Luca Orrù

Founder Junior

I testicoli celesti di una Chlorocebus, o, comunemente, scimmia di Vervet. Il colore della pelliccia dorsale varia a seconda delle specie dal giallo pallido al grigio-verdastro sino al marrone scuro, mentre il ventre ed il pelo attorno al muso sono di colore bianco-crema. Il muso, le mani ed i piedi sono glabri e di colore nero. Nei maschi lo scroto è di colore blu brillante ed il pene di colore rosso.

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Luca Orrù

Founder Junior

La scienza è fantastica

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Luca Orrù

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Il Massacro di Nanchino rappresenta uno degli episodi più bui della storia cinese contemporanea. È stato un insieme di crimini di guerra perpetrati all'inizio della seconda guerra sino-giapponese dall'esercito nipponico nei confronti della città facente parte dell'allora Repubblica di Cina. L'occupazione iniziò il 13 dicembre 1937, i giapponesi entrarono nell'allora capitale cinese trucidando 300 mila persone già nelle prime settimane e stuprando oltre 20 mila donne, anziane, madri e bambine. Le torture inflitte dai giapponesi alla popolazione di Nanchino superano qualsiasi livello di immaginazione. Alcuni testimoni oculari sopravvissuti a queste atroci supplizi raccontarono di persone sepolte vive fino alla cintola sventrate con sciabole, investite con i mezzi di trasporto militari oppure fatte sbranare dai cani da guerra. Le gare di uccisione erano uno dei passatempi preferiti dai militari nipponici. I giapponesi catturavano e facevano prigionieri uomini e donne, tenendoli a digiuno per giorni. Dopo questo trattamento, atto a privarli di ogni energia, legavano loro mani e piedi e li trasportavano in aree isolate, fuori dalla città. Qui procedevano alla loro esecuzione; i cadaveri dei prigionieri venivano quindi gettati all'interno di fosse comuni. Quello di Nanchino rappresenta, inoltre, uno dei più grandi stupri di massa della storia. Le stime relative alle donne violentate variano da un minino di ventimila a un massimo di ottantamila vittime. La perversione dei giapponesi sembrava essere priva di limiti: non solo organizzavano tornei di stupri a qualsiasi ora del giorno e in qualunque luogo della città, ma si intrattenevano anche impalando le loro vittime. Gli stupri durante il giorno spesso avvenivano in pubblico, talvolta di fronte ai mariti o a componenti della famiglia, che venivano immobilizzati e costretti a guardare. Subito dopo sia le donne che i familiari erano uccisi. Un gran numero di tali atti furono frutto di un'organizzazione sistematica, con i soldati che cercavano le ragazze di casa in casa, le catturavano e le portavano nude dai compagni, sottoponendole a stupri di gruppo. Le donne venivano spesso uccise subito dopo lo stupro, spesso infliggendo loro mutilazioni, come la recisione dei seni, infilando loro canne di bambù, baionette, coltelli da macellaio o altri oggetti nella vagina o sventrando le più giovani. Secondo alcune fonti, varie donne furono avviate alla prostituzione nei bordelli militari giapponesi, mentre secondo altre le truppe giapponesi costrinsero intere famiglie a compiere atti incestuosi, obbligando figli a stuprare le proprie madri e i padri a stuprare le figlie, uccidendo poi tutti. Le bambine non vennero risparmiate: denudate, erano stuprate anche in gruppo dai soldati. I cadaveri nudi dei bimbi erano spesso gettati nelle strade senza nessun'altra forma di sepoltura. Monaci che avevano fatto voto di castità, secondo certe testimonianze, furono costretti a stuprare delle donne per il divertimento dei giapponesi. I prigionieri cinesi furono utilizzati anche come cavie da laboratorio. Nell'aprile del 1939 i giapponesi convertirono un ospedale, situato nella via Zhongsan, poco distante del fiume Yangzi, in un laboratorio di ricerca epistemologia, battezzato Unità Ei-1644. Gli scienziati nipponici testavano sui loro pazienti diverse tipologie di veleni, gas e batteri, come quelli del colera e dell’antrace, alcuni prigionieri furono vivisezionati e altri ancora era utilizzati come bersagli per testare l’efficienza delle armi da fuoco.

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