il ciclo riproduttivo inizia con l’accoppiamento, dopo il quale la femmina scende a terra e scava piccole buche nelle quali depone le uova. In queste buche le uova svernano protette dal calore del terreno, finché in primavera si schiudono lasciando uscire piccole larve molto simili agli adulti. In questo periodo è possibile vederle nei campi e nei prati, dove vivono saltando da un filo d’erba all’altro, nutrendosi di erbe e germogli. Dopo aver compiuto 6 mute, raggiungono lo stadio adulto e salgono sulle chiome degli alberi, dove resteranno per tutto il corso della loro vita. Come per la Tettigonia cantans il canto dei maschi, molto forte, è udibile sia di giorno che di notte. Si ciba principalmente di insetti (larve, bruchi, mosche, piccole farfalle, etc.) e di vegetali. Distribuzione e habitat: è presente in tutta Italia, isole comprese, dalla pianura fino a 1400 metri di quota. Si osserva nei prati ad alte erbe, campi, cespuglieti, sulle fronde degli alberi nei boschi e, a volte, anche in città. Periodo di attività: adulti da luglio ad ottobre.

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La volpe è un canide di medie dimensioni (lungo da 65 a75 cm). Ha il muso lungo e affusolato, le orecchie dritte, appuntite e nere nella parte posteriore e le zampe corte. La coda è lunga (da 35 a 45 cm ) e molto folta solitamente con la punta bianca. E' il carnivoro selvatico più diffuso e con più vasta zona di distribuzione.
Può prosperare negli habitat più svariati (dal livello del mare fino a 3200 m): vive principalmente nei boschi, ma si può rinvenire anche in brughiere aperte, in montagna e nelle campagne coltivate. E' diffusa nelle città che presentano vaste zone a giardino come in Inghilterra.
E' un animale notturno, ma dove vive indisturbata è attiva anche di giorno. Durante il giorno si ripara sotto i cespugli, in piccoli fossi, nelle tane scavate da lei stessa o in tane di tasso e di istrice abbandonate, in città può nascondersi nei giardini o tra il materiale di scarto.
Si nutre di lepri, conigli, roditori, ricci, ma tende ad escludere i toporagni e le talpe. Mangia insetti, uccelli, uova, lombrichi, carogne e rifiuti. In estate e in autunno integra la sua dieta con frutta e bacche. Le sue esigenze alimentari sono di circa 500 gr. di cibo al giorno. Considerata fin dai tempi più antichi l'incarnazione della furbizia, la volpe ha colorito molte favole nel passato e certamente ha dato un tocco di mistero a tante tradizioni popolari che sono servite, purtroppo, a screditare questo canide e a renderlo malvisto come è accaduto per il lupo. Curiosità: A chi disprezza quello che non riesce ad ottenere, si ricorda la favola di Esopo della volpe e l'uva che, in romagnolo, fa più o meno così: "Anche la volpe disse che non voleva l'uva, perchè era acerba - mentre in verità non arrivava a prenderla. Per fare in maniera che le volpi non attaccassero il pollaio, le massaie evitavano nel modo più assoluto di pronunciarne il nome, piantavano aconito nelle vicinanze e, in segno di disprezzo, si calavano la gonna come per esorcizzare le loro letali incursioni.

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L’’elefante di Sumatra chiamato anche Elephas maximus sumatranus, appartiene alla sottospecie degli elefanti indiani, a grave rischio di estinzione. Oggi, si contano non più di 2.800 esemplari nel grande arcipelago asiatico... L’’elefante di Sumatra chiamato anche Elephas maximus sumatranus, appartiene alla sottospecie degli elefanti indiani, a grave rischio di estinzione. Il nome, deriva dal suo habitat naturale: l’’elefante vive solamente nell’isola Indonesiana di Sumatra e non si può trovare altrove. La sua popolazione è drasticamente diminuita, riducendo il suo numero di esemplari notevolmente. Tutto ciò è dovuto alla perdita del loro habitat e della deforestazione delle piantagioni dell’olio di palma. Aspetto fisico L’elefante di Sumatra si differenzia dall’elefante indiano per le sue misure più ridotte: è in grado di raggiungere massimo 3 metri di altezza per un peso che si gira intorno ai 2.000 e i 4.000 kg. Habitat naturale Come accennato sopra, l’elefante di Sumatra si trova solamente nell’isola indiana da cui deriva il suo nome. A causa della loro riduzione dell’habitat, gran parte della specie è ormai estinta. Viene infatti considerato un animale della lista rossa, ovvero protetta. Alimentazione Animale erbivoro, l’elefante di Sumatra mangia prevalentemente di piante e vegetali, ottenendo da essi tutto il nutriente giornaliero di cui ha bisogn Il loro menù varia dalle semplici erbe, alle foglie, fino ad arrivare alla frutta, noci e germogli e anche cortecce. Gli elefanti di Sumatra usano spesso la loro proboscide per ottenere il loro cibo, cercando le foglie più verdi insediate nella zona più alta dell’albero. Riproduzione Gli elefanti di Sumatra sono in grado di riprodursi dopo il superamento dei 10 anni, dando alla luce un unico cucciolo dopo un periodo di gravidanza lungo 22 mesi. La nascita del piccolo avviene solitamente di notte. Cresciuto dalla madre, il piccolo elefante di Sumatra in grado di ottenere la sua indipendenza solo al raggiungimento del quinto anno di età. Grazie alle loro enormi dimensioni, gli elefanti di Sumatra inoltre non hanno una grande lista di predatori da cui difendersi, se non l’uomo, il suo maggior nemico. Oltre a noi, i maggiori predatori degli elefanti di sumatra sono anche le tigri, le quali tendono spesso ad attaccarli.

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