Edmondo Viselli

Croco (Crocus)

2018-07-25 06:19:54

Crocus L. 1753 è un genere di piante spermatofite monocotiledoni appartenenti alla famiglia delle Iridaceae. Sono piante erbacee perenni dal fiore a forma di coppa. Etimologia Il nome del genere (Crocus) deriva dal greco Kròkos (c'è un esplicito riferimento a questo fiore nell'Iliade di Omero – Libro XIV, versetto 347) che significa “filo di tessuto” e si riferisce ai lunghi stigmi ben visibili nella specie più conosciuta (e coltivata) di questo genere (Crocus sativus). La prima documentazione dell'uso di questo nome lo abbiamo da Teofrasto di Efeso (Efeso, 371 a.C. – Atene, 287 a.C.), filosofo e botanico greco antico nonché discepolo di Aristotele. Altri testi traducono questo vocabolo (krokos) direttamente con “zafferano”, ma in realtà quest'ultima voce dovrebbe derivare dall'arabo Zaafran. Il nome scientifico di questo genere è stato definito nel 1753 dal biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, Carl von Linné (Rashult, 23 maggio 1707 – Uppsala, 10 gennaio 1778). Morfologia Le altezze di queste piante sono variabili da pochi centimetri fino a 30 cm (almeno per le specie europee). La forma biologica prevalente in questo genere è geofita bulbosa (G bulb), ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati bulbi (organo di riserva che annualmente produce nuovi fusti, foglie e fiori). Distribuzione e habitat Il genere è originario dell'Europa (principalmente Spagna, Balcani e Mediterraneo orientale), dell'Africa nord-occidentale e dell'Asia minore e centrale fino alla Cina occidentale. Da questo esteso areale possiamo citare due specie: quella dell'estremo orientale, il Crocus alatavicus dei Monti Altai dell'Asia centrale e quella posta più a nord, il Crocus albiflorus delle altitudini montane delle Alpi. Delle specie spontanee della nostra flora solo 6 vivono sull'arco alpino. Notizie culturali La conoscenza di questi fiori va molto indietro nel tempo. Ciò è dimostrato dal fatto che persino la Bibbia nel Libro dei Cantici (4:14) vengono citati come piante aromatiche e odorose. Nell'antica Grecia si usavano per farne corone oppure si spargevano nei teatri o nei letti nuziali. Mentre nell'antica Roma si usava ornare le tombe con questo fiore come auspicio per una vita ultraterrena. Varie sono le leggende attorno al fiore del “Croco”. In una di queste Croco era un giovane innamorato della pastorella Smilliace che venne trasformato in detto fiore ad opera di Venere o in un'altra versione venne trasformato in fiore dal dio Ermes geloso della pastorella. In un'altra si racconta che Croco morì giocando con Mercurio e che dal suo sangue nacque il fiore. In un'altra ancora si racconta che il fiore del croco germogliasse nel momento in cui Paride dava il suo giudizio sulla più bella fra le dee. Probabilmente in tutti questi racconti si fa riferimento alla specie più conosciuta di questo genere: il Crocus sativus chiamato “Zafferano vero” o più semplicemente “Croco”. Descritto più o meno diffusamente da studiosi come Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa - 90 circa), botanico e farmacista greco antico, oppure da Pietro Andrea Mattioli (Siena, 12 marzo 1501 – Trento, 1578) umanista e medico italiano (primo studioso italiano a tradurre dal greco le opere di Dioscoride). Si deve comunque al botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (Aix-en-Provence, 5 giugno 1656 – Parigi, 28 dicembre 1708) la prima stesura “scientifica” di questo genere ripresa poi definitivamente da Carl von Linné.

