Fiore di Loto

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In più di un’occasione in passato si era sfogata in maniera aggressiva su di me, cercando di appropriarsi della mia vita. Quel dicembre, in seguito alle rivelazioni che mi aveva enunciato, decisi di cercare di intervenire. Ero terribilmente angosciata. Dopo aver conversato con lei per così tanto tempo di quell’uomo ero sempre più convinta che ne fosse del tutto ossessionata e che le sue parole potevano non essere un semplice sfogo. Decisi di rintracciare quell’uomo. Dopo qualche giorno lo trovai. Lo contattai e presi un appuntamento con lui. Ci conoscevamo in maniera indiretta. Ale aveva parlato di me a lui, così come aveva parlato di lui a me. Ci trovammo in un piccolo bar isolato, dato che lui era un personaggio conosciuto e l’uscire con me poteva creargli problemi. Fu un incontro furtivo per certi versi, anche se solo per lui. Parlammo della situazione. Lui mi confidò alcune cose e situazioni che non conoscevo e la loro relazione si delineò molto meglio. In pratica la relazione d’amore che Ale mi aveva a lungo descritto che esisteva fra loro era frutto della sua immaginazione. Lui l’aveva aiutata ad affrontare un problema che aveva avuto in passato e lei si era attaccata follemente a lui. Aveva cercato di allontanarla gentilmente dalla sua vita, avendo notato l’instabilità mentale che aveva, ma nulla era valso. Lei continuava a cercarlo, a scrivergli, a inviargli lettere d’amore, di un amore esagerato che rasentava la follia, vista sotto la nuova prospettiva. Non sapevo come agire. Lui intuì subito il mio status e cercò di rincuorarmi dicendo che avrebbe trovato una soluzione delicata per risolvere la cosa. Quell’affermazione però non era sufficiente per rasserenarmi. A prescindere da tutto ciò di cui ero venuta a conoscenza Ale era una mia amica e mi dispiaceva per lei, di non poterla aiutare. Provai ad esternare queste preoccupazioni, ma lui mi zittì posandomi un dito sulle labbra per serrare le mie parole. Le aveva già comprese. Gli bastò guardarmi negli occhi. Mi disse che ora doveva andare, che aveva un impegno. Mi chiese di farlo ragionare sulla situazione e che nel giro di brevissimo tempo mi avrebbe contattata per dirmi come avrebbe agito. Indirettamente carpì il mio recapito. All'epoca non intravidi nulla di male a fornirglielo. Eravamo tutti e due interessati a dare sostegno ed aiuto ad un’amica comune. Non ci volle molto tempo a capire l’errore che avevo commesso. Come sempre, le cose si capiscono solo dopo, quando gli eventi sono già avvenuti.

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Sono trascorsi anni da quella bella estate in cui Ale ed io ci siamo conosciute. Non ho mai avuto un’amica così. Per la prima volta in vita mia riuscivo a parlare con una persona, con un’Amica, di tutto, senza sentirmi giudicata o derisa. Ricordo che ci siamo conosciute al mare. Eravamo tutte e due lì in vacanza. Sono stati i mesi più belli ed intensi della mia vita. Quel giorno mi ero svegliata presto, come mio solito. Ero andata sulla spiaggia, ancora deserta, e mi ero messa a camminare. Di tanto in tanto osservavo la linea dell’orizzonte in cui cielo e acqua diventavano un tutt’uno. Spesso mi fermavo ad osservarla e i miei pensieri vagavano nell’infinità di quella profondità. Il mio sguardo si sollevava e si abbassava per contemplare il tutto. Quell’immensità mi faceva sorgere domande su domande alle quali non trovavo risposta. Nel mio peregrinare mi ero fermata, posando le mani su una balaustra. Non so per quanto il mio sguardo si fosse allontanato dal mondo esterno per avvicinarsi ai miei pensieri. Quando mi ridestai dalle mie riflessioni solitarie, mi accorsi di una presenza al mio fianco che mi stava osservando. Era Ale, una ragazza dal viso sorridente e dallo sguardo acuto. Non mi ero minimamente accorta del suo arrivo. Aveva dipinto sul viso un sorriso divertito. I suoi occhi continuavano a fissarmi e all’improvviso la sua bocca si mosse per pronunciare “Pensavo fossi una statua creata nel giro di una notte. Non ti sei mossa dalla tua posizione per un tempo infinito”, poi mi fece un grande e caldo sorriso. Di rimando le sorrisi anch’io, anche se credo che il mio fosse più che altro una smorfia. Iniziammo a parlare e mi trovai particolarmente bene con lei. Era una ragazza semplice, ma con una conoscenza molto più vasta di me sulla vita mondana e si faceva ben pochi problemi ad interagire con le persone. Amava divertirsi e trascorrere tempo con i ragazzi, uscendo con uno diverso di loro ogni sera. La sua frizzantezza mi stava coinvolgendo e trascorrevamo quasi tutti i giorni assieme. Mi aveva fatto conoscere i suoi amici. Amici conosciuti anche il giorno stesso, se non in quello stesso istante. Era affascinante la semplicità e la naturalezza con la quale entrava in contatto con tutte le persone, a dispetto del sesso o dell’età. Non aveva paura di niente, o almeno così credevo. Non avrei mai pensato che fra noi la più forte e sicura fossi io all’epoca e che lei si fosse attaccata a me proprio perchè aveva percepito questo. Nulla all’epoca mi poteva far immaginare l’evoluzione che avrebbe preso la nostra amicizia. Lei si era follemente innamorata di un uomo. Era più grande di lei, ma come si dice...l’amore è cieco e non ha età. Lui però era ambiguo con lei, o almeno così me lo descriveva. Mi poneva domande sul suo comportamento che per me non erano insoliti a differenza sua che non li comprendeva. Spesso trascorrevamo ore e ore a parlare di loro e di lui, del suo comportamento, dei problemi che lui doveva risolvere che lo tenevano lontano da lei, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Non riuscii mai a capire bene cosa lo attraesse di lui tanto da ossessionarla, ma le volevo bene e cercavo di starle vicina e di essere presente al posto suo. Poco a poco iniziai ad intravedere la sua fragilità e il delirio che si celava al di là dell’apparenza. Cominciai a percepire che questa amicizia era solo un velo di carta ed io ero solo un esile surrogato. le stetti accanto finchè potei, finchè non mi rivelò un gesto estremo ed insensato che intendeva fare per attirare la sua attenzione. Cercai di farla ragionare, ma quando accaddero quei fatti noi eravamo tornate alle nostre residenze. Non era più estate. Era un freddo inverno. Io mi sentivo impotente e spaventata. non sapevo cosa pensare. Non riuscivo a capire se quelle intenzioni fossero solo parole dette per disperazione, come sfogo, o se realmente le avrebbe messe in pratica. Non sapevo come agire. Ero moto preoccupata per lei.

