Edmondo Viselli

Rosa

2018-08-01 06:57:30

La rosa (Rosa L., 1753), della famiglia delle Rosaceae, è un genere che comprende circa 150 specie, suddivise in numerose varietà con infiniti ibridi e cultivar, originarie dell'Europa e dell'Asia, di altezza variabile da 20 cm a diversi metri, comprende specie cespugliose, sarmentose, rampicanti, striscianti, arbusti e alberelli a fiore grande o piccolo, a mazzetti, pannocchie o solitari, semplici o doppi, frutti ad achenio contenuti in un falso frutto (cinorrodo); le specie spontanee in Italia sono oltre 30, di cui ricordiamo la R. canina (la più comune), la R. gallica (poco comune nelle brughiere e luoghi sassosi), la R. glauca (frequente sulle Alpi), la R. pendulina (comune sulle Alpi e l'Appennino settentrionale) e la R. sempervirens. Etimologia Il nome generico deriva dal latino rosa, con tradizione dotta o semidotta (assenza di dittongo ascendente -uo- e pronuncia sonora della -s- anche nella parlata toscana), forse perché la tradizione della coltivazione di rose si era interrotta nell'Alto Medioevo ed era iniziata di nuovo in età carolingia. Il latino rosa non è di origine indoeuropea, anche se ci sono collegamenti con il greco antico Ϝρόδον wródon e l'iranico *wr̻d- (cfr. persiano gul), da cui l'armeno vard. È probabile un'origine mediterranea della parola, da una forma approssimativa wr(o)d(ya)-. Rosa è poi passato al celtico insulare (irlandese rós) e al germanico (anglosassone róse, alto tedesco antico rosa). Giardinaggio Come pianta ornamentale nei giardini, per macchie di colore, bordure, alberelli, le sarmentose o rampicanti per ricoprire pergolati, tralicci o recinzioni, le specie nane dalle tinte brillanti e con fioriture prolungate per la coltivazione in vaso sui terrazzi o nei giardini rocciosi. Industrialmente si coltivano le varietà a fusti eretti e fiori grandi, per la produzione del fiore reciso, che occupa in Italia circa 800 ettari, localizzati per oltre la metà in Liguria, il resto in Toscana, Campania e Puglia. Uso in medicina I petali vengono utilizzati per le proprietà medicinali, per l'estrazione dell'essenza di Rosa e degli aromi utilizzati in profumeria, nell'industria essenziera, nella cosmetica, pasticceria e liquoristica. È una delle basi immancabili più utilizzate in profumeria. Come pianta medicinale si utilizzano oltre ai petali con proprietà astringenti, anche le foglie come antidiarroico, i frutti ricchi di vitamina C diuretici, sedativi, astringenti e vermifughi, i semi per l'azione antielmintica, e perfino le galle prodotte dagli insetti del genere Cynips ricche di tannini per le proprietà diuretiche e sudorifere. In aromaterapia vengono attribuite all'olio di rosa proprietà afrodisiache, sedative, antidepressive, antidolorifiche, antisettiche, toniche del cuore, dello stomaco, del fegato, regolatrici del ciclo mestruale. Uso in cucina Sono vari gli utilizzi delle rose in cucina, sia come elemento decorativo che come alimento, ma è importante che le piante non siano state trattate chimicamente. Ad esempio, le giovani foglie delle rose spontanee servono per la preparazione di un tè di rosa, i petali possono essere consumati in insalata, i frutti della rosa sono impiegati nella preparazione di confetture. Profumeria e dermatologia Estratti di rose nobili trovano impiego in profumeria e dermatologia. L'olio di rose è usato da tempo antichissimo, tanto che è ricordato nell'Iliade quando venere cura le ferite di Ettore, ed era ottenuto tramite macerazione. La distillazione ha origine principalmente in Persia, già nella prima metà del sec. IX d. C., fu introdotta nell'Europa occidentale da arabi e crociati. La separazione dell'essenza di rose dall'acqua distillata fu eseguita per la prima volta in Europa, circa nel 1580, da Rossi e Della Porta.

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Edmondo Viselli

Hibiscus (Ibisco)

