Lorenzo Manfredini

'Ma-rana-tà: la voglia di realizzare un'opera' di Lorenzo Manfredini

2018-07-13 07:48:03

La noia dei lunghi tragitti e la ripetizione degli stessi movimenti per migliaia di volte, come nel nuoto, addormenta il cervello. Per un po’ fa bene, la noia libera e svuota i pensieri, ma se si arriva a sperimentare la percezione del vuoto e del nulla, fino all'assenza del pensiero, mancano gli stimoli per fare qualsiasi cosa. Se vediamo la noia come quel meraviglioso sentimento umano che non può trovare pace in nessuna cosa terrena, allora possiamo elevare la noia a inestimabile occasione di conoscenza personale. Niente la può soddisfare e al contempo può diventare la molla per andare oltre e scoprire i germogli di segrete passioni e attività. La noia non è solo nausea esistenziale, tedio della vita o salvavita naturale, è un vero e proprio inno alla forza propulsiva del logoramento e dello stancarsi di fare la stessa cosa. Oltre quella finestra c’è altro, c’è l’oltre confine, qualcosa di inesplorato, sia dentro che fuori. Soprattutto dentro. Nella vita di tutti i giorni ci difendiamo da questa condizione con il fare coattivo e compulsivo, e con stimoli sempre nuovi, ma nello sport si tratta di trovare in chi la vive le strategie per riconoscerla e mitigarla. Vediamo cosa succede quando ci si annoia per fatica, logoramento e stanchezza. Si riduce il campo dell'attenzione, della concentrazione, della memoria e della capacità associativa del pensiero. In quelle circostanze si diventa senza stimoli e l'IO si spegne. Ci si trova messi all'angolo di un ipotetico ring mentale, con la necessità di alzare la testa, uscire dall'angolo e trovare un nuovo respiro alle cose. Per lo sportivo, si tratta di rimanere attivo con i sensi e il corpo, al mondo emozionale, mentale e spirituale, e di tradurre in narrazione e musica, movimenti e ritmi, i pensieri e i gesti che si sono ‘temporaneamente’ disallineati. Nella noia, corpo, emozioni e mente, viaggiano per conto loro. Le strategie individuate con Virginia Tortella per le sue prove di nuoto prolungato, sono universali. Abbracciano tutti i livelli e il suo speciale tipo di allenamento sta diventando un’occasione unica per sperimentare diversi metodi utili a contrastare la noia. Ogni atleta, naturalmente ha le sue strategie, ma quelle che propongo di seguito rappresentano un percorso da sperimentare con interessanti risvolti. Quando ci si annoia, la prima cosa che si perde è la narrazione, il racconto, la storia e la continuità della propria avventura. Gli stimoli sembrano assenti. Quindi, la prima strategia diventa quella di ingannare la mente richiamando la storia degli inizi, raccontandosela in modo nuovo e replicando nella mente le parole più significative. Però non basta. Quale atteggiamento potrebbe aiutare a godere di un ‘momento’ spiacevole? La dissociazione corpo mente sembra essere una delle strategie più efficaci. Si va avanti anche se la testa non ce la fa. Ma la testa ‘deve’ esserci e ‘può’ fare la differenza. Così la strategia propugnata da diversi atleti e allenatori - ad esempio, Orlando Pizzolato nella maratona - è quella di essere ‘pazienti’ nell'attraversare le varie fasi del disagio. La strategia delle strategie diventa allora vivere quello che accade, al meglio. Vivere il presente, ‘qui e ora’, godendosi paesaggio e percorso. Una speciale strategia che riguarda la consapevolezza e il ricordo di sé in azione: una forma di ricentraggio e ristrutturazione del pensiero, che consente di vivere il momento presente e riprendere il proprio ritmo: si accettano le variabili e ci si concede un'altra possibilità e un'altra prospettiva. Quando ci si annoia, il corpo si fa sentire con disagi e somatizzazioni, il dolore e la fatica diventano un martello. In quei casi può essere utile ricordare e ripetere mentalmente una canzone, una poesia, un mantra, una preghiera. Tutti elementi che possono spostare l’attenzione e riavviare temporaneamente nuovi equilibri ed energie. Continua ... http://www.stepconsapevole.it/blog/ma-rana-ta-la-voglia-di-realizzare-unopera-di-lorenzo-manfredini

