Maria Domenica
Poesia "Dualismo" di Arrigo Boito Son luce ed ombra; angelica Farfalla o verme immondo, Sono un caduto chèrubo Dannato a errar sul mondo, O un demone che sale, Affaticando l’ale, Verso un lontano ciel. Ecco perchè nell’intime Cogitazioni io sento La bestemmia dell’angelo Che irride al suo tormento, O l’umile orazione Dell’esule dimone Che riede a Dio, fedel. Ecco perchè m’affascina L’ebbrezza di due canti, Ecco perchè mi lacera L’angoscia di due pianti, Ecco perchè il sorriso Che mi contorce il viso O che m’allarga il cuor. Ecco perchè la torbida Ridda de’ miei pensieri, Or mansüeti e rosei. Or violenti e neri; Ecco perchè, con tetro Tedio, avvicendo il metro De’ carmi animator. O creature fragili Dal genio onnipossente! Forse noi siam l'homunculus D’un chimico demente, Forse di fango e foco Per ozïoso gioco Un buio Iddio ci fé E ci scagliò sull’umida Gleba che c’incatena, Poi dal suo ciel guatandoci Rise alla pazza scena, E un dì a distrar la noia Della sua lunga gioia Ci schiaccerà col piè. E noi viviam, famelici Di fede o d’altri inganni, Rigirando il rosario Monotono degli anni, Dove ogni gemma brilla Di pianto, acerba stilla Fatta d’acerbo duol. Talor, se sono il dèmone Redento che s’indìa, Sento dall’alma effondersi Una speranza pia E sul mio buio viso Del gaio paradiso Mi fulgureggia il sol. L’illusïon — libellula Che bacia i fiorellini — L’illusïon — scoiattolo Che danza in cima i pini — L’illusïon — fanciulla Che trama e si trastulla Colle fibre del cor, Viene ancora a sorridermi Nei dì più mesti e soli E mi sospinge l’anima Ai canti, ai carmi, ai voli; E a turbinar m’attira Nella profonda spira Dell’estro idëator. E sogno un’Arte eterea Che forse in cielo ha norma, Franca dai rudi vincoli Del metro e della forma, Piena dell’Ideale Che mi fa batter l’ale E che seguir non so. Ma poi, se avvien che l’angelo Fiaccato si ridesti, I santi sogni fuggono Impäuriti e mesti; Allor, davanti al raggio Del mutato miraggio, Quasi rapito, sto. E sogno allor la magica Circe col suo corteo D’alci e di pardi, attoniti Nel loro incanto reo. E il cielo, altezza impervia. Derido e di protervia Mi pasco e di velen. E sogno un’Arte reproba Che smaga il mio pensiero Dietro le basse imagini D’un ver che mente al Vero E in aspro carme immerso Sulle mie labbra il verso Bestemmïando vien. Questa è la vita! l’ebete Vita che c’innamora. Lenta che pare un secolo, Breve che pare un’ora; Un agitarsi alterno Fra paradiso e inferno Che non s’accheta più! Come istrïon, su cupida Plebe di rischio ingorda, Fa pompa d’equilibrio Sovra una tesa corda, Tale è l’uman, librato Fra un sogno di peccato E un sogno di virtù.
Maria Domenica
Maria Domenica