Enzo Zevini

Top Founder President

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Se ti domandi dove nascano i tuoi sogni, allora, devi guardare indietro, alle tue origini: quando a guidarti era il Daimon, e l'essenza del tuo essere non ancora contaminata. foglinediti riscrivilatuavita

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Da giorni ho in mente una foto che ritrae me e mio cugino. Non ne conosco il motivo, non è legata neanche a un ricordo particolare. Dopo la morte di mia madre non so dove sia finita. In quel riquadro di carta ingiallita, siamo in una casa dove ho abitato nei primi anni della mia vita, di quell’appartamento non ho memoria, se non del terrazzo dove siamo ritratti, un immagine sfumata, impolverata dal tempo. Mio cugino è all’interno di un’automobile azzurra con il telaio di plastica, è una macchina a pedali, quelle dei bambini cresciuti negli anni settanta. Io sono in piedi, lo sguardo dritto sul manubrio dove lui tiene le mani, mentre le mie sono strette a pugno sul petto; negli occhi la voglia di essere all’interno, spingere sui pedali e correre via in quella lingua di mattonelle rosse. Non credo di averlo fatto. Sono stato un bambino così, di quelli che non chiedono mai. Ho vissuto gran parte della mia esistenza con l’idea di non voler disturbare: la discrezione, il tatto, li ho considerati valori, lo penso ancora oggi, anche se è chiara la radice profonda che mi ha tenuto incatenato per molto, troppo tempo. Credo di aver perso occasioni, opportunità per non aver avuto coraggio, non di chiedere, ma del coraggio che serve per sentirsi rifiutare un oggetto, un lavoro, un amore. A volte rimaniamo in attesa di una risposta, senza pensare che non abbiamo mai formulato una domanda. Di quel giorno d’estate non ho memoria di come siano andate realmente le cose, ma ricordando quella foto, ho la sensazione di non aver ottenuto quello che volevo. Avevo tre anni. foglinediti riscrivilatuavita

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La verità è che i nostri problemi non hanno nulla di unico e speciale. So perfettamente cosa succede quando indossiamo gli abiti del vittimismo; siamo talmente bravi a farli su misura che giorno dopo giorno diventano parte della nostra identità. Un "autoincantesimo" che porta alla realizzazione di una realtà affine allo stato d'animo, consacrandoci alla sconfitta. Nel momento in cui si presenta un problema: un fallimento, una relazione finita, una malattia, invece di trarne insegnamento, siamo più avvezzi a farne un'identità. Ci affezioniamo a tale stato, l'abbracciamo temendo che senza di esso perderemmo la nostra unicità, quella da gridare al mondo, come fossimo eroi che sopportano le angherie della vita. Paradossalmente ciò che genera sofferenza ci fa sentire che siamo qualcosa, e qualcosa è sempre meglio dell'anonimato assoluto. Tale stato non ha nulla di eroico, è solo egocentrismo, narcisismo puro. Siamo esseri unici, lo penso veramente, ma il nostro essere unici riguarda l'essenza, non certo un'identità acquisita, persa nell'illusione che qualcuno ci riconosca. I nostri problemi non ci rendono migliori, non hanno niente di unico e speciale, sono solo problemi, e non è la loro presenza a determinare chi siamo. foglinediti

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