Fiore di Loto

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L’indomani tornai al cartello di divieto. Ero indecisa se procedere oppure no. Non ci volle molto per convincermi a tornare. Camminai lentamente, cercando di non fare rumore. Rimasi nascosta per un po’, temendo che potesse esserci il proprietario o il un guardiano nell’ombra in attesa di cogliermi in fallo. Attesi una decina di minuti, poi decisi che questa strategia era inefficace. Mi chiami e raccolsi qualche sassolino. Mi guardai attorno e ne lanciai uno distante sula mia sinistra. Attesi ansiosa qualche segnale. Nessuno. Ne lanciai un altro sulla mia destra e attesi ancora. Niente, nessun movimento. Riprovai ancora e lanciai l’ultimo sassolino davanti a me, in lontananza. Anche in questa occasione non avvertii nulla. Uscii dal mio nascondiglio con cautela. Mi avvicinai al pianoforte. Mi sedetti e iniziai a suonare. Non riuscivo a comprendere il motivo, ma stavo suonando una melodia con la bravura di un musicista esperto. ”Com’era possibile?” mi chiedevo. In quel momento preferii continuare a vivere il mio sogno di musicista assaporando le note che riuscivo ad intrecciare per creare qualcosa di sublime. Continuai per diverso tempo, poi tornai a sentire il rumore di passi del giorno precedente, ed allo stesso modo scappai velocemente. Tornando nella zona non preclusa continuai a pensare a come fosse possibile che potessi suonare così magnificamente senza conoscere una singola nota. La musica mi era sempre piaciuta e mi faceva provare vibrazioni ed emozioni in molte situazioni. Spesso il mio umore si modificava a seconda delle note che udivo e che riuscivo a fare in qualche modo mie. Tutto questo era sorprendente e non trovavo una risposta sensata. Rimasi per un po’ di tempo seduta in una panchina a riflettere, poi decisi di ascoltare un po’ di musica dall’ipod che avevo in tasca. Mentre ero rapita dalla musica, vidi con la coda dell’occhio una figura avvicinarsi al punto di ristoro e parlare concitatamente. Incuriosita, mi recai con non chalance al chiosco per conoscere il motivo di tanta apprensione. La figura agitata era quella di un uomo che era interessato a sapere se l’addetto avesse notato qualcuno entrare o uscire dalla zona preclusa. Il ragazzo, mentre serviva delle clienti, pensando Ale ore precedenti, scosse la testa in segno che non aveva fatto caso avendo avuto parecchi clienti. L’uomo, un uomo sulla quarantina, con qualche imbiancatura qua e là sui capelli scuri, si grattò il mento coperto da una rada barba. Abbassò lo sguardo per poi dirigerlo improvvisamente su di me. I suoi occhi mi trapassarono con il loro color nocciola. Si soffermò su di me come indeciso se farmi le medesime domande poste al lavorante. Alla fine se ne andò con la testa persa sull’incognita del suo ospite. Qualche istante dopo l’addetto, terminate le clienti prima di me, mi domandò cosa desiderassi. Istintivamente chiesi un succo di frutta all’albicocca. Quando mi porse la bevanda, gli chiesi cosa fosse successo, ed il ragazzo mi raccontò che quel signore era il proprietario di tutto il parco. Aveva concesso parte del suo parco ai suoi concittadini, tranne una zona che aveva tenuto riservata. Aveva scoperto che qualcuno, ignorando la segnaletica, era entrato nella parte privata e aveva suonato disturbando un familiare malato. Aveva anche chiesto al giovane di fare attenzione e di avvisarlo se avesse scoperto chi fosse l’intruso. conversammo ancora un po’, poi tornai a casa. Quella sera, appena rientrai, mia madre mi accolse con urla e insulti. Stanca dei suoi sfoghi a causa degli alterchi che non riusciva a sostenere con mio padre e al lavoro, mi diressi in camera mia e chiusi la porta a chiave dietro di me, come era ormai mia abitudine. Misi le cuffie dell’ipod alle orecchie e accesi alzando il volume per non sentirla. Prosegue prossimamente

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