Matematicando

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Esercizio a risposta multipla

2022-04-14 08:33:04

Cari amici, oggi vi propongo questo esercizio in cui sono riportati 4 risultati, ovviamente solo 1 è quello corretto, si tratta di individuarlo.

Molto spesso esercizi di questo tipo si trovano anche nelle prove con un tempo limitato.

Usiamo la logica e qualche nozione matematica: 

Le potenze con esponente negativo danno origine ad una frazione con numeratore 1 e denominatore tutta l’equazione, (x^2-49) è un prodotto notevole e può essere scomposto in (x-7)(x+7), con queste 2 semplici considerazioni e senza ulteriori calcoli deduciamo che l’unica soluzione corretta è la A.

Se qualcosa non è chiaro potete contattarmi qui.

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La Matematica di come diventiamo capaci in qualcosa

2022-04-10 08:43:19

Spesso mi viene chiesto se la Matematica possa essere imparata da tutti, e quasi sempre ho la stessa difficoltà nel formulare una risposta.

Ovviamente mi viene da dire “Certo che sì, non c’è nulla di speciale, basta applicarsi con costanza“, ma dentro di me so che la parola cruciale è “costanza“: come per tutte le discipline la differenza sta nel reale interesse. Tutti possiamo imparare tutto, il punto è che tutti (com’è naturale) prima o poi scegliamo solo una tra le tante possibilità. La vita è una sola e quindi sarebbe poco pratico investire energie in più interessi.

La formulazione più corretta della mia risposta sarebbe quindi “Basta avere l’interesse, dopodiché bisogna riporre fiducia nella costanza della pratica”. Qui molti storcono il naso: “Devi esserci nato con la passione per la Matematica, non è per tutti, è roba poco accessibile”.

Quello della passione è in realtà un falso mito, e il discorso può essere applicato non solo alla Matematica, ma a tutte le discipline e tutti gli hobby che cerchiamo di imparare: sono infatti convinto che per diventare bravi in qualcosa bastino due ingredienti:

  • L’interesse.

  • La fiducia nella costanza.

L’ autosabotaggio del cervello

Capita a tutti di avere, in qualcosa di specifico, abbastanza interesse da volerne sapere di più e imparare. Non sempre riusciamo a trovare la motivazione per dedicarci a questo interesse, semplicemente perché il cervello si lascia spaventare dalla mole necessaria di lavoro. In sostanza ho imparato che in questi casi il cervello individua due macro-stati di esistenza:

  • 1) Ciò che so ora

  • 2) Ciò che saprò quando avrò “finito” di imparare

questa suddivisione innaturale elimina tutto quello che sta in mezzo, e cioè il processo stesso dell’imparare. Il cervello si spaventa perché “imparare a fare quella cosa” diventa all’improvviso una montagna da scalare e non un semplice sentiero da percorrere in leggera pendenza. Diversamente, l’arte dell’apprendimento segue la stessa filosofia degli scalatori: guarda il sentiero, non la cima della montagna!

Inoltre la suddivisione elimina un prerequisito fondamentale dell’animo dello studente: non c’è mai fine all’apprendimento, e “imparare a fare qualcosa” non è un obbiettivo, ma un percorso, uno stato dell’esistenza.

Ho letto in giro che il primo passo per imparare qualcosa è togliere pressione da se stessi. Bisogna cioè trasformare il nostro modo di formulare gli obbiettivi: passare da questa affermazione: “imparerò a suonare la chitarra” a quest’altra: “dedicherò qualche ora alla chitarra, perché mi piace”. Questa trasformazione fa la differenza perché toglie tanta pressione al cervello. Rimane però la questione annosa a cui siamo ben familiari: ma quanta fatica devo fare prima di vedere progressi in ciò che imparo?

Chiaro che non si possa ignorare il fatto che ci piace praticare solo ciò che ci dà un minimo di soddisfazione. Come si fa a “guardare solo il percorso” se non si vedono progressi immediati? È chiaro che si arrivi a credere di non essere portati se si osserva solo una minima percentuale di miglioramento. Siamo campioni del mollare appena le cose non procedono come ci aspettiamo.

Il punto è che bisogna “imparare anche come impariamo”.

Ho preso ispirazione da un articolo di James Clear, in cui si evidenziava come le nostre aspettative sull’apprendimento siano completamente irrealistiche. Provo a riformulare il ragionamento nello stile che preferisco io. Iniziamo con un’affermazione su cui penso si possa concordare facilmente:

Ogni volta che facciamo pratica, miglioriamo dell’1% rispetto a prima.

Questa dell’1% è la nostra assunzione fondamentale su un modello dell’apprendimento molto semplificativo, non per forza realistico, ma che rende l’idea degli ordini di grandezza (è il modus operandi dei Matematici).

Il punto è che è proprio quel 1% che ci scoraggia: ai nostri occhi è troppo poco!

Immaginiamo però di fare pratica “n“-volte su qualcosa che vogliamo imparare, e indichiamo con “Bi” la nostra bravura al tentativo “i“-esimo. All’inizio siamo completamente ignoranti perché abbiamo fatto zero tentativi, quindi la nostra bravura sarà indicata con “B0“. Dopo un tentativo, siamo migliorati solo dell’1% rispetto a prima. In formule ciò significa che la nostra bravura “B1” dopo il “tentativo 1″ sarà

Dopo 1 tentativo saremo l’1% più bravi di prima

Ora la nostra bravura è “B1“, per cui la prossima volta che faremo pratica miglioreremo ancora dell’1%, ma stavolta la nostra base di partenza è “B1” quindi al tentativo “2″ la nostra bravura “B2” sarà

Dopo 2 tentativi saremo l’1% più bravi di prima, ma ora non stiamo partendo da zero!

Ripetiamo questo processo infinite vol

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Geometria sul piano cartesiano

2022-04-05 16:50:44

Buonasera amici, facciamo un esercizio sul piano cartesiano?

Se i vertici di un triangolo hanno tutti coordinate intere, allora la sua area è un numero intero. Ci sono diversi modi per dimostrarlo, liberate la vostra fantasia!

Inizio io a proporne uno: consideriamo il rettangolo minimo che può contenere il triangolo. Le sue dimensioni sono 5u e 4u (u=unità) e l’area misura 20u^2. Da questa area sottraiamo le superfici dei 3 triangoli rettangoli esterni al triangolo ABC.

Le misure di queste superfici sono rispettivamente: 2u^2; 4u^2; 5u^2 quindi 20-11=9u^2 come richiesto.

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