Lorenzo Manfredini

La magia del pensiero assente

2018-08-23 06:17:46

Ogni progetto, ogni piano e ogni prova sono come una pentola che va in pressione. Quando si supera una determinata temperatura, si sente il sibilo dell’aria che fa ‘ffffsss’, e a un certo punto qualcosa fuoriesce. In quell’attimo si fa esperienza di qualcosa che invita alla presenza, all’azione e alla trasformazione. Nelle prove lunghe del nuoto, della corsa a piedi o in bici, il sibilo è rappresentato dai tanti segnali fisiologici che l’atleta sperimenta: noia, fatica, dolore, nausea, nervosismo. Dico sperimenta perché in quelle circostanze l’atleta ha la possibilità di sentire, agire e reagire, in un modo del tutto speciale. Anche quando nulla viene lasciato caso (preparazione fisica e tecnica, alimentazione e dieta ottimali, etc.), la mente è all'attiva ricerca della corretta congiunzione tra vari fattori: concentrazione, decisione, autocontrollo, resilienza. All'inizio, l’atleta è nei propri panni, presente a se stesso, attento alle proprie condizioni. A proprio agio e pronto a imparare da ogni nuovo ostacolo, disagio, difficoltà, intoppo. Tutto lo arricchisce e corre spedito verso le proprie aspettative. Poi arriva il momento che si dimentica di sé e porta l’attenzione alle condizioni esterne, alle strategie da attuare, alle decisioni da prendere. La mente corre in fretta e comincia la pressione. L’atleta comincia a capire l’importanza della presenza in quello che fa e contemporaneamente scopre che l’inconveniente, in qualsiasi forma esso si presenti, può diventare un invalicabile ostacolo alla presenza. E di conseguenza alla performance. Il corpo, con i suoi segnali, entra nella mente e l’immaginazione diventa qualcosa di concreto. Il movimento diventa un mantra e le parole ripetute diventano effettive, tangibili, reali. L’atleta è lì, con un disturbo che deve cessare, un disagio che deve evaporare, presente a se stesso, all'interno di una finestra temporale, estremamente sottile e fragile, cui connettersi. Tutto diventa parte di un insieme organico quando va dentro se stesso e osserva ciò che accade. Non solo per influenzarlo ma per scoprire un mondo diverso: un corpo che si muove, un cuore che batte e la sensazione di osservarsi da fuori. In quella condizione speciale può accadere di tutto. La sensazione di poter affrontare l’impossibile, accettare il dolore, accogliere i fastidi. Semplicemente ‘andare oltre’. Quando qualcuno va oltre l’ordinario, preoccupa famigliari e amici. Ma per l’atleta, ogni evento è l’occasione per sperimentare un diverso modo di essere e di fare. E’ un atto di amore e di cambiamento. Così ce la raccontiamo quando, con Virginia Tortella, condividiamo i passaggi difficili di un’esperienza o di una prova: si accetta ciò che accade, si realizza l’arcano dentro di sé, si cresce attraverso le difficoltà, si sperimenta la consapevolezza. La paura scompare e anche quelle passate, grazie all'accettazione della loro chiamata, si dissolvono nella magia di un pensiero assente.

Lorenzo Manfredini

'La consapevolezza di vivere in un contesto' di Lorenzo Manfredini

2018-08-21 14:49:07

Con la minore attenzione rivolta a ciò che accade intorno a noi, la velocità con cui cerchiamo scorciatoie al soddisfacimento dei nostri bisogni, l’intensità con cui leghiamo le emozioni ai ragionamenti, sta diventando sempre più debole lo sfondo educativo che esercitano contesti fondamentali come la famiglia, la scuola, la società, il lavoro, la politica. Eppure lo sfondo che determina la nostra esperienza riguarda proprio la consapevolezza del contesto, insieme alla nostra capacità di decodificarlo in azioni, comportamenti e principi ordinati e coerenti. L’esempio di certuni che pensano che il denaro debba essere la cosa più importante da realizzare, nel minor tempo possibile; che l’impegno non debba conseguirsi ‘ora’, ma ‘dopo’; che l’immagine esteriore sia la cosa principale da realizzare, pena sofferenze psicologiche ed esclusioni; che avere tanti amici e like su Facebook e Instagram, sia la cosa più esclusiva; che il dolore debba prevalere sulla ragione; e la lista potrebbe essere lunga sulle scorciatoie della vita, ci dice che c’è una palese confusione tra ciò che si osserva, ciò si dice e ciò a cui si dà importanza. La consapevolezza di vivere in un contesto è fondamentale. Ci aiuta a comprendere la complessità della nostra esperienza attraverso la ricchezza di elementi, tessuti insieme, che sottolineano la continuità, la distinzione, la sottigliezza, le differenze con cui esplicitiamo le nostre azioni, idee e motivazioni. Insomma, la terra non è quadrata e la realtà è complessa. Comprendere cosa è pubblico e cosa è privato, cosa è pertinente o meno, cosa è praticabile e non, cosa è vitale e cosa è evolutivo, etc., costituisce un’importante capacità regolatoria personale, relazionale e sociale, da cui non si può prescindere, pena una vita di significati deboli. Per non dire superficiali. Non possiamo dire o fare tutto quello che ci passa per la mente, perché tanto siamo spontanei e abbiamo il diritto di dire tutto quello che vogliamo. Il contesto ci ricorda in quale situazione ci troviamo e quale significato hanno i nostri messaggi e comportamenti, ma soprattutto ci ricorda di esercitare il ‘buon senso’ nel trasformare la nostra comunicazione quando è necessario e nell'adattarla alle circostanze. A seconda dei momenti, la confusione che determina la mancata lettura del contesto, la possiamo definire come una ‘miopia’ intersoggettiva, relazionale, comunicativa, situazionale. In pratica, la debole connessione tra il ‘dire’ e il ‘fare’ rende l’esperienza comunicativa men che pragmatica. La rende assurda, per non dire ‘sciroccata’. Cosa consigliare allora a genitori, insegnanti, educatori, politici, etc, che hanno a che fare con figli, studenti, collaboratori, platee, che non sanno ‘come si apprende’ e ‘come si fronteggiano nuove esperienze e bisogni? Il consiglio, è di mantenere ben acceso il livello delle ‘domande’, quelle, in particolare, che facilitano i cicli evolutivi, quelle che danno voce all'espressione delle emozioni e degli affetti. Quelle che cercano il significato profondo degli avvenimenti. In famiglia e nei contesti terapeutici ciò è più facile. Ma in tutti i casi è bene entrare nello specifico di ogni circostanza, nella sua complessità e articolazione, con domande tese a costruire qualcosa di utile per l’insieme. Fare domande, non sui fatti ma sui significati, favorisce relazioni sane dove i rimandi, le costruzioni dei punti di vista e gli universi di ciascuno si affacciano e si integrano senza escludersi.

