Alessandro Benedetti

In questo magico mondo, fatto di musica e di colori, le stranezze, le curiosità e le… note di colore si sprecano. Tali e tante sono, da non saper nemmeno da dove cominciare! Ma, come spesso dico io, state sicuri che ne vedrete… di tutti i colori! Per cominciare, il vinile colorato è nato di pari passo con il vinile nero: infatti, esistono vecchi dischi con il vinile colorato risalenti ai primi anni ’50. E se è forse vero che la maggior produzione di questi dischi si è avuta intorno agli anni ’60-’70, in molte parti del mondo (America ed Inghilterra, per esempio) ancor oggi, fortunatamente ne viene prodotta una discreta quantità. Ed anche da noi in Italia, dopo anni di miope oblio, si è ripreso piano piano a ristamparlo. Esiste poi vinile e vinile, come esiste colorante e colorante. Ci sono vari modi di dare una tonalità ed una tipologia di colore ad un vinile: essa può essere (a prescindere dal colore) opaca, semi trasparente o “crystal” (vale a dire cristallo=trasparentissimo). I dischi opachi, di qualsiasi colore essi siano, non traspaiono la luce, quelli semi trasparenti, ne lasciano passare solo un po’, mentre i crystal, forse i vinili più belli, sono lucentissimi, cristallini appunto. La polpetta di vinile con la quale viene stampato il disco, non sempre è di un unico colore: da qui, nasce la scelta di creare il vinile multicolore, del quale abbiamo già precedentemente parlato. Ma sul multicolore c’è davvero da sbizzarrirsi a non finire. Ne esistono veramente di tutti i tipi, di tutti i colori e di tutte le variazioni di colorazione. Si parte da due colori, tre, quattro, cinque o addirittura di più, fino alle più svariate combinazioni. Ce ne sono con motivi a strisce, sferici (o “swirl”), concentrici, venati, striati, a triangolo, a stella, “schizzati” (o “splash”) tipo esplosione, meravigliosi arcobaleni o più semplicemente a completa e libera fantasia. Anche fra i 45 giri sono presenti molti di questi esemplari variegati. Possono avere colori opachi, trasparenti, o addirittura essere per metà di colore nero e l’altra metà colorata. Ci sono vari motivi che ricordano gli aculei di un istrice, il fogliame di un sottobosco, un pezzo di argilla, le onde frastagliate del mare, le fiamme di un fuoco ardente, o addirittura il denso caramello di un budino, tanto per citarne solo alcuni. Pure sul vinile monocolore, ci potremmo dilungare in una serie interminabile di proposte: ne esistono fluorescenti, fosforescenti, oro o argento metallizzato, addirittura a specchio. Ma forse, il vinile più strano (e più bello), è un vinile nero, sopra il quale vi sono dei motivi incisi con il laser, che al sole rifrangono la luce dando lo stesso eccezionale effetto ottico che si ottiene guardando il materiale con il quale è composto un compact disc. Strabiliante. Ma le curiosità non finiscono comunque qui. Ci sono i vinili “allocroici”, quelli che cambiano colore a seconda dell’angolazione della luce, ed i translucenti. Quest’ultimi, hanno un’altra sorprendente caratteristica: trattasi infatti di un particolarissimo tipo di vinile, per lo più usato negli anni ’70 in Canada (ma anche negli USA ed in Inghilterra, seppur in modo molto minore), che, apparentemente sembra normale vinile nero, ma se viene messo davanti ad una forte fonte di luce, ecco che in controluce appunto, esso evidenzia un colore. E non sempre è lo stesso colore! Esistono translucenti che tendono al rosso, al viola, purpurei, bronzei ed addirittura verdastri. Fra i dischi monocolore, il rosso è forse il colore che ha meno variazioni di tonalità, mentre il verde è quello che probabilmente ne ha di più. Colori come questi, o come il bianco, il giallo o il blu, sono abbastanza comuni e molto facili a trovarsi. Vinili color arancio e viola sono fra i più difficili a reperirsi, ma il colore più raro di tutti (oro ed argento a parte), è sicuramente il vinile marrone.

