Enzo Zevini

Top Founder President

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Dalla scalinata di Trinità dei Monti guardavo Roma. Il cielo plumbeo schiacciava la città. All’orizzonte una linea netta di azzurro, dritta, come tracciata da un righello; nel mezzo, una palla di fuoco illuminava di rosso i tetti della capitale, sembravano dover prendere fuoco da un momento all’altro. Ci sono momenti in cui cedo all’incanto, consapevolezze si manifestano dal nulla. Pensai alla dicotomia dei pensieri, alle numerose identità che albergano l’essere umano, le ombre e le luci, le continue lotte tra ciò che vorremmo essere e quello che siamo. A volte i conflitti emergono quando è in atto un cambiamento, decisioni che stentiamo a prendere per vergogna, per paura di deludere. Siamo più comprensivi con gli altri che con noi stessi, se un amico dicesse di noi tutto quello che ci raccontiamo non resteremmo in sua compagnia più di dieci minuti, eppure è quello che succede a ognuno di noi. Non abbiamo clemenza davanti alla nostra vulnerabilità, alla fragilità, quella sensazione considerata debolezza a cui non vogliamo cedere. Capita di fallire sul lavoro, di non riuscire a dare quell’esame, che la relazione che stiamo vivendo è giunta a un punto morto, sappiamo che dovremmo chiuderla ma non abbiamo il coraggio. Invece di agire tendiamo a nascondere a noi e agli altri le emozioni che ci schiacciano, rinviando decisioni sopraffatti dal senso colpa, sbagliati, non all’altezza. Sentiamo il cambiamento, ma c’è un blocco che ci impedisce di progredire, usiamo cattive parole, svalutiamo il nostro essere togliendo energia a quelle forze invisibili che sono dentro ognuno di noi. Dialoghiamo con noi stessi come fossimo il nostro peggior nemico, l’IO giudicante ci tiene prigionieri, lo fa subdolamente, riportandoci a vecchie memorie inconsce che non sappiamo neanche appartenerci. Presi dallo zaino il quaderno che porto sempre con me. Scrissi su un foglio tutto quello che non funzionava nella mia vita: le decisioni che non stavo prendendo, le paure: cosa mi avrebbe fatto provare vergogna una volta fatta una scelta? Nella pagina accanto risposi alle mie domande come se a parlarmi fosse stato il mio migliore amico, analizzavo le parole, le sceglievo con cura, ero lontanissimo dal giudizio. Quello davanti a me era un uomo con tutto il carico di umanità a cui non avevo donato sufficiente amore. Ascoltai le emozioni in un nuovo movimento, avevo creato una nuova traccia, un passaggio attraverso le ombre. Mentre scendevo verso Piazza di Spagna alzai gli occhi al cielo, le nuvole di piombo non schiacciavano più la città, le stelle prendevano il loro posto nel blu infinito dell’universo. “ Che cos’è il sigillo della raggiunta libertà? Non provare più vergogna davanti a sé stessi.” (Friedrich Nietzsche) Foglinediti

Enzo Zevini

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Dovremmo imparare a cercare piani alternativi a quelli quotidiani. Vivere un amore grande per concepire la piccolezza della morte. Amare alla follia fino a morire per rinascere a nuovi amori. Abbracciare l'incapacità di sostenere un dolore per poterlo lasciare andare via. A volte è necessario essere prigionieri di noi stessi per trovare il coraggio di liberarci. Morire nel corpo della persona che amiamo per farlo rinascere ogni volta che vorremmo nei nostri pensieri. Abbiamo bisogno di un bacio lento fino all'oblio per sentire la pienezza dell'infinito. Essere materia per godere e spirito per espanderla. Morire ogni sera per rinascere ogni mattina, consapevoli che ogni giorno è il primo giorno dei restanti della nostra vita. Foglinediti

Enzo Zevini

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Dove sono in queste giornate di clausura, in lontananza posso vedere il mare. Una striscia azzurra che con il passare del giorno si trasforma e cambia spesso colore. Un po' come immaginio il futuro ora che tutto è così incerto. Questa mattina il vento da nord ha liberato il cielo, il sole di un giallo intenso fa brillare ogni cosa che ho intorno. Tutto sembra più vivido. Mai come in questi giorni ho ascoltato il silenzio, tenendomi lontano dalle canzoni e dalle pentole sbattute sopra i terrazzi. Non vuole essere un giudizio, ma solo un modo diverso, il mio, di partecipare al dolore di chi in questo momento sta perdendo i propri cari. E proprio nel silenzio che a un certo punto mi sono allontanato dai ruoli e da quello che penso di essere fino a sentirmi nessuno. Non ero più Enzo: né imprenditore, aspirante scrittore, padre, compagno, non ero più niente. E mentre non accadeva nulla ho sentito la gioia senza nessun motivo, quel senso leggero di pienezza che si prova lasciando andare obblighi e responsabilità. Tutto era perfetto così come era, così come è. A volte facciamo inutili sforzi per mantenere in vita quello che pensiamo di essere, l'idea che abbiamo di noi, e così generiamo conflitti interiori per voler corrispondere a un'immagine a cui vogliamo somigliare. L'insegnamento più grande che sto sperimentando in questi giorni, è che la vita ha le sue tempistiche, e nonostante il mio impegno, spesso vado fuori tempo perdendo il ritmo. Ho capito che se divento nessuno, torno alla mia natura autentica, lontanissima dalle etichette che mi sono cucito addosso. foglinediti

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