Fiore di Loto

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Feci un altro sospiro e mi avvicinai lentamente a lei, per non spaventarla ulteriormente. Non se ne accorse. Protesi un dito verso di lei per farla voltare e farmi ascoltare. Desideravo aiutarla. Mi dispiaceva per lei. Quando la toccai cercai di farlo il più delicatamente possibile per non farle male e per non spaventarla. Al mio tocco fecce uno scatto e si ritrasse, ma indietreggiò pericolosamente sul bordo del comodino. Stava perdendo l’equilibrio e per evitare che precipitasse da quell’altezza e si facesse male, l’afferrai con la mano. Questa volta però non la posai. La tenni in mano. Appena si riprese cercò di divincolarsi. Cercai di farla calmare. Le ripetei che non volevo farle del male, ma non prestava attenzione. Trascorsero alcuni secondi ma continuava ad agitarsi. Le ripetei le medesime parole, ma con un tono di voce più alto. Notando la sua indifferenza mi spazientii e alzai ancora di più il volume della mia voce dicendole di smettere di agitarsi. Si bloccò tremante. Era molto spaventata. Le dissi nuovamente, con tono dolce e il più rassicurante possibile, che non volevo nuocerle e che l’avrei posata sul comodino se non si fosse agitata come prima. La creaturina annuì con la testa. Finalmente mi ascoltava e soprattutto mi capiva. Comprendeva le mie parole! L’adagiai delicatamente e appena la liberai dalla stretta corse verso la gamba del comodino come per scivolare giù da esso e fuggire. Non feci nulla per impedirglielo. La giovane piccola donna resasi conto che non la fermavo si bloccò e mi osservò, come se solo ora avesse inteso davvero le mie parole. Ancora un po’ impaurita si alzò e fece qualche passo incerto nella mia direzione, tenendosi adeguatamente vicina alla via di fuga. Restando sempre ferma nella mia posizione le dissi: “Non devi temere. Non voglio farti del male. Se vuoi andare via e vuoi un aiuto per scendere ti aiuterò. Se preferisci restare e raccontarmi cosa stavi cercando, proverò ad aiutarti, se lo vorrai”. La donnina in miniatura rimase qualche istante in silenzio, poi aprì la bocca ed uscirono fiumi di parole incomprensibili per la velocità con la quale venivano pronunciate. Rimasi per qualche istante a bocca aperta, dopodiché le domandai di parlare più lentamente, altrimenti non avrei capito nulla. Notai che non mi ascoltava. Era talmente concentrata a parlare che non prestava attenzione a quel che le dicevo. Ripetei le mie parole alzando il tono della voce. Sentendo la mia voce più alta si bloccò all’istante. Dopo alcuni istanti le dissi: “Scusa se ti ho interrotta, ma parli troppo velocemente e non ti capisco”. Poi mi presentai e la invitai a ripetere il suo racconto. La piccolina rimase muta per un po’, poi fece un profondo respiro e riprese a parlare, ma questa volta più lentamente, cosicché potei comprenderla. Mi disse: “Mi chiamo Brilli. Sono una fatina del bosco di luce. Stasera ho perso i miei poteri perché tu mi hai vista. Ora non posso più trasformarmi, quindi non posso più volare né praticare i miei incanti. Mi sono spinta fuori dalla mia terra perché un oggetto che apparteneva al nostro popolo è scomparso. Abbiamo visto la sua scia da queste parti e un gruppetto di noi è partito alla sua ricerca. Io ho avvertito la sua presenza qui, ma non riesco a trovarlo. Prima che tu mi vedessi e perdessi i miei poteri, percepivo la sua presenza. Ora però non posso più sentirlo, tantomeno tornare nel mio regno e dalla mia famiglia”.

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In una notte di luna piena l’oceano cantava, ed io mi facevo cullare dalla sua melodia. Una leggera brezza entrava furtiva e mi faceva compagnia, stuzzicando il mio riposo. Le fronde delle palme, mosse dall’aria birichina, danzavano producendo un coro soporifero. Tutto era meraviglioso, incantevole. Riposavo nel mio giaciglio morbido, odoroso di fiori, quando una luce trafisse le tenebre e si irradiò sin dentro la mia capanna sulla spiaggia. Il bagliore mi costrinse ad aprire gli occhi. Mi alzai, ma tutto era nuovamente scuro e udivo solo i suoni della natura. Mi guardai attorno, ma non vidi altro che il buio rischiarato dalla pallida luce della Luna. Mi domandai se avessi potuto solo sognare di aver visto quel bagliore attraverso le palpebre. Guardai attorno ancora una volta, ma nulla attirò la mia attenzione. Mi rimisi a letto, scrutando ancora nell’oscurità, come per sorprendere qualcosa di ignoto, ma nuovamente non vidi nulla. Richiusi gli occhi e cercai di reimmergermi nel paradiso in cui mi trovavo prima. Mi ci vollero alcuni minuti, in quanto la mia attenzione era ancora attratta dall’evento precedentemente vissuto. Ero sul punto di rasserenarmi, di tornare nell’eden perduto, quando sentii il rumore di piccoli passi. Aprii gli occhi all’istante. Restai immobile e con le orecchie tese per individuare la provenienza del movimento. Appena capii mi girai, facendo finta di dover cambiare la posizione per dormire meglio. Il ticchettio avvertito si interruppe momentaneamente, poi riprese. Aprii gli occhi lentamente, col cuore che mi batteva velocemente nel petto, e vidi una piccola luce rossa che si muoveva. Mi ci volle un po’ per adattarmi a vedere nel buio, ma poco alla volta intravidi qualcosa che pensavo esistesse solo nella fantasia. Vidi una creaturina dalle sembianze umane in miniatura che camminava sul pavimento e si stava avvicinando al mio giaciglio. Inizialmente pensai di avere le traveggole e chiusi e riaprii gli occhi un paio di volte, ma la vista continuava a mostrarmi la medesima immagine, abbigliata con indumenti fatti di foglie, scaglie di corteccia e fili d’erba. In mano teneva un bastoncino sulla cui estremità brillava una luce. La piccola sagoma arrivò ai piedi del comodino adiacente al mio letto e notai che era una lei. D’un tratto le spuntarono delle ali e gli abiti mutarono. Ora gli indumenti erano velatissimi e dai colori iridescenti. Sgranai gli occhi. Ero incredula. Non potevo credere a quello che stavo vedendo. Ero pietrificata per ciò che stava accadendo. La creaturina volò sul comodino. Si guardò attorno, come se stesse cercando qualcosa che non trovava. Volando di qua e di là in modo frenetico si accorse che la stavo osservando. All’istante le sue ali scomparvero ed ella tornò a vestire gli abiti che indossava precedentemente e cadde. Vedendo la scena allungai la mano istintivamente e l’afferrai. La posai sul comodino delicatamente, poi ritrassi la mano. Mi raggomitolai sul letto e mi strinsi nel lenzuolo. La creaturina si alzò in piedi e diresse lo sguardo su di me. Aveva gli occhi sbarrati dal terrore. Fece delle mosse strane e mi sembrò di capire che non era più in grado di trasformarsi. Vidi insinuarsi in lei un terrore crescente e provai una grande tenerezza. Feci un sospiro e le dissi: “Non temere. Non voglio farti del male”. Mi guardò intimorita con gli occhi lucidi. Mi si strinse il cuore. Cercai di parlarle e di rassicurarla sulle mie buone intenzioni nei suoi confronti, ma era come assente. La sua mente era rapita dal non potersi più trasformare e non ascoltava minimamente le mie parole.

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