Edmondo Viselli

Taraxacum officinale (taràssaco comune)

2018-07-26 08:56:04

Il taràssaco comune (Taraxacum officinale, Weber ex F.H.Wigg. 1780) è una pianta a fiore (angiosperma) appartenente alla famiglia delle Asteracee. L'epiteto specifico,officinale, ne indica le virtù medicamentose, note fin dall'antichità e sfruttate con l'utilizzo delle sue radici e foglie. Morfologia È una pianta erbacea e perenne, di altezza compresa tra 3 e 9 cm. Presenta una grossa radice a fittone dalla quale si sviluppa, a livello del suolo, una rosetta basale di foglie munite di gambi corti e sotterranei. Foglia Le foglie sono semplici, oblunghe, lanceolate e lobate, con margine dentato (da qui il nome di dente di leone) e prive di stipole. Il fusto, che si evolve in seguito dalle foglie, è uno scapo cavo, glabro e lattiginoso, portante all'apice un'infiorescenza giallo-dorata, detta capolino. Il capolino è formato da due file di brattee membranose, piegate all'indietro e con funzione di calice, racchiudenti il ricettacolo, sul quale sono inseriti centinaia di fiorellini, detti flosculi. Ogni fiore è ermafrodita e di forma ligulata, cioè la corolla presenta una porzione inferiore tubolosa dalla quale si estende un prolungamento nastriforme (ligula) composto dai petali. L'androceo è formato da 5 stami con antere saldate a tubo; il gineceo da un ovario infero, bi-carpellare e uniloculare, ciascuno contenente un solo ovulo e collegato, tramite uno stilo emergente dal tubo, a uno stimma bifido. La fioritura avviene in primavera per la maggior parte in aprile-maggio ma si può prolungare fino all'autunno. L'impollinazione è di norma entomogama, ossia per il tramite di insetti pronubi, ma può avvenire anche grazie al vento (anemogama). Da ogni fiore si sviluppa un achenio, frutto secco indeiscente, privo di endosperma e provvisto del caratteristico pappo: un ciuffo di peli bianchi, originatosi dal calice modificato, che, agendo come un paracadute, agevola col vento la dispersione del seme, quando questo si stacca dal capolino. Distribuzione e habitat Il tarassaco cresce spontaneamente nelle zone di pianura fino a un'altitudine di 2000 m e in alcuni casi con carattere infestante. È una pianta tipica del clima temperato e, anche se per crescere non ha bisogno di terreni e di esposizioni particolari, predilige maggiormente un suolo sciolto e gli spazi aperti, soleggiati o a mezzombra. In Italia cresce dovunque e lo si può trovare facilmente nei prati, negli incolti, lungo i sentieri e ai bordi delle strade. Usi Il tarassaco è usato per preparare un'apprezzata insalata primaverile che facilita la depurazione, sia da solo che con altre verdure. In Piemonte, dove viene chiamato "girasole"[7], è tradizione consumarlo con uova sode durante le scampagnate di Pasquetta. Anche i petali dei fiori possono contribuire a dare sapore e colore a insalate miste. I boccioli sono apprezzabili se preparati sott'olio; sotto aceto possono sostituire i capperi[4]. I fiori si possono preparare in pastella e quindi friggere. Le tenere rosette basali si possono consumare sia lessate e quindi condite con olio extravergine di oliva, sia saltate in padella con aglio (o ancor meglio con aglio orsino). In Carnia le stesse rosette basali vengono consumate crude, condite con guanciale soffritto con pochissimo olio e "spento" a fine cottura con abbondante aceto. I fiori vengono inoltre utilizzati per la preparazione di gelatine, spesso erroneamente definite "miele di tarassaco".

Edmondo Viselli

Giglio di monte (Paradisea liliastrum)

