Maria Domenica
Poesia "Castello antico" di Arrigo Boito Là col crin di quercia e cerro, Tenebroso nel sembiante, Di tre secoli di ferro Sta lo scheletro gigante; Ritto e bruno, sulla fronte Del profilo erto d'un monte. O fastigi! o torri! o mura! Irti merli e snelli ogivi! Fu già un dì che in quell'altura Eravate eburnei, vivi, Come un sogno eccelso e bello Di fantastico castello. V'eran prodi cavalieri, V'eran dame innamorate, V'eran baldi falconieri, V'eran paggi e v'eran fate, V'eran lagni di romanze, Giuochi e caccie e giostre e danze. Tutto sparve. Fra le archiere Tesse il ragno le sue maglie, Le falene a schiere a schiere Sfioran l'orride muraglie E sul fosso asciutto e croio Dorme il ponte levatoio. Pur nei vesperi quïeti Dell'autunno erboso e molle Vengon giovani poeti A sognar su quelle zolle, Vengon vispe giovinette A danzar su quelle vette. Ed allor gli antichi spenti, Quasi surti a novo bando, Dietro i rotti monumenti Stanno attoniti spiando, Vedon già tornei, gualdane, Menestrelli e castellane; Sol che ai drappi ed ai giubbetti Manca il vaio e la lamiera, Sol che al manto ed ai farsetti Manca il paggio e la gorgiera. Sol che al petto del giullare Manca l'arpa ed il collare.
Maria Domenica
Maria Domenica