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Lorenzo Manfredini

'Ama ... tutto!' di Lorenzo Manfredini

2018-06-19 08:17:03

Affrontare giornalmente realtà complesse e cercare di risolvere i problemi della famiglia, tutto sommato, per una mente brillante, è quasi un gioco. Affrontare le categorie interiori del tempo che si deforma o la percezione senza significato della realtà che scorre, è come camminare nel buio delle proprie contraddizioni. Non è più un divertimento. E cosa si nota? Una mente in allarme e un corpo in rivolta. Facciamo un passo indietro. Fin da piccoli ci si nutre di cibo, latte, vitamine, ma dove è mancato il ‘calore’ (quella sottile vibrazione di amore, accettazione e vicinanza), la ricerca adulta di un corpo caldo o di un ruolo amorevole, incontra una dualità prorompente: il bisogno di essere con e per gli altri, sempre; e contemporaneamente da soli con se stessi, senza eccezione. Quando si ama profondamente il proprio compagno o i propri figli, l’attaccamento diventa una necessità. Da una parte nutre, ma dall'altra imprigiona. Si fa di tutto per stare insieme, uniti, e quando il bisogno è compiuto, spesso si litiga e si cerca la solitudine. Quando si è separati, si ha fame di calore e di vicinanza, ma quando si è vicini ci si vorrebbe allontanare e stare soli. Un dilemma. Le nostre relazioni hanno bisogno di conferme, il corpo ha bisogno di compagnia, la nostra anima ha bisogno di solitudine. Come si risolve questa condizione che rende, a un certo punto della vita, infelici? Non con i sintomi di un corpo che si ribella o con una mente che impazza, bensì con l’accettazione di un ritmo che a volte soddisfa i bisogni relazionali, altre volte quelli dell’anima. A tratti si sta con tutti e a tratti si sta da soli. Questo è il ritmo. Questo è il mutamento di prospettiva. Nessuno dei due è più importante, bisogna solo accettare l’armonia che viene da una disillusione: tu non sei il centro del mondo, io non sono il centro del mondo, entrambi, tu ed io, siamo la soglia per essere nel mondo.

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Lorenzo Manfredini

'La musicalità del corpo' di Lorenzo Manfredini

2018-06-15 07:51:23

Nello sport come nella vita si cerca incessantemente un centro interiore di riferimento attraverso il quale conoscersi, entrare in se stessi e sentirsi bene. Sentirsi centrati e fluire nelle cose che si vivono è una conoscenza che si attua attraverso l’esperienza del corpo. Così quando la ricerca della propria miglior condizione passa attraverso l’addestramento della palestra, ci si accorge che l’allenamento non basta per interpretare il proprio gesto atletico; non bastano i muscoli ipertonici che pure gratificano un apparente senso di sicurezza; non bastano spaventosi carichi di lavoro, perché si perde l’armonia dei propri movimenti. Per fluire nell’esperienza del corpo occorre entrare dentro di sé in modo cosciente per percepire, per avere il sentore, di che cosa significhi essere nel posto giusto, nel momento giusto, con l’energia giusta e i movimenti armonici. Occorre scoprire non solo la tecnica corretta o agire una concentrazione spasmodica, occorre sentire la propria energia e il proprio centro quale guida della propria consapevolezza: un’azione guidata dal potere vero dell’armonia corporea. Nel bel mezzo della lotta, si può scoprire che la musicalità del corpo risana la propria anima. Il conforto che i movimenti armonici e consapevoli regalano, è un’esperienza rivelatrice: può cambiare la prospettiva di un atleta rispetto alla sua vita e sentirsi liberato dalla pressione di diventare un campione affermato, ma infelice. Per non sentirsi soli, alla periferia di se stessi, immersi nell'apparente circo del successo, occorre trovare il proprio centro e suonare la miglior musica del corpo: il sorriso, il piacere, il gusto di uno sportivo felice che muove il proprio corpo come la propria vita. www.apneaconsapevole.com

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