Lorenzo Manfredini

'Sport: la passione' di Lorenzo Manfredini

2018-06-14 05:50:29

Se manca la passione in quello che si fa, mancano le mani che impastano le esperienze, mancano gli occhi della fantasia, mancano gli investimenti amorosi, manca l’immaginazione, mancano le reti neurali che disegnano nuovi significati alla vita. In altre parole manca l’attenzione, la coscienza, la motivazione, l’interesse, come dicono gli psicoanalisti, verso l’oggetto su cui si è fissata la libido (l’energia psichica che sostanzia ogni spinta vitale verso la sessualità, il cibo, la religione, lo sport, l'arte). Se scarseggiano gli aspetti cognitivi, emotivi e motori del desiderio, ci si sente in generale deconcentrati, anergici, spenti e senza obiettivi. In poche parole, ci si sente impauriti dalle novità della vita. Al contrario, quando ci si innamora del proprio sentire, agire e reagire, si accreditano emozioni positive che affrontano l’ignoto con il suo naturale portato di ansia e di stress. Si affronta il nuovo con la meravigliosa sensazione di sconvolgere le abitudini della propria vita. Quando avviene, l’euforia del nuovo, l’oggetto di ogni nostro interesse acquista un valore inestimabile. E’ vero che in quei momenti diminuiscono le nostre capacità cognitive di ragionamento ponderato e di giudizio, ma accresce la fiducia in noi stessi e la rapidità del pensiero, si è più lucidi mentalmente e più concentrati, si è più focalizzati sui particolari. Essere appassionati vuol dire aprirsi a canali e connessioni neurali mai utilizzate. Il fatto è che il cervello per funzionare al meglio, e quindi attivarsi efficacemente, ha bisogno di reti che si eccitino in maniera selettiva in modo da ridurre al minimo il rumore di fondo, i fattori distraenti. Un po' come quando si osserva il panorama con l'ausilio di un cannocchiale. Avremo una visuale più dettagliata delle cose ma anche più ristretta. Una migliore percezione dei particolari che va a scapito dell'insieme. Nel cervello questo processo di focalizzazione se si irrigidisce rende difficile se non impossibile esercitare in maniera dinamica quelle capacità che devono integrarsi di analisi e sintesi, deduzione ed induzione, necessarie per un corretto funzionamento cognitivo. E ciò è necessario per le inevitabili e mutevoli condizioni di approccio nei confronti della realtà con cui volta a volta ci misuriamo. E’ per questo che il nuovo spaventa: accresce la perdita dell’autocontrollo e la visione d’insieme. Quindi, dobbiamo pensare all'esercizio della passione come ad un coinvolgimento che se da una parte si nutre di novità e le cerca, dall'altra cresce con le nostre competenze cognitive di equilibrio e sicurezza.

Lorenzo Manfredini

'Psicologia dello Sport' di Lorenzo Manfredini www.apneaconsapevole.com

2018-06-13 04:59:20

La psicologia dello sport è nata per rispondere alle domande di conoscenza dei processi psicologici che guidano la prestazione motoria, di apprendimento e di incremento delle prestazioni, di influenzamento delle percezioni psicologiche e dei risultati di atleti e gruppi. Ma la domanda più intrigante è stata: ‘concretamente, come si fa a fare di più e meglio?’ La sfida innovativa di questa branca della psicologia è stata quella di avere cercato di rispondere alle domande poste dal mondo sportivo in modo pragmatico e multidisciplinare. Ha, infatti, stimolato gli atleti a formulare i propri bisogni con domande appropriate, li ha aiutati a chiarire meglio i propri scopi e ha potuto intervenire con strategie multiple, aumentando la flessibilità dei comportamenti. La sfida dell’atleta e delle squadre, invece, è stata quella di avere un approccio psicologico alla propria esperienza per riconoscere e percepire i numerosi fattori che influenzano la propria disciplina. Non solo quindi allenamento tecnico, ma allenamento all’attenzione, all’osservazione, alla preparazione mentale, alla motivazione, alla gestione dello stress. Da questa prospettiva praticare uno sport (l’apnea sportiva ne è un esempio) diventa allora una grande opportunità di crescita dove il motto è: ‘ascoltare, osservare, imparare, mettere in pratica e se non funziona provare qualcosa di diverso per crescere, come atleta e come persona’.

