
Luca Orrù
Founder Junior
A Budapest, in una antica farmacia-museo, un amico si imbatte in una testa di mummia (Foto sua). L'addetta gli spiega che veniva polverizzata e usata come medicamento, per altro molto apprezzato. L’uso della mumia, largamente diffuso nella Medicina nord-africana, fu introdotto in Andalusia nell’VIII secolo dagli Arabi del Califfato d’Occidente, e - dopo il 1100 - in varie altre regioni europee dai reduci delle Crociate. Accolto dal mondo medico e dai ciarlatani come un inatteso provvidenziale progresso della terapia, la mumia fu impiegata fino al 1700. Resti di mummie egizie finivano nelle farmacie, dove erano polverizzati e incorporati in diversi preparati medicinali. Nel 1581, il medico e naturalista Pier Andrea Mattioli scriveva che gli arabi attribuivano alla mummia molte virtù, come la cura delle paralisi e dell'epilessia, nonché di emicranie, vertigini, mal d'orecchi, tosse e mal di gola. La mumia era anche indicata per alleviare (con acqua di menta) le passioni del cuore e (con acqua di "cimino") le ventosità del corpo. Per tutto il Medioevo e il Rinascimento essa fu quindi considerata una vera panacea, valida per ogni tipo di malattia; e ancora al tempo di Luigi XIV veniva decantata nell’amenorrea, nell’asma bronchiale e nella tubercolosi, ed entrava nella composizione di un numero infinito di polveri, balsami, pillole, decotti e elettuari come disinfettante, cicatrizzante, ricostituente ed elisir di lunga vita. La mumia era considerata una vera manosanta per curare piaghe, ferite, eresipela e disturbi mestruali. Altre indicazioni: i 'dolori di capo da causa fredda', le 'passioni di cuore', i 'veleni mortiferi'. Curarsi con la mumia diventò uno status symbol, tanto che, con una richiesta così massiva, i resti di mummia avevano ormai raggiunto costi astronomici e insostenibili per chiunque. Così nel 1700 - per ironia della sorte e non perché si fossero resi finalmente conto che non serviva a nulla- medici e ciarlatani decisero di comune accordo di bandirla dal secolare armamentario terapeutico.


Luca Orrù
Founder Junior
Uno dei templi buddisti più remoti al mondo. Il Monte Fanjing, o Fanjingshan, fa parte della catena montuosa Wuling nella provincia di Guizhou, nella Cina sud-occidentale. Patrimonio mondiale dell'UNESCO, la montagna ospita un'area protetta, una riserva naturale e numerosi templi buddisti. È stato considerato un sito sacro per secoli. Due di questi templi si trovano sulla cima di un picco chiamato "New Golden Summit", che sorge a più di 100 metri sopra la cima della montagna circostante. Il tempio del Buddha e il tempio di Maitreya sono separati da una stretta gola che i visitatori possono attraversare attraverso un piccolo ponte


Luca Orrù
Founder Junior
"Parlare con un geco non serve a molto, gli entra da un orecchio e gli esce dall'altro!" ...non per modo di dire! 😂 Infatti una caratteristica di questi rettili è quella di avere una cavità ossea nel retro del cranio, completamente vuota, ma rivestita da una sottile membrana uditiva. Questa gli permette di distinguere i rumori che fanno le prede quando si muovono attorno a loro ed individuarle meglio. La cavità è necessaria per amplificare e percepire più chiaramente il suono, come una piccola cassa di risonanza. L'effetto ottico di questa cavità ossea da l'impressione che il geco abbia una testa "vuota" o bucata, ed in effetti è proprio così! La luce vi passa attraverso, come potete vedere in questa foto.

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