Cristina Mancini

AUITARE GLI ALTRI È AIUTARE NOI STESSI Tendere una mano a volte arricchisce più chi la mano la tende. Perché un mondo migliore comincia proprio nel momento in cui mettiamo un po’ da parte noi stessi per dedicarci agli altri. Delle volte non diamo peso, a quanto una parola carina, un sorriso, un gesto gentile può cambiare in positivo la giornata di una persona, dovremmo spargere più altruismo e sorrisi che egoismo e malumori.. Non soffermandosi sulle stupidità, ma capendo pienamente il valore della vita.. OCCHI APERTI VERSO CIÒ CHE CI CIRCONDA Spesso ci si chiude nel proprio piccolo mondo e non si riesce o non si vuole vedere ciò che abbiamo intorno. È proprio questo l’atteggiamento della maggior parte delle persone. “L’importante è che sto bene io”, questo sembra il motto che va di moda, al giorno d’oggi. Anche se sembra un approccio alla vita apparentemente comodo e facile, rischia, con l’andare avanti del tempo, di portare all’isolamento e alla solitudine perché trincerarsi dietro l’egoismo e l’indifferenza necessariamente porta all’inaridimento e all’indifferenza per tutto e tutti. Tendere una mano, aiutare gli altri fa bene non solo a chi l’aiuto lo riceve, ma anche a chi lo dona. E per fortuna sempre più persone hanno questo scopo nella vita, fatto di esperienze e incontri sì complessi e a volte dolorosi, ma anche estremamente profondi, fatti di sostegno dato e ricevuto, di soddisfazioni mai materiali ma emotive. Si tratta di momenti e attimi in grado di mostrarci la vita per il valore che ha realmente e che resteranno insegnamenti incancellabili che ci cambieranno in profondità… in modo totalmente positivo! LA TEORIA DELL’ALTRUISMO Uno psicologo dell’Università del Kansas, Dan Batson, sostiene che l’altruismo è una caratteristica propria di chi riesce ad avere empatia nei confronti dell’altro e, di conseguenza, a provare benessere nell’aiutare il prossimo. Un altro psicologo, Robert Cialdini, invece, sostiene che il pensiero della sofferenza di un’altra persona provoca in noi dolore, e ci porta quindi all’aiuto per farci sentire meglio. Ciò accade molto più spesso quando ci sentiamo particolarmente vicini, per un passato comune o per esperienze simili che si sono vissute. Da qui si potrebbe vedere quasi una sorta di egoismo, in quanto un atto altruista nasconderebbe un lato legato al benessere personale nel produrre l’atto stesso. Ciò però non deve assolutamente compromettere il gesto, in quanto il piacere di aiutare il prossimo e il piacere personale che ne deriva non devono considerarsi due aspetti in contraddizione ma bensì due fattori complementari che possono tranquillamente coesistere. Lo psicologo americano Mark Snyder, dell’Università del Minnesota, in un suo studio durato per più di 20 anni, ha delineato cinque forti motivazioni per le quali le persone sono spinte a dedicarsi al volontariato: valori personali; preoccupazione per la comunità; armonia con se stessi; migliore comprensione del prossimo; ampliamento di rapporti e conoscenze.