Lorenzo Manfredini

'E tu, ci credi?' di Nicolo' Manfredini

2018-06-12 05:40:51

http://www.nicolomanfredini.it/blog/e-tu-ci-credi-di-nicolo-manfredini Sono solo un Portiere. Mi alleno ogni giorno, mi confronto con allenatori e compagni, ma dietro la porta sono solo. Come tutti, nel mio ruolo. Cerco di migliorarmi quotidianamente sia sul piano fisico, tecnico/tattico che mentale, per interpretare e decidere al meglio ogni situazione che mi si pone davanti, cercando di applicare diverse strategie, ognuna con la sua utilità, durata ed efficacia. Tuttavia ho imparato che non è possibile avere una sicurezza totale in ogni situazione e che c’è differenza tra le prestazioni effettuate in allenamento e quelle in gara. Quindi, quando mi trovo di fronte a situazioni difficili - che si tratti di una gara importante, di un allenamento, di una riflessione post partita o di una analisi approfondita su di me - se vado al fondo dei miei ragionamenti trovo molti imput su cui riflettere e di cui far tesoro. Cosa voglio veramente offrire di me e delle mie prestazioni? Questo è dove tutto ha inizio. Inizia una partita e tutto si affolla: sensazioni, emozioni, pensieri; compagni, squadra, società, pubblico. E mi chiedo, ‘Come posso mantenere la concentrazione, senza abbassare mai la guardia?’. ‘Come posso fare un passo alla volta in ogni singola azione?’. Come posso fare sempre la scelta giusta? Tutto inizia lì. Qual’è il nostro giudice, quello sugli spalti, quello del campo o quello interiore? Il ‘giudice’ è come uno specchio che esaspera l’errore, che riflette la paura, che accresce il giudizio, che enfatizza la colpa. Quando riesci a trovare la giusta chiave di lettura, diventa relativamente più facile agire con chiarezza e convinzione. Sicuri dei propri mezzi. Devi capire bene chi è il tuo ‘giudice’ e come ‘accettare’ l’errore quando accade. Da esso dipende la gestione delle tue emozioni e delle tue decisioni. Quale parte di noi agisce in tutto questo? C’è una massima che dice: ‘Un’azione è buona se chi la compie conosce sé stesso!’ Non è mai esattamente chiaro come si gestiscono le emozioni e come le si canalizza nella giusta direzione. A volte ci si blocca e a volte si racconta la storia di miracoli e successi. Una tecnica molto utilizzata è il codice della visualizzazione ideomotoria e/o il codice verbale del dialogo interno, alla ricerca del timing giusto, delle esatte sequenze di movimento, della corretta lettura delle azioni di gioco, ma non funzionano sempre allo stesso modo. Ci sono tante componenti e variabili che possono sviare le migliori intenzioni. E’ una questione di centimetri, di posizione, di interpretazione. Si può far tutto giusto, ma perdersi nel dettaglio fatale. Che cosa aiuta ad andare oltre il giudizio negativo? Qualsiasi azione ha un’intenzione e uno scopo. Soprattutto l’errore. Il problema è quello di riuscire, in tempo reale, ad estrapolarne dei significati positivi. Se ci si riesce si stimola l’atteggiamento combattivo e costruttivo. Si stimola il guerriero che attraverso le prove più difficili, cresce. Se non ci si riesce si soccombe alle proprie emozioni e s-valutazioni. Come riesco ad allenare la resilienza? Per avere una marcia in più e la corretta risposta agonistica, la freccia che ferisce, da qualsiasi parte provenga, deve essere tolta per continuare, con la forza del coraggio, a combattere. Non siamo mai completamente sicuri. C’è sempre una paura che ci confronta con i nostri ‘mostri/geni’ interiori. Si tratta di esserne consapevoli e di allenarsi deliberatamente per credere sempre più in sé stessi.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36