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Lorenzo Manfredini

E’ una questione di salvezza: mescolare ingredienti vitali http://www.stepconsapevole.it/blog/sinergie-di-lorenzo-manfredini

2018-08-21 14:46:41

Si va in meridione e si rimane colpiti dalla partecipazione di famiglie e amici che si ritrovano la sera fuori casa con sedie e tavoli a pasteggiare e chiacchierare amabilmente. Un amico è in difficoltà, chiede aiuto, e si mobilitano parenti e amici. Crolla un ponte, si verifica un terremoto o un’alluvione, come è successo di recente, e scatta una solidarietà senza precedenti. Sono tutte forme di aiuto e sinergie che non riguardano il ragionamento ma il cuore. O perlomeno quell'istinto, quella sensibilità, quella generosità che attribuiamo all'essere umani. Anche nel lavoro si parla di sinergie quando più persone, professionisti, imprenditori, industriali condividono energie, attività, idee, prodotti. Senza giudizio, senza critica, senza competizione cercano la bellezza, le diversità, il cuore dell’altro, per creare qualcosa di buono e utile, a se stessi e alla comunità. Di recente ho conosciuto l’Avv. Umberto Baglietti (responsabile di Sinergie Commerciali, società di Ferrara, impegnata proprio in questo tipo di attività) e mi sono reso conto che bisogna proprio fare un salto di qualità: sentire e parlare con il cuore, mettere insieme ciò che unisce e fare con coerenza ciò che crea benessere e fuoco interiore. Qualcuno riesce a farlo in modo naturale, come ho visto in Umberto. Acquieta il cuore quando condivide con gratitudine ciò che lo ha arricchito, conoscendo persone speciali, partecipando ad esperienze di crescita personale e trasmettendo il proprio sapere. Altri hanno bisogno che venga loro ricordato di agire e impiegare le energie in cammini diversi dal solito. In tutti noi, comunque, è presente la ricerca di una via speciale che unisca ragionamento (‘fare ciò che si deve’) e cuore (‘agire in sintonia con il proprio sentire’). Quando si parla di condivisione, collaborazione, sostegno, aiuto, c’è qualcosa che attinge a una sensibilità profonda in grado di spegnere il cervello della critica e del giudizio. Vedere senza vedere, ascoltare senza parlare, muoversi senza essere nella ‘testa’. Stare un po’ al centro del ‘cuore’. Ed è lì, nel cuore, quale simbolo di aspetti squisitamente umani, che si scopre la via dell’essere coerenti, non con il ragionamento, non con ciò che funziona, ma con ciò che si sente. Un sapere affatto silenzioso e intimo. Agire per mettere insieme le forze, dunque, è una prerogativa della nostra genetica, intelligenza e creatività. Ci cambia la vita. Ma qual è il problema? Che siamo bravi attori! Sia che si chiami orgoglio, presunzione, autocompiacimento, qualcosa ci dice che dobbiamo scendere dal piedistallo della razionalità e delle maschere. Smettere di controllare tutto e tutti, e cambiare punto di vista. Assumere cioè un atteggiamento amorevole e collaborativo verso la vita in quanto tale. Sentendo più amore verso il mondo, le relazioni, l’amato, l’altro, il diverso, possono esprimere la loro presenza. ​ Qualcosa di speciale si affaccia alla nostra consapevolezza ed in quello specchio troviamo la sinergia di cui tutti parliamo e di cui vorremmo avere testimonianza: presenza a noi stessi, profondità d’animo, amore per il mondo, apprezzamento dell’altro. Insomma, bellezza: contemplazione di ciò che appaga l’animo e sinergia delle cose che conseguono uno stesso fine.

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