Monumento a Cavallo Pazzo
Tashunka Witko per tutti Cavallo Pazzo...
Questa grande scultura in roccia è frutto dell’idea dell'artista Korczak Ziolkowski, intenzionato a onorare la memoria di quello che viene definito “l’ultimo Sioux”. Nel 1940 Ziolkowski ottenne il benestare dai nativi americani sulla scultura a patto che venisse realizzata nelle Black Hills; alla morte dello scultore Ziolkowski l'opera fu proseguita dai suoi collaboratori, e vuole a tutti i costi celebrare con il più grande monumento del mondo la storia di uno fra i maggiori capi che i Sioux abbiano mai avuto:
Cavallo Pazzo
Una volta completata sarà la più grande scultura nella roccia mai costruita, larga 195 metri e alta 172. Per fare un paragone, le teste scolpite sul Monte Rushmore sono alte solamente 18 metri, a breve dovrebbero iniziare i lavori per scolpire la testa del cavallo.
Ai piedi della montagna c'è un modello in scala ridotta di quello che dovrebbe essere l'opera finita.
LA LEGGENDA DELL'ETNA
L’Etna è stato da sempre un vulcano? Per rispondere a tale domanda è possibile tirare in ballo una famosa leggenda. Si narra che un tempo, Encelado, il maggiore dei giganti, decise di prendere il posto di Giove e dominare così il mondo. Ma, per conquistare il trono di Giove era necessario raggiungere il cielo, ove gli Dei dimoravano. Encelado decise così di costruire una lunghissima scala, fatta di montagne. Proprio così: cominciò a posizionare le montagne una sull’altra, chiedendo aiuto ai suoi fratelli, per portare a termine questa grande impresa nel minor tempo possibile. Il desiderio di dominare il mondo era davvero troppo forte.
Gli altri giganti acconsentirono solo perché, più giovani, temevano Encelado, ma in fondo non appoggiavano l’idea. Tutti avevano paura di Encelado, il quale aveva mani grandissime e quando arrabbiato era solito sputare fiamme dalla bocca, incendiando tutto ciò che lo circondava. Un gigante dal pessimo carattere. Così, spinti dalla paura di far arrabbiare Encelado, i giganti presero il Monte Bianco, il Monte Pindo dalla Grecia e le alte montagne dell’Asia e le poggiarono una sull’altra. Non bastava: il cielo era ancora troppo lontano. Cominciarono a prendere le più alte montagne africane e proseguirono il lavoro. Giove dall’alto osservava senza far niente, fino a quando l’ostinazione di Encelado lo fece arrabbiare: scagliò sui giganti un fulmine che infiammò il cielo accecando tutti i giganti e facendoli cadere al suolo.
Un altro fulmine fu scagliato contro la pila di montagne, che si frantumò in mille pezzi i quali ricoprirono i corpi doloranti dei giganti. Encelado rimase sepolto sotto l’Etna e non riusciva, nonostante la sua grande forza, a spostare la montagna. Cominciò a buttare fiamme dal petto, le quali arrivarono fino alla vetta dell’Etna, accompagnate da un forte boato. Il respiro del gigante aveva fuso la lava che iniziò a scendere per i pendii della montagna, mettendo in pericolo tutti gli abitanti della regione. Fu questa la prima eruzione dell’Etna.
Il gigante ancora si trova sotto la montagna ed è ancora arrabbiato, scatenando tutta la sua ira con spettacolari eruzioni.
I SEGRETI DEL GIGANTE DI VILLA DEMIDOFF
“Giambologna fece l'Appennino ma si pentì d'averlo fatto a Pratolino”, recita una famoso detto popolare. E se mai avete avuto modo di osservarlo da vicino, sapete bene il perché. Questo colosso di splendore, alto la bellezza di 10 metri, è uno dei capolavori assoluti di Jean de Boulogne, semplicemente noto come il Giambologna, l’artista fiammingo che trovò la sua fortuna a Firenze, ornando la città con opere straordinarie.
Realizzato tra il 1579 ed il 1583 su un’opera di fondazione progettata da Buontalenti, l'enorme e pensoso gigante sembra essere appena emerso dall'acqua del laghetto, in quanto rappresentato dall'artista ancora ricoperto di fango e licheni. Un effetto realistico talmente impressionante e straordinario che lo trasformò fin da subito nella principale attrazione del parco.
Rivestito d’intonaco e pietra, il vero nome del gigante è il Colosso dell’Appennino, all’interno del quale si nasconde ancora oggi un vano segreto ricavato nella parte alta del corpo e nella testa. Secondo il rilievo effettuato dalla GECO (Laboratorio di Geomatica per l'ambiente e la conservazione dei beni culturali), la statua in origine sembrava uscire dalla grotta di un enorme monte artificiale, e conteneva al suo interno numerose stanze decorate con fontane, pitture, statue e automi. Gli interventi di restauro infatti hanno riguardato anche le due piccole camere ancora esistenti interne alla statua: la grotta ipogea, messa in sicurezza, e la cosiddetta “grotticina superiore”, dove è stata ricollocata una piccola statua di marmo detta “Venerina”.
Il monte artificiale venne probabilmente demolito verso la fine del 1600, quando l’architetto Giovan Battista Foggini realizzò sul retro del colosso la scultura di un drago, anch’essa restaurata. Si è inoltre provveduto a ripristinare il flusso di acqua che sgorga dalla bocca del serpente sotto la mano sinistra del Gigante. Una scala esterna, dietro l’opera del Foggini, conduce ad un’altra stanza collocata nella schiena del Gigante. Da questa si arriva a un piccolo spazio voltato all’interno della testa in cui si trova un’interessante struttura di sostegno in ferro. Tra il 1820 e il 1830 il parco subì una trasformazione in chiave romantica e, secondo il gusto dell'epoca, la vasca semicircolare del basamento venne tramutata nel laghetto che possiamo osservare ancora oggi.
A proposito di Villa Demidoff, Michel de Montaigne diceva: «La bellezza e la ricchezza di questo luogo non si possono rappresentare con la scrittura». Un luogo dalla bellezza ineffabile quindi, proprio alle porte di Firenze, precisamente nella località di Pratolino, dove il gigante si trova da oltre 500 anni. Grazie al restauro, l’area visitabile della villa è stata notevolmente ampliata per una superficie pari a 30 ettari, che si vanno ad aggiungere ai 30 della zona monumentale.
In seguito agli interventi è di nuovo possibile accedere alla parte panoramica, visitando il la Fonte di Giove, collocata proprio nel punto più alto dell’antico parco mediceo, il Casino di Caccia di Montili, un edificio realizzato intorno al 1820 da Luigi De Cambray Digny che offre uno splendido belvedere, e soprattutto le Mete di spugna, ovvero due termini naturali ricavati dalla grande spugna di 30.000 libbre arrivata dalla Corsica nel 1584 e in origine collocata al centro del prato ottagonale presso l'Appennino.