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Da quando sono rimasta sola in questa casa con Milù, il mio splendido micione nero, trascorro il tempo libero con lui accanto alla finestra. Mi siedo e mi metto a leggere un libro. Di tanto in tanto Milù alza la testa o muove le orecchie e si rimette a dormire. Altre volte si stira e si avvicina a me per farsi accarezzare, per poi tornare a raggomitolarsi nel suo posto preferito accanto alla finestra. Siamo rimaste soli da qualche mese. Non mi pesa il nuovo status, neanche ora che è inverno. Ora la casa è più tranquilla e silenziosa. Posso usufruire di più spazio e allargare le mie passioni. Quando ho voglia di compagnia esco o vado a trovare mia sorella e suo marito. Da quando si è sposata, esattamente 6 mesi fa, Milù ed io siamo diventati i sovrani di questa dimora. Prima la proprietà era di mia sorella maggiore Silvana, ora è passata a noi. Silvana ed io abbiamo adottato Milù quand’era ancora piccolissimo. L’abbiamo trovato impaurito sotto la catasta di legna fuori casa. Era una piccola palla di pelo sporca e malconcia. Da allora è sempre rimasto con noi. Ora è qui con me a tenermi compagnia e mi aiuta a non sentire l’assenza di Silvana. Milù ha come un sesto senso e ogni volta che percepisce i miei cambi d’umore viene subito da me. È davvero un gatto favoloso. Oggi la neve non smette di scendere e di aggrapparsi a tutto. Al di là del vetro tutto il paesaggio è tinto di candore, anche laddove non esiste più da tempo. Mi sono sempre piaciuti i luoghi ridipinti di dolce neve. Mi fanno provare una sensazione di nuovo, di autentico ed unico. Probabilmente sarò l’unica a provare certe emozioni, ma va bene così. Non disdegno i colori, ma il bianco della candida neve mi fa sentire protetta da un mantello di lana calda, a dispetto del freddo che lascia nella realtà. Il fuoco del camino scoppietta rilasciando un dolce tepore nella stanza. Ricordo ancora quando Silvana, Milù ed io stavamo davanti ad esso a scaldarci. Milù era sempre accovacciata sulle mie cosce e posava la sua zampetta sulla mia mano, come se volesse stringerla se fosse stata umana. Silvana per prendermi in giro diceva che mi aveva scambiata per la sua fidanzata. Il motivo però era molto diverso. Milù mi posava la zampa sulla mano perché sapeva che non stavo bene. Ho sempre temuto la solitudine e Silvana mi aveva comunicato che si sarebbe sposata e si sarebbe trasferita altrove con Diego, suo futuro marito. Ero felice per lei ovviamente, solo che io sarei rimasta sola. Non avevo che lei come unica famiglia e non averla più accanto mi spaventava. Non glielo dissi mai. Aveva fatto tanto per me e non desideravo preoccuparla o farle posticipare le nozze solo per le mie paure e insicurezze. Milù aveva capito e veniva sempre in braccio da me e mi posava la sua calda zampetta come per rassicurarmi e comunicarmi che non sarei stata del tutto da sola. Lui sarebbe rimasto con me. Se in quel periodo non ci fosse stato credo che avrei affrontato davvero male la separazione da Silvana. Per fortuna lui era qui con me e non mi ha mai abbandonato. Mi ha sostenuta e mi ha curata dalla mia paura ed ora ho trovato un equilibrio con il nuovo status. Sto bene per conto mio. Vivo bene la casa ed il mio essere sola, eccetto il fatto che con me c’è Milù e posso contare su di lui. Mi piace avere casa tutta per me, riarredarla e decorarla con il mio solo stile. Ora la sento ancora più mia. Mi dipinge a pennello. Le giornate con Milù trascorrevano serene e tranquille. Ancora non sapevo quanto fosse Speciale Milù e quanto fosse magico quel batuffolo di pelo al quale ero così legata e affezionata. L’inverno successivo Milù un giorno scomparve. Uscì da casa per la sua solita passeggiata e non tornò più. Non era insolito che uscisse e a volte tornasse il giorno successivo, ma ora era da troppo che mancava. Spaventata mi misi il cappotto e mi precipitai fuori casa per cercarlo. Ancora non immaginavo il dono che Milù mi stesse preparando per farmi crescere ancora un po’. Cosa fosse questa sorpresa ve lo racconterò la prossima volta

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