2018-08-01 06:52:03

Ibisco, scientificamente, e similmente Hibiscus, appartiene al genere delle Malvaceae e non indica una sola pianta bensì circa 300. Tra piccoli alberi, arbusti e piante erbacee, sono così numerose le varietà che con questo nome ci regalano fiori quasi sempre meravigliosi. Il nome deriva dal greco, probabilmente a deciderlo è stato un medico, Dioscoride, nel I secolo d.C.. L’Ibisco è però originario dell’Asia Minore, a farcelo conoscere è stato Ghislain de Busbeck, un ambasciatore fiammingo che ha soggiornato a Istanbul, alla corte di Solimano il Magnifico dedicandosi anche allo studiò la botanica e inviando in Olanda vari esemplari poi diffusi nel continente e arrivati fino ai nostri tempi. Oggi cresce tranquillamente anche in Europa anche se è originario delle zone temperate dell’Asia. E’ presente, sempre importato, anche in Nord America e nelle zone tropicali dove ha sviluppato varie specie che arrivano anche a 2 metri. Proprio in centro America, ad esempio, alcuni Ibisco provenienti dalla Cina incrociati ad altri autoctoni hawaiani hanno dato origine a piante spettacolari per dimensioni e colori, anche quelle in oggi diffuse in Australia e Nuova Zelanda non scherzano. In Nord America, originari dei quelle terre, ci sono l’Hibiscus militaris, con larghi fiori campanulati, rosa-crema, e l’Hibiscus moscheutos, con fiori rosso, rosa, bianco, giallo e arancione. Veniamo in Italia: nella Penisola parlare di Ibisco vuol dire parlare di Hibiscus syriacus, specie ornamentale tipo arbusto a foglie caduche con fioritura prevista da luglio ad ottobre, molto diffuso in coltivazione nei giardini e aiuole. Restando sul nostro territorio nazionale troviamo anche Ibisco rosso e particolarmente bello. Oltre a tre specie spontanea diffuse da Nord a Sud, nel Centro, soprattutto vicino a scarpate o rive di fiumi, troviamo l’Hibiscus roseus. Lo si riconosce perché è una bella pianta con alti steli ricoperti di grandi fiori di ibisco colore rosa vivo, quasi rosso. Sempre sul rosso c’è il diffuso Ibisco palustre: è una pianta erbacea con fusto eretti (80–150 cm) che per tutta l’estate produce numerosissimi fiori a forma di imbuto, larghi 15–20 cm, di colore bianco o rosa, ma ne esistono con fiori rosso intenso. Sono specie ibride. Sono note le proprietà farmacologiche dell’Ibisco da tempo: è antisettico, astringente, emolliente, digestivo, diuretico, purgativo, refrigerante, calmante, stomachico e tonico. Non c’è nulla da scartare, tutte le parti della pianta sono utili. Le foglie sono emollienti, diuretiche, refrigeranti e sedative, mentre i petali, i semi ed i calici maturi presentano le proprietà diuretiche e contro lo scorbuto come lo sono anche i frutti. Le radici, invece, molto amare, hanno notevoli qualità emollienti e fanno passare la tosse. I fiori dell’ibisco fanno bene ai capelli in forma di shampoo, il loro estratto, poi, è alla base di cure contro disordini del fegato, alta pressione sanguigna. C’è chi sostiene che l’Ibisco sia afrodisiaco, tutto da verificare, ma nessuno lo ha negato finora al 100%. L’Ibisco, così bello, non può non avere un impiego anche ornamentali: l’Hibiscus syriacus, con la fioritura estiva di fiori bianco, rosa, viola e lilla, è ricercato per dare colore nei giardini, oltre che sui terrazzi o in forma di alberelli isolati e siepi. Anche l’Hibiscus rosa-sinensis, con fiori ad imbuto rosso smagliante, che spuntano uno alla volta dalla primavera all’estate, è spesso ospite dei nostri giardini ma solo se c’è un clima mite. Col freddo preferisce il vaso. Troviamo l’Ibisco anche in cucina: dall’Hibiscus sabdariffa si ottiene il karkadé con cui si confezionano le note tisane e le meno note confetture, inoltre i frutti dell’Hibiscus esculentus si usano come verdura, nel mondo, dove è indicata con i nomi di Gombo, Okra o Bamja. Infine, anche se suona strano, c’è una specie utilizzata nell’industria cartaria perché ricca di cellulosa: l’Hibiscus cannabinus.

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Edmondo Viselli

Eringyum alpinum (Regina delle Alpi)

2018-08-01 06:43:30

Regina delle Alpi (nome scientifico Eryngium alpinum L.) è una pianta erbacea perenne dai fiori molto appariscenti appartenente alla famiglia delle Apiaceae. Sistematica Il genere della nostra pianta (Eryngium) comprende oltre cinquanta specie, alcune delle quali (una dozzina) appartengono alla nostra flora spontanea. Nelle classificazioni più vecchie la famiglia del genere Eryngium è chiamata Ombrelliferae ma anche Umbelliferae. Etimologia Il nome del genere (“Eryngium”) fa probabilmente riferimento alla parola che ricorda il riccio: “erinaceus” (in particolare dal greco “erungion” = “eringio”); ma potrebbe anche derivare da “eruma” (= difesa), in riferimento alle foglie spinose delle piante di questo genere. Il nome della specie (“alpinum”) deriva dalla zona d'origine dei fiori. Infiorescenza Il colore dell'infiorescenza è verde brillante alla base e azzurro ametistino (quasi cobalto) nella parte alta (le brattee dell'involucro). La forma è quella di un'ombrella contratta capuliniforme (capolini ovoidi cilindrici di circa 3 cm di altezza e 1,5 cm di diametro) ed è in posizione terminale sui rami principali. Le brattee dell'involucro sono da 12 a 20 a disposizione raggiante e consistenza rigida; sono inoltre bipennatifide (foglie composte le cui foglioline sono a loro volta pennate). I lobi di queste brattee sono setolose, quasi spinose (più esattamente sfrangiate). Lunghezza massima delle brattee: 25 cm. Distribuzione e habitat Geoelemento: l'origine della pianta è endemica della fascia alpina (Endem. Alpica). Diffusione: in Italia è considerata una pianta rara e comunque è presente solamente sulle Alpi (orientali e occidentali, non centrali). È presente anche nella Alpi Dinariche e nel Giura. Habitat: cespuglieti subalpini sassosi e zona delle megaforbiete; la specie è calciofila. Diffusione altitudinale: da 1500 a 2500 m s.l.m.

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