Passione Animali

Da loro possiamo solo imparare

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Da loro possiamo solo imparare

La Foca Leopardo è una specie appartenente alla famiglia delle Phocidae, un animale unico nel suo genere e considerata la seconda foca più grande di tutta l’Antartide. Al primo posto di grandezza troviamo solo l’Elefante marino del sud, vista la sua grandezza la foca leopardo ha il vantaggio di avere una sola specie di predatori: l’orca. La foca leopardo è difficile da confondere con altre specie, infatti raggiunge i 4 metri di lunghezza e i 500 Kg di peso. Le femmine sono sempre più grandi dei maschi, visto che l’esemplare più grande di sesso maschile di foca leopardo non supera i 320 Kg. Sia la testa che la bocca sono ben sviluppate e anche il collo ha una mole notevole. Queste caratteristiche fanno assomigliare la foca leopardo ad un rettile. I denti di questo animale sono particolari, come avviene in molte specie carnivore, non mancano i denti frontali affilati e molari che consentono la filtrazione del Krill dall’acqua. La foca leopardo ha altri vantaggi come la vista e l’olfatto ben sviluppati, grazie a questi sensi è considerata una delle predatrici più brave di tutto l’oceano. Questa specie vive benissimo nelle acqua fredde dall’Antartide e durante il periodo estivo, trova il suo habitat perfetto in alcune isole sub antartiche come il Sud America, l’Australia e la Nuova Zelanda.

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Da loro possiamo solo imparare

Airone Guardabuoi, conosciuto con il nome scientifico di Bubulcus ibis, si tratta di un uccello facente parte della famiglia degli ardeidi. Minacciato dall’incremento esplosivo delle zone urbane, l’airone guardabuoi è ad oggi specie protetta, eppure troppo spesso oggetto delle attenzioni da parte dei bracconieri. Durante il periodo riproduttivo i maschi mostrano un piumaggio colorato di arancione non solo sulla nuca, ma anche sul dorso, in prossimità del becco e delle zampe. L’airone guardabuoi abita frequentemente ambienti umidi, ma non disdegna i campi seminati e arati e non di rado è possibile osservarlo intento a seguire trattori durante le varie fasi agricole di dissodamento della terra, e proprio da questa sua attitudine probabilmente ha ottenuto il suo nome. Mangia quel che il suo habitat gli offre: di norma segue le mandrie domestiche o selvatiche posandosi sul dorso degli animali per nutrirsi dei parassiti presenti, ma non disdegna nemmeno di nutrirsi di pesci, di cui è ottimo pescatore, anfibi, invertebrati, siano essi terricoli o acquatici e roditori.

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La mosca spagnola era già conosciuta nell’antichità a causa della presenza della cantaridina nel suo corpo. Questo composto veniva usato come medicinale, come afrodisiaco ma anche come veleno. Il maschio della cantaride è più piccolo ma con un colore più intenso rispetto alla femmina. Il suo nome scientifico deriva dal greco lýssa che significa frenesia, pazzia. Il termine vesicatoria invece significa che produce vesciche, proprio ad indicare gli effetti della cantaridina. La mosca spagnola vive su diverse piante tra i quali il frassino, il pioppo, l’acero e il sambuco. In caso di necessità, l’insetto può anche nutrirsi di foglie di ulivo. In questi casi però, la cantaride danneggia in modo irrimediabile i germogli degli ulivi che non riescono poi a svilupparsi in modo corretto. La mosca spagnola si riproduce una sola volta all’anno. La femmina depone le uova fecondate a terra, solitamente nelle vicinanze dei nidi di Imenotteri Apidi, spesso di vespe. Le larve, quando misurano 2 millimetri, scalano una pianta in fiore e attendono l’arrivo di un’ape a cui poi si aggrappano. La cantaridina viene prodotta dai maschi della mosca spagnola a livello orale e viene emanato come fluido lattiginoso attraverso le articolazioni dell’insetto. Questo composto ha un LD50 di 0,5 mg/kg. Questo composto causa irritazione, vesciche, sanguinamento e altri disturbi. Dosi eccessive del droga che si ricava dal veleno di questi coleotteri possono causare seri problemi e spesso la morte. Questo composto infatti corrode le mucose dell’organismo e causa sanguinamento gastrointestinale grave, necrosi tubulare acuta con conseguente disfunzione gastrointestinale e renale. Tale situazione porta all’insufficienza renale ad alla morte.

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