2018-07-26 08:27:17

Paradisea liliastrum (L.) Bertol., 1840 è una pianta erbacea della famiglia Liliaceae (o delle Asparagaceae secondo la classificazione APG ). Il giglio di monte è una elegante specie dalla candida fioritura che colonizza le pendici prative ed assolate su terreno calcareo. Ha foglie lineari e fiori di un colore bianco puro riuniti a gruppi di 3-5 che compaiono tra giugno e luglio. Etimologia Il nome generico, Paradisea, ricorda il conte Giovanni Paradisi (1760-1826, Modena), al quale per riconoscenza venne dedicata questa pianta dal botanico G. Mazzucato, che per primo la individuò nelle Alpi Giulie. L'attributo specifico, liliastrum, allude alla – ingannevole – somiglianza con le piante del genere Lilium. Descrizione Classificata dal Pignatti come "Geofita bulbosa", ossia pianta dotata di bulbo sotterraneo, e indicata dallo stesso Pignatti, nelle chiavi analitiche, come pianta rizomatosa, questa erbacea perenne è dotata in realtà di un piccolo bulbo da cui origina una radice fascicolata. Da un ciuffo di foglie radicali emerge uno scapo eretto, cilindrico glabro ed afillo, lungo 30-60 cm, che reca un lasso racemo di 5-10 grandi fiori candidi. Foglie Le foglie, in numero variabile da 6 a 8, sono tutte radicali, glabre, lineari di tipo graminiforme; larghe da 3 a 9 mm e lunghe almeno 15 cm, possono raggiungere la lunghezza di 40 cm. Fiori L'infiorescenza è un lasso racemo terminale, con 5-10 fiori lungamente peduncolati, nutanti ed equiorientati; i peduncoli, lunghi 10-15 mm, sono disposti all'ascella di una piccola brattea lunga all'incirca il doppio. Il perianzio ha la forma di uno stretto imbuto, costituito da due verticilli per complessivi sei tepali candidi, lanceolati ed acuti, lunghi 4-5 cm. Gli stami sono 6, con i lunghi filamenti candidi ricurvi verso l'alto e recanti antere giallo-dorate, lunghe 6 mm; lo stilo filiforme e con stimma capitato è pure candido e ricurvo e supera in lunghezza gli stami. Frutti Il frutto, eretto sullo scapo, è una capsula ovale, triloculare con semi numerosi, lunga circa 15 mm. Periodo di fioritura Giugno-Luglio Distribuzione e habitat La specie è diffusa sui Pirenei, le Alpi e gli Appennini.

Edmondo Viselli

Manina rosea (Gymnadenia conopsea)

2018-07-26 08:14:51

La Manina rosea (nome scientifico Gymnadenia conopsea (L.) R.Br., 1813) è una piccola pianta erbacea dai delicati fiori rosa, appartenente alla famiglia delle Orchidaceae. Etimologia Il nome generico (Gymnodenia) deriva da due parole greche: gymnos (= nudo) è adèn (= ghiandola) e deriva dal fatto che i retinacoli (le estremità nettarifere con ghiandole vischiose per far aderire il polline agli insetti pronubi) non sono racchiusi nelle borsicole ma sono praticamente “nude”. Il termine specifico (conopsea) deriva sempre dal greco konops e significa letteralmente “simile a zanzara”, probabilmente per la somiglianza che ha il lungo sperone del fiore con l'apparato boccale di quell'insetto, anche se il nome comune (manina rosea) è forse più indovinato (e senz'altro più grazioso). Il binomio scientifico di questa pianta inizialmente era Orchis conopsea, proposta dal botanico e naturalista svedese Carl von Linné (1707 - 1778) in una pubblicazione del 1753, modificato successivamente in quello attualmente accettato (Gymnadenia conopsea) proposto dal botanico britannico Robert Brown (1773 – 1858) in una pubblicazione del 1813. In lingua tedesca questa pianta si chiama Mücken-Handwurtz oppure Mücken-Nacktdrüse; in francese si chiama Gymnadénie moucheron oppure Orchis moucheron; in lingua inglese si chiama Fragrant Orchid. Descrizione L'altezza di questa pianta, fondamentalmente glabra, varia da 20 a 60 cm (massimo 80 cm). La forma biologica è geofita bulbosa (G bulb), ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei chiamati bulbi, organi di riserva che annualmente producono nuovi fusti, foglie e fiori. È un'orchidea terrestre in quanto contrariamente ad altre specie, non è “epifita”, ossia non vive a spese di altri vegetali di maggiori proporzioni. Distribuzione e habitat Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Euroasiatico – Temperato, ma anche Eurosiberiano (questa specie in Asia, al nord, si spinge fino nella Siberia). Diffusione: in Italia è comune sulle Alpi; rara sugli Appennini; assente in Sicilia e Sardegna. In Europa è altrettanto comune con esclusione dell'area dinarica. In Asia è comune nelle zone settentrionali al nord dell'Himalaya. Habitat: l'habitat tipico di questa pianta sono i prati e pascoli montani, ma anche le schiarite forestali (boscaglie di pini montani e gineprai). Il substrato preferito è sia calcareo che siliceo, con pH neutro, bassi valori nutrizionali del terreno che deve essere mediamente umido. Diffusione altitudinale: sui rilievi queste piante si possono trovare fino a 2400 m s.l.m.; frequentano quindi i seguenti piani vegetazionali: collinare, montano e subalpino.

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