Enzo Zevini

Top Founder President

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“Non lo so”. Da quando è iniziata la reclusione, se penso al futuro l’unica cosa certa è che “non lo so”. Questo mi porta a pensare che ho scarsa fiducia in me, e in alcuni casi è vero. Non dico che non ho certezze, ne ho, e una è quella di sapere con assoluta certezza di non sapere. Per la mia indole curiosa, quando ho consapevolizzato che sarei giunto solo a verità frammentarie, che anche leggendo e studiando non sarei mai arrivato a una verità universale: beh, ci sono rimasto male. Il dubbio è stato sempre un mio fedele compagno, molti affermano che la curiosità è gemella del dubbio, ma anche in questa affermazione potrei rispondere “può darsi”. Ammetto che se il dubbio non fosse sempre al mio fianco, vivrei una esistenza più serena, ma lui è sempre lì, non “schioda”, non ci pensa minimamente a mollarmi. Forse è per questo che non prendo per oro colato quando parlano gli esperti, anzi, sono proprio loro, con le loro ipotesi e teorie a invogliarmi a pormi domande a cui non sempre riesco a darmi risposte, anche perché, non sempre esperti nella stessa area sono in accordo, spesso si contraddicono l’un l’altro. Ma la cosa che addirittura mi fa rabbrividire, è quando azzardano pronostici sul futuro. Nessuno può smentire che, di solito, nel tempo tali previsioni si rivelano del tutto inesatte. Tempo fa lessi un articolo dove lo psicologo Philip Tetlock dell’università di Berkeley, analizzando 82.361, dico: ottantaduemilatrecentosessuntuno casi formulati da 284 esperti, arrivò alla conclusione che la loro precisione sarebbe stata la stessa se a crearle fosse stato un computer in maniera del tutto casuale. Insomma, gli esperti parlano, fanno previsioni che il più delle volte sono sbagliate, senza curarsi che tali previsioni possono produrre effetti catastrofici. Mai come ora continuo a essere afflitto dal dubbio, e per non perdere l’equilibrio mi affido a uno scambio di battute presente nel libro "Il Dubbio" di Luciano De Crescenzo; - Solo gli imbecilli non hanno dubbi. - - Ne sei sicuro? - - Non ho dubbi! - Ma anche su questo: “Non lo so.” #foglinediti #riscrivilatuavita

Enzo Zevini

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L'amore non metterà mai a soqquadro la tua vita, al contrario metterà equilibrio alla tua esistenza. Foglinediti

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La storia di Viktor Frankl, mai stata attuale come in questo periodo di quarantena. Nonostante in alcuni momenti la vita ci costringa all’angolo, possiamo sempre scegliere come reagire alle avversità. Ad alcuni il dolore e la sofferenza fanno emergere il peggio del proprio essere, mentre in altri, le condizioni avverse, sono l’occasione per far uscire il meglio di sé. Anni fa lessi “L’uomo in cerca di senso”, un libro che ha completamente trasformato la mia visione della vita e dell’esistenza tutta. In questo "breve" post cercherò di riassumere l’esperienza, il pensiero e il prezioso messaggio di Viktor Frankl, autore e psichiatra. Questa, è la sua storia. Un plumbeo mattino del novembre 1942 lo psichiatra Viktor Frankl venne arrestato dai nazisti e deportato nel campo di concentramento di Theresiendstad nella città di Praga; con lui i genitori, il fratello, e la moglie Tilly. Nei tre anni successivi fu trasferito prima ad Auschwitz, poi a Turkheim. Nonostante le malattie infettive negli anni di prigionia, tra cui il tifo e la petecchiale, Frankl sopravvisse. Non ebbero egual sorte i suoi familiari: nessuno di loro tornò dai campi di concentramento. Frankl non si lasciò sopraffare dalla disperazione, decise invece di ricostruire il manoscritto a cui stava lavorando prima che i nazisti lo scoprissero e lo distruggessero. La possibilità di sopravvivere era a dir poco remota e quella di completare e pubblicare l’opera, impossibile. Tuttavia, prese la decisione di tentare aggrappandosi alla speranza. “Logopedia e analisi esistenziale” fu scritto su pezzi di carta racimolati e con i mozziconi di matite trovati nei rifiuti delle guardie. In quelle condizioni tutto sembrava a suo sfavore, eppure Frankl riuscì a vedere le possibilità più che gli impedimenti e con determinazione completò l’opera. Il manoscritto vergato su quei pezzi di carta stropicciata, avrebbe in futuro rivoluzionato lo studio della natura umana. Durante gli anni di prigionia, Frankl ebbe conferma di una teoria che aveva sviluppato già all’età di sedici anni: le persone che riescono a dare un senso alla propria esistenza credono di avere una missione da compiere, sono libere di scegliere le proprie reazioni anche davanti ai brutali accadimenti della vita: esse riescono prosperare in qualunque circostanza. Inoltre, per quanto disperate possano diventare le loro condizioni, rimangono fortemente attaccate alle proprie convinzioni. Oltre alle sue competenze e abilità, fu proprio l’esperienza dei campi di concentramento a dare valore e validità alla sua teoria. Viktor Frankl scelse di considerare l’orribile prigionia come situazione da sfruttare a proprio vantaggio. Successivamente scrisse della meraviglia di fronte al fatto che una persona potesse essere privata di tutto, ma mai della capacità di scegliere come rispondere alle circostanze. Egli era riuscito a creare uno spazio magico derivante dalla capacità di perseguire uno scopo, nonostante il dolore, nonostante le perdite. Su questi, aveva vinto per sempre la speranza di un futuro migliore.

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