Maria Domenica
"I vulcani" di Bella Achatovna Achmadulina Tacciono i vulcani spenti. Cade cenere nella loro pancia. Lì riposano i gigianti, stanchi dopo i misfatti compiuti. È sempre più freddo il loro regno, smepre più greve alle loro spalle, ma di notte li visitano ancora peccaminose visioni. Sognano la città condannata, ignara del proprio destino, il basalto, che in arabescate colonne incornicia i giardini. Lì bambine raccolgono a bracciate fiori sbocciati da tempo, lì baccanti fanno cenni agli uomini che sorseggiano il vino. Lì impazza sempre più stupido un festino, lì volano ingiurie. Oh, Pompei, bambina mia, figlia di una regina e di uno schiavo! Prigioniera della tua buona sorte, a chi pensavi, a cosa, quando, intrepida, al Vesuvio ti appoggiavi col piccolo gomito? Non ti stancavi di ascoltarne i racconti, sgranavi gli occhi stupiti per non sentire i boati del suo incontenibile amore. E lui, con la sua fronte perspicace, proprio allora, sul finire del giorno, cadde ai tuoi piedi senza vita e urlò: "Perdonami!".
Maria Domenica
Baby K - Buenos Aires.
Maria Domenica