Cristina Mancini

Inquinamento dovuto alla plastica Ormai è un tema, molto discusso.... Se filtrassimo tutte le acque salate del mondo, scopriremmo che ogni chilometro quadrato di esse contiene circa 46.000 micro particelle di plastica in sospensione. Numeri impressionanti di un fenomeno che non è circoscritto alle cinque “isole di plastica” in continuo accrescimento negli Oceani ma tocca anche il nostro Mar Mediterraneo. Come ricorda l’UNESCO, il fragile equilibrio della vita marina animale e vegetale è scosso dalla concentrazione sempre più elevata di plastiche di ogni tipo e la catena alimentare sta subendo danni forse irreparabili. Siamo arrivati ad un punto di non ritorno? Abbiamo ancora tempo per invertire la rotta? Possiamo contribuire a ridurre la quantità di plastica che finisce in mare? Per rispondere a queste domande, capiamo bene lo scenario. Come la plastica finisce in mare I dati dello studio di Science Advances parlano chiaro: la produzione mondiale di resine e fibre plastiche è cresciuta dai 2 milioni di tonnellate del 1950 ai 380 del 2015. Oltre 8.300 milioni di tonnellate prodotte in 65 anni hanno reso la plastica uno dei simboli industriali, con cemento ed acciaio, dell’era dell’”Antropocene”, in sostanza l’epoca geologica in cui viviamo in questo momento. E’ entrata a tal punto nella nostra quotidianità che risulta difficile pensare ad un oggetto che non contenga polimeri, anche in minima parte. Ma questa enorme produzione ha il suo rovescio della medaglia. La plastica è infatti il prodotto sintetico a più lunga conservazione, si degrada completamente solo in centinaia di anni. E’ logico quindi che, se non bruciata o riciclata correttamente, finisca nell’ambiente favorendo l’alterazione di ecosistemi troppo delicati. Purtroppo in questi anni di crescente domanda, solo il 20% della plastica prodotta è stato riciclato o incenerito. Tutto il resto si è accumulato come scarto a terra e in acqua. Di conseguenza dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei mari di tutto il mondo ogni anno, causando l’80% dell’inquinamento marino. Rifiuti che per i 4/5 entrano in mare sospinti dal vento o trascinati dagli scarichi urbani e dai fiumi. Il resto è prodotto direttamente dalle navi che solcano i mari, soprattutto pescherecci ma anche navi mercantili ed imbarcazioni turistiche di tutte le stazze. Le caratteristiche dell’inquinamento marino da plastica plastica in mare Dalla Fossa delle Marianne ai poli, residui di plastica sono stati trovati praticamente ovunque nei mari e negli oceani. Bottiglie, imballaggi, reti da pesca, sacchetti, fazzoletti, mozziconi e qualunque altro oggetto in plastica una volta finito in acqua si spezza in frammenti più piccoli per azione dell’erosione e delle correnti. Come dimostrato da diversi esperti, questi frammenti, che possono raggiungere dimensioni microscopiche inferiori ai 5 mm di diametro, costituiscono una fra le principali cause di morte per soffocamento di molti pesci ed uccelli marini poiché vengono scambiati per cibo. A causa di ciò, 115 specie marine sono a rischio, dai mammiferi agli anfibi. L’ingerimento accidentale di plastica scambiata per plancton o meduse è un fenomeno così comune che il 52% delle tartarughe marine ne ha subito gli effetti. Aspetti positivi e negativi della plastica La storia della plastica ha origini lontane, risalenti alla seconda metà del 19° secolo. Con la scoperta del nylon nel 1935 l’utilizzo di fibre sintetiche esplode e si diffonde in tutti i settori industriali soprattutto per la produzione di beni di largo consumo. Una crescita costante favorita dall’aumento esponenziale dell’estrazione di idrocarburi, dallo sviluppo tecnologico e dalla conseguente riduzione dei costi di trasformazione. Perché plastica, petrolio e metano vanno a braccetto. Ed ora, sotto qualunque formula chimica dal PET al poliestere, è parte della nostra quotidianità. Con i problemi che conosciamo: 1) non è un materiale biodegradabile 2) è fonte di inquinamento per un suo cattivo smaltimento

Cristina Mancini

RISOTTO ALLE FRAGOLE CALORIE PER PORZIONE Kcal 498 Difficoltà Facile Preparazione 20 min Cottura 30 min Dosi per 4 persone Costo Basso Nota più il tempo di cottura del brodo vegetale INGREDIENTI Riso Carnaroli 320 g Vino bianco 60 g Brodo vegetale 900 g Scalogno 1 Olio extravergine d'oliva 20 g Burro 40 g Caprino 80 g Fragole 250 g Sale fino q.b. PREPARAZIONE COME PREPARARE IL RISOTTO ALLE FRAGOLE Per realizzare il risotto alle fragole iniziate dalla preparazione del brodo vegetale. Bollite per circa un’ora le verdure (carote, sedano, pomodori e cipolle) in abbondante acqua salata 1, poi filtrate il brodo attraverso un colino e tenetelo da parte . Preparate quindi il risotto: sbucciate e tritate finemente lo scalogno , scaldate a fuoco basso l’olio di oliva in un tegame, poi unite lo scalogno tritato e fate appassire per 5-6 minuti mescolando di tanto in tanto; versate il riso e fatelo tostare per altri 2-3 minuti, mescolando spesso. Una volta che avrà cambiato colore, sfumate con il vino bianco, quindi lasciate evaporare. Dopodiché poco alla volta versate il brodo , avendo cura di aspettare che sia assorbito il liquido prima di aggiungerne dell’altro, mescolate spesso il risotto per non farlo attaccare. Portate quindi a cottura il risotto: ci vorranno circa 15-20 minuti, in base ai tempi indicati sulla confezione del vostro riso. Mentre il riso cuoce lavate le fragole, tagliate via il picciolo con le foglioline e tagliatele a pezzetti . Una volta che il risotto sarà pronto, salate e spegnete il fuoco. A fuoco spento mantecate con il caprino e con il burro, mescolate in modo che si sciolgano bene e per ultime unite anche le fragole a pezzetti. Amalgamate bene le fragole e servite il risotto alle fragole ben caldo CONSIGLIO Invece del caprino, potete usare della robiola o dello stracchino per mantecare il risotto alle fragole; al posto del vino potete utilizzare dello spumante per sfumare il riso. Con questo risotto ho appurato che buona parte delle fragole tagliate finemente o pestate nel mortaio vanno incorporate nei primi 10 minuti di cottura. Le fragole devono dare un caratteristico colore lilla e una certa dose di acidità. Per aiutare ancora di più la colorazione uso un vino rosato o un goccio di vino rosso diluito nel bianco. Il resto delle fragole lo aggiungo poco prima di servirlo in modo che non siano completamente crude, ma abbiano ancora una certa consistenza.

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