Enzo Zevini
Top Founder President
Ogni volta che devo prendere una decisione mi domando se quella cosa aggiunge valore alla mia vita, se serve a uno scopo, se mi rende felice. Perchè ciò che non è necessario a migliorarmi l'esistenza, genera solo disordine. FOGLINEDITI
Enzo Zevini
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Era luglio, il giorno del mio compleanno. Avevo passato la mattinata in libreria. Le mie giornate libere, quelle belle, le passo a sfogliare pagine e a sentire l'odore che hanno le storie. Comprai tre libri che finirono a far compagnia agli altri due nello zaino. Sotto un albero, seduto su una panchina osservavo il Piave che muoveva lento le acque. Presi i libri appena acquistati, li aprii, indeciso su quale avrei letto per primo. Un uomo anziano in compagnia di un bassotto nero e marrone, si avvicina e mi chiede se può sedersi accanto a me. Ha i capelli bianchi come neve, e la pelle del colore del grano cotto dal sole. - Prego, si accomodi -, dico spostandomi di qualche centimetro, anche se non ce ne sarebbe bisogno. - Lei non è di qui, vero? - No, sono di Roma-, rispondo, e osservo i suoi occhi di un grigio così chiaro che mi ricordano la superficie di un lago ghiacciato. Mi racconta un po' la sua storia, che è stato a Roma nel sessantanove del secolo scorso, che poi è il mio anno di nascita. - Sa, ero sbarcato a Napoli dopo che Gheddafi aveva cacciato gli italiani dalla Libia, io sono nato a Tripoli. Senza un centesimo in qualche modo ero riuscito a raggiungere Roma. Volevo arrivare in Veneto dove avevo dei parenti. Era fine ottobre, o i primi di novembre: avevo freddo e fame, tanta. Mi scusi la sto annoiando. Lo pregai di continuare, e lui riprende il racconto della sua vita: della Libia, del deserto, del suo peregrinare alla ricerca del suo posto nel mondo. - Sa qual è il ricordo più bello che ho della sua città? - Il Colosseo? - Rispondo stupidamente. Sorride. - No, quello neanche l'ho visto. Ricordo un uomo che usciva da un forno, teneva per mano un bambino che stava mordendo un panino con della mortadella. Io ero poco più di un adolescente, un quasi uomo appoggiato a un muro che cercava di riscaldarsi strofinando con le mani le braccia nude, devo avergli fatto tenerezza, perché appena mi vide prese il pane, lo spezzò in due, e me ne diede la metà che sottrasse al figlio. Se penso a Roma, penso a quell'uomo, e non posso fare a meno di emozionarmi. Due cristalli liquidi gli si formarono appena sotto gli occhi, scesero sulle guance, con il palmo della mano si affrettò ad asciugarli. - Mi scusi. Mi voltai cercando di evitargli l'imbarazzo. - Dopo quanto è riuscito ad arrivare in Veneto? - Domando. - Due mesi, arrivai a dicembre, non ricordo il giorno. Ma questo se vuole glielo racconto un'altra volta. Sì alza, in contemporanea lo fa anche il bassoto che da fedele amico non si è mai mosso. - Allora arrivederci. - Oggi è il mio compleanno, mi ha fatto un gran bel regalo, il più bello che potessi ricevere. Mi fa gli auguri, sorride. Lo guardo mentre si allontana, poi rimetto i libri nello zaino, la frenesia di iniziare un nuovo romanzo è completamente sparita, perché a dirla tutta; non esiste capolavoro letterario che tenga il confronto con un anziano che ti racconta la sua vita. Della panchina non c'è più traccia, portata via dalla piena del Piave di due anni fa. Sono tornato non so più quante volte in quel posto, un'attesa vana: Il vecchio con i capelli del colore della neve, non l'ho più incontrato. FOGLINEDITI #foglinediti #riscrivilatuavita
Enzo Zevini
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