Alessandro Benedetti

Questo nuovo filmato da invece un’idea di come vengano stampati i dischi in tempi più recenti. Bene, chiarito l’aspetto “tecnico”, non è però altrettanto facile chiarire il perché si decida di fare un disco in vinile colorato, anziché farlo in vinile nero. Non è chiaro nemmeno se questa decisione la prenda l’artista, il produttore o la casa discografica. Si sa, per certo, che a volte i colori non “corrispondino”. Ad esempio, per citare due classici casi, i Pink Floyd hanno fatto moltissimi dischi in vinile colorato, ma pochi in vinile rosa, come il loro nome (pink=rosa) invece suggerirebbe, mentre i Deep Purple (purple=porpora), non sempre hanno stampato i loro dischi in vinile porpora (in due casi addirittura verde!), ma si siano tenuti su colori “vicini” come rosa e viola. Solitamente, è stampata in vinile colorato la prima tiratura, limitata ad un quantitativo di esemplari abbastanza esiguo: a volte possono essere 2000, 1000, 500 copie o addirittura meno. Finite quelle, il disco viene ristampato sul comune vinile nero. Ecco perché, a cose normali, lo stesso disco vale di più in versione vinile colorato che non nero. Naturalmente, meno copie ci sono, più alto sarà il loro valore collezionistico. Possedere, per esempio, una copia di “The wall” dei Pink Floyd stampata in Italia –si dice- in 600 copie su vinile arancio, vuol dire avere in mano un disco che si aggira intorno a 1.800,00 €. Ci sono anche dei casi in cui, a parità di stampa, l’edizione uscita su vinile nero sia ritenuta più preziosa e quindi più ricercata della stampa pressata in vinile colorato, ma sono casi estremamente rari. Può anche succedere, in alcune occasioni, che qualche casa discografica decida per la soluzione in vinile colorato per cose un po’ particolari o speciali. Per quanto concerne la produzione dei singoli in 45 giri, per esempio, ci sono l’etichette americane Capitol e Collectable, impegante a produrre ristampe con vecchi successi di grandi artisti, tutti su vinile colorato. Discorso a parte invece per due case discografiche minori, la lussemburghese Swingin’ Pig e la ceca Globus International, che del vinile colorato hanno fatto quasi il loro “cavallo di battaglia”: infatti, moltissimi dei dischi da loro prodotti, quasi tutti 33 giri, sono in vinile colorato, alcuni dei quali anche in splendide fantasie multicolore. Ultimamente, si sono aggiunte a queste molte altre case discografiche che si sono distinte per i loro fantastici vinili multicolore, fra le quali è d’obbligo ricordare l’inglese Death Waltz, le americane Mondo e Third Man Records e l’austriaca Cineploit. Ma ce ne sono comunque moltre altre ancora. Il vinile multicolore ha un’altra particolarità: non ne esiste, in pratica, uno uguale ad un altro. Molti di questi fantastici e bellissimi vinili multicolore, hanno però un difetto, se così si può dire: quello di essere stampati da case discografiche fantasma, sono cioè i famosi “bootleg” o dischi pirata, ai quali, molte volte, manca anche la “label”, ovvero quel tondo nel centro del disco dove sono riportati, stampati, nome dell’etichetta discografica, interprete e relativo titolo del disco e delle canzoni. In sostanza, questi dischi, commercialmente parlando, non esistono, in quanto non ufficiali e non presenti nella discografia autorizzata dell’artista in questione. E se da una parte questo può renderli ancora più appetibili, dall’altra ne penalizza forse abbastanza il valore collezionistico, proprio in virtù del fatto di una non facile inquadratura e quindi, conseguentemente, soggetti a quotazioni incerte e tutt’altro che affidabili.

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Alessandro Benedetti

Prima di parlarvi o di farvi vedere i vinili colorati, vi posto un vecchio filmato per farvi vedere come, un tempo, venivano fatti. Dopodichè, parlare di suoni, di musica e di dischi può essere anche semplice, ma addentrarsi nel mondo dei dischi in vinile colorato, non lo è affatto. Per prima cosa, non sono moltissimi i collezionisti o le persone “normali” interessate a questo specifico e particolarissimo argomento, ed in secondo luogo, quando io dico alla gente che colleziono “vinili colorati”, tante volte vedo i miei interlocutori assumere un’espressione notevolmente imbarazzata. E ciò si spiega molto facilmente: non sanno nemmeno di cosa si stia parlando. Ed allora, per farvi entrare in questo mondo tutti “alla pari”, prima di presentarvi le foto dei dischi che compongono la mia raccolta, cercherò di spiegarvi cosa sono i tanto misteriosi dischi in “vinile colorato”. Innanzi tutto, comincio a spiegarvi cos’è il cloruro di polivinile (più semplicemente chiamato, appunto, “vinile”): non è altro che il materiale plastico con il quale è fatto il disco. Per intenderci, la parte nera dove sono incisi i solchi del disco stesso. In origine, strano a dirsi ma vero, questo materiale è tutt’altro che nero: infatti, la polvere di PVC (questo il nome “commerciale”), è bianca, e solo per ragione squisitamente tecnica –sulla quale però al momento passerei sopra- gli viene conferito il colorante che lo trasforma in nero. Se però diamo del colorante verde al PVC, ecco che avremo un disco in vinile colorato verde, mentre se adoperiamo allo stesso tempo il giallo, il rosso, il blu etc., ecco venir fuori un bel vinile multicolore. Ma perché allora, quasi tutti i dischi sono fatti in vinile nero? La risposta che di solito, 99 persone su 100 possono indubbiamente darci, è la seguente: “Perché un disco in vinile nero suona meglio!”. Non è vero. O almeno, solo in parte. La ragione per la quale succede questo, cioè la questione tecnica di cui accennavamo sopra, è la seguente: il colorante del nero, possiede nella sua composizione chimica una speciale viscosità, a differenza di tutti gli altri colori che contengono invece una micro pigmentazione tipo sabbiolina. Il colorante nero invece è più oleoso: questo fa sì che in fase di stampa, il disco scivoli meglio e si stacchi dalla pressa più facilmente, evitando di lasciare piccoli granellini, corpuscoli vari o bollicine che potrebbero danneggiare il buon ascolto del disco stesso. Per il resto, se il disco è stampato come dio comanda, che sia bianco giallo, verde, rosso, blu o di qualsiasi altro colore, si sentirà ugualmente bene come quelli stampati in vinile nero. Anzi, in taluni casi, è addirittura il vinile colorato che suona meglio del vinile nero. Ed anche qui c’è una ragione ben precisa: di norma, nel disco nero si mescola sempre un po’ di vinile riciclato, che essendo stato già “cotto”, si amalgama meglio. Ma se uno vuole fare un disco arancione, deve prendere il colorante arancione, non può usare vinile nero riciclato: deve cioè essere tutto vinile vergine. Ricapitolando: il segreto per un buon ascolto di un disco, non sta nel colore del vinile, ma da come viene pressato. C’è da dire che esiste anche vinile di 1° e di 2° scelta, più o meno buono, ma questo influisce minimamente. L’importante sono le condizioni della pressa che stampa, dalla quale esce il disco.

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