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Edmondo Viselli

Elleboro nero (Helleborus niger)

2018-07-24 17:42:35

Etimologia La denominazione del genere Helleborus è stata attribuita dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (Aix-en-Provence, 5 giugno 1656 – Parigi, 28 dicembre 1708) ed è stata formata (a quanto pare) dall'unione di due parole greche (elein=ferire e bora=alimentare) il cui significato finale è "pietanza, nutrimento o cibo mortale". Altre etimologie sembrerebbero far riferimento ad una antica città greca famosa per curare la pazzia con una pianta di questo genere. Il nome specifico niger (= nero, scuro) fa riferimento al colore del rizoma. Il binomio scientifico attualmente accettato (Helleborus niger) è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753. Descrizione La descrizione di questa sezione è relativa soprattutto alla sottospecie principale: subsp. niger. Sono piante erbacee la cui altezza totale varia da 15 a 30 cm. La forma biologica di questa pianta è geofita rizomatosa (G rhiz), ossia è una pianta perenne che porta le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presenta organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati rizomi, dei fusti sotterranei dai quali, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. Tutta la pianta ha un debole odore acre. Distribuzione e habitat Geoelemento: il tipo corologico (area di distribuzione) è quello delle specie Alpico-dinariche. Distribuzione: in Italia l'Elleboro bianco è presente nelle Alpi, dal Piemonte al Friuli-Venezia Giulia. Si trova anche in Austria, Slovenia e nelle Alpi Dinariche. Le segnalazioni per l'Appennino sono molto probabilmente erronee, forse per confusione con Helleborus foetidus o con specie del gruppo di Helleborus viridis. Habitat: l'habitat tipico di questa pianta sono i boschi (sottoboschi di pinete – Pino silvestre e Pino nero e faggete), le boscaglie (gineprai) e le macchie delle zone montane; ma anche boschi sub-mediterranei a carpino nero Ostrya carpinifolia. Il substrato preferito è calcareo con pH basico-neutro, con terreno a medi valori nutrizionali e a regime secco. Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare da 300 fino 1000 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare e montano.

Edmondo Viselli

Linajola comune (Linaria vulgaris)

2018-07-24 17:35:02

La linajola comune (nome scientifico Linaria vulgaris Mill., 1768) è una pianta appartenente alla famiglia delle Plantaginaceae. Etimologia Il nome generico (Linaria) deriva da un nome latino per il lino (linone) e si riferisce alla somiglianza delle foglie di alcune specie di questo genere a quelle della specie Linum usitatissimum. Il nome specifico (vulgaris) significa "comune". Il nome scientifico della specie è stato definito dal botanico scozzese Philip Miller (Chelsea, 1691 – Chelsea, 18 dicembre 1771) nella pubblicazione "Gardeners Dictionary, Edition 8. London ed. 8. n. 1." del 1768. Descrizione Queste piante arrivano ad una altezza di 3 - 8 dm. La forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap), ossia in generale sono piante erbacee, a ciclo biologico perenne, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve e sono dotate di un asse fiorale eretto e spesso privo di foglie. Per queste piante sono state individuate anche altre forme biologiche: geofita rizomatosa (G rhiz), sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea; durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei come bulbi, tuberi e rizomi, fusti sotterranei dai quali, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei. È una pianta robusta e senza pretese, spesso è considerata come una pianta infestante a dispetto del suo aspetto decorativo. Distribuzione e habitat Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Eurasiatico o anche Eurosiberiano. Distribuzione: in Italia è una specie comune e presente ovunque (Sicilia esclusa). Nelle Alpi è presente su entrambi i versanti (nord-sud). Sugli altri rilievi europei collegati alle Alpi si trova nella Foresta Nera, Vosgi, Massiccio del Giura, Massiccio Centrale, Pirenei, Alpi Dinariche, Monti Balcani e Carpazi. È comune nel resto dell'Europa e nelle fasce temperate asiatiche (Cina e Corea).] Habitat: l'habitat tipico per questa pianta sono gli incolti (ma anche le colture), i ruderi, le macerie e le massicciate. Il substrato preferito è calcareo ma anche siliceo con pH neutro, medi valori nutrizionali del terreno che deve essere secco. Distribuzione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare fino a 1.500 m s.l.m. (in Cina fino a 2.200 m s.l.m.[12]); frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare, montano e in parte quello subalpino (oltre a quello planiziale – a livello del mare).

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