Edmondo Viselli

Linajola comune (Linaria vulgaris)

2018-07-24 17:35:02

La linajola comune (nome scientifico Linaria vulgaris Mill., 1768) è una pianta appartenente alla famiglia delle Plantaginaceae. Etimologia Il nome generico (Linaria) deriva da un nome latino per il lino (linone) e si riferisce alla somiglianza delle foglie di alcune specie di questo genere a quelle della specie Linum usitatissimum. Il nome specifico (vulgaris) significa "comune". Il nome scientifico della specie è stato definito dal botanico scozzese Philip Miller (Chelsea, 1691 – Chelsea, 18 dicembre 1771) nella pubblicazione "Gardeners Dictionary, Edition 8. London ed. 8. n. 1." del 1768. Descrizione Queste piante arrivano ad una altezza di 3 - 8 dm. La forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap), ossia in generale sono piante erbacee, a ciclo biologico perenne, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve e sono dotate di un asse fiorale eretto e spesso privo di foglie. Per queste piante sono state individuate anche altre forme biologiche: geofita rizomatosa (G rhiz), sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea; durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei come bulbi, tuberi e rizomi, fusti sotterranei dai quali, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. È una pianta robusta e senza pretese, spesso è considerata come una pianta infestante a dispetto del suo aspetto decorativo. Distribuzione e habitat Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Eurasiatico o anche Eurosiberiano. Distribuzione: in Italia è una specie comune e presente ovunque (Sicilia esclusa). Nelle Alpi è presente su entrambi i versanti (nord-sud). Sugli altri rilievi europei collegati alle Alpi si trova nella Foresta Nera, Vosgi, Massiccio del Giura, Massiccio Centrale, Pirenei, Alpi Dinariche, Monti Balcani e Carpazi. È comune nel resto dell'Europa e nelle fasce temperate asiatiche (Cina e Corea).] Habitat: l'habitat tipico per questa pianta sono gli incolti (ma anche le colture), i ruderi, le macerie e le massicciate. Il substrato preferito è calcareo ma anche siliceo con pH neutro, medi valori nutrizionali del terreno che deve essere secco. Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare fino a 1.500 m s.l.m. (in Cina fino a 2.200 m s.l.m.[12]); frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare, montano e in parte quello subalpino (oltre a quello planiziale – a livello del mare).

Edmondo Viselli

Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia)

2018-07-24 10:44:32

Il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia L.) è un albero della famiglia delle Rosacee. Il nome deriva dal fatto che, essendo le sue bacche appetite dalla piccola avifauna migratoria, viene tradizionalmente utilizzato negli appostamenti fissi per la caccia a tali prede. Veniva anche piantato attorno agli impianti per la cattura di tale fauna mediante reti. Tassonomia Sono state descritte le seguenti sottospecie[2]: Sorbus aucuparia subsp. aucuparia Sorbus aucuparia subsp. fenenkiana T.Georgiev & Stoj. - endemismo bulgaro Sorbus aucuparia subsp. glabrata (Wimm. & Grab.) Cajander Sorbus aucuparia subsp. praemorsa (Guss.) Nyman - endemismo siculo-corso Sorbus aucuparia subsp. sibirica (Hedl.) Krylov Usi Nella cultura popolare friulana, cadorina e mitteleuropea, le bacche essiccate di sorbo degli uccellatori erano utilizzate come repellente per streghe, lupi mannari e demoni, e come "antidoto" ai malefici e agli incantesimi.[senza fonte] Dalla bacca si estrae un diffuso conservante alimentare ad azione antifungina: l'acido sorbico, E200[3]. Sempre dal sorbo è possibile ottenere il sorbitolo: poliolo dal sapore dolce usato appunto come dolcificante (sigla E420).

Edmondo Viselli

Trifoglio dei prati (Trifolium pratense)

2018-07-24 10:37:40

Il Trifolium pratense (detto comunemente Trifoglio dei prati, Trifoglio rosso o Trifoglio violetto) è una pianta erbacea perenne, geograficamente diffusissima, dalle Americhe, all'Europa, alla Russia. Nei pascoli di alta quota è presente la sottospecie nivale. Nonostante la denominazione perenne, in Italia ha un ciclo di vita che rarissimamente supera i due anni. Coltivazione L'altezza della pianta arriva sino ai 30 cm. Resiste ottimamente al freddo, arrivando a popolare suoli fino ai 2600 m sul livello del mare. La buona adattabilità di questa foraggera ai terreni di montagna è confermata anche dalla sua buona tolleranza all'acidità: la pianta trova in un pH del suolo compreso tra 6,6 e 7,6 il proprio livello ottimale, ma si riesce ad ottenere buone produzioni anche con pH compresi tra 6 e 6,5. Il Trifolium pratense non è eliofilo quanto le altre leguminose, quindi si presta alla trasemina. Tuttavia è notevolmente danneggiato dal secco, quindi per tutto il ciclo vegetativo necessità di regolari apporti d'acqua. Non sopporta comunque i ristagni: nel caso di irrigazione è importante irrigare con piccoli quantitativi piuttosto regolarmente, piuttosto che fornirgli elevati apporti idrici che possono essere anche più dannosi della siccità. Utilizzi Coltivata, oggi come nel passato, come foraggera; è preferita nel ciclo della rotazione delle colture poiché Trifolium pratense possiede attorno alle radici una sostanza in grado di fissare l'azoto atmosferico in ammonio, che disciolto nel suolo è la fonte principe di azoto per le piante. Com'è noto, l'azoto è indispensabile a tutte le piante per la formazione delle proteine strutturali, che costituiscono lo scheletro o struttura portante della pianta. Ottima erba da foraggio, tanto che era chiamata nei secoli passati "erba da latte" per i bovini (tale appellativo è ancora in uso presso gli anziani contadini). Nella medicina popolare gli infusi di trifoglio venivano utilizzati nel trattamento dell'ipercloridria.

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