Lorenzo Manfredini

Pezzo Unico

2018-09-30 09:50:16

Quando non sei presente in casa, al lavoro, in piazza rimane l’odore di chi sei. Gli altri lo sentono e lo plasmano arricchendolo delle loro opinioni. Nelle tue proiezioni pubbliche c’è l’alone di come vieni percepito e monitorato.

Lorenzo Manfredini

Cambiare vita

2018-08-25 12:22:21

Se si decide di partecipare ad un Master in Coaching o a una formazione di Counseling, è un po’ come innamorarsi della vita e delle sue conseguenze. Si parte entusiasti, alla ricerca di condizioni personali, relazionali e lavorative, più attenti a ciò che serve per realizzare una vita piacevole e felice. Si parte entusiasti, appunto, con una o più decisioni: ‘voglio uscire da una situazione che non mi soddisfa, voglio cambiare me stesso e migliorare alcune abitudini, voglio migliorare le mie relazioni, voglio cambiare lavoro, voglio migliorare il mondo in cui vivo’. Ci si mette in gioco e si parte. Curiosità, entusiasmo, innamoramento, sono le prime reazioni. Voglia di cambiare, imparare sempre di più, progettare, sono i passi successivi cui occorre mettere le gambe. Dopo la luna di miele ormonale dei primi mesi, però, ci si accorge che bisogna tenersi attaccati ai gioielli e alle liane, e cioè alla realtà. E quello che sembrava un progetto ’Oléé’, parte in salita. Ci si accorge che stare dalla parte dell’osservatore, del discente, dell’ideatore, non basta. Occorre diventare altro: project manager, motivatore, venditore di se stesso, abile tecnico delle strategie apprese. Insomma, persone di spessore, competenti traduttori di idee innovative. Questa fase è la più difficile e dura anni. Sembra non finire mai. Si inizia ad applicare ciò che si è appreso con se stessi, soprattutto, con i famigliari, con i colleghi e collaboratori di lavoro, facendo tirocini in strutture private o pubbliche, e si progetta qualcosa che possa far presa, non solo in termini di ’aiuto sociale’, ma in termini di professione. E cioè di un lavoro redditizio. Non ci si può sbagliare, la transizione è complessa e necessita di ‘buon senso’ e di determinazione: bisogna costruire una ‘casa’, uno studio, una reputazione. Il buon senso dice: ’rimani tranquillo nella tua posizione lavorativa, se ce l’hai’. Essere una persona ‘occupata’, diminuisce l’ansia della ricerca. Inoltre, è difficile valutare se il lavoro futuro potrebbe essere ‘migliore’, per i più diversi motivi, da quello attuale. Inoltre, non si può agire impulsivamente. Occorre implementare le proprie azioni in modo ‘comportamentale’, cioè facendo, e solo dopo aver fatto (studio, progetti, contatti, manuali personali, esercitazioni, etc.), progredire per dar seguito ai propri sogni. Agire con determinazione vuol dire impiegare, per il proprio progetto, un ‘tot’ di tempo al giorno, al di là di tutte le occupazione ordinarie, magari aiutandosi con un diario giornaliero delle idee e delle azioni. Le nuove professioni obbligano a tenere aperti i canali della curiosità con le domande più dirette: ‘perché voglio farlo? E in quanto tempo soddisferò le condizioni necessarie?' Ciò aiuta a comprendere meglio se stessi e il mondo, e a mantenere con lucidità, timone e rotta. Se si è determinati, si realizzano colloqui, contatti con colleghi, reti professionali, e si prepara il terreno per il grande salto. In pratica, non ci si alza in volo come ’Icaro’, non si bruciano i ponti dei ‘presunti nemici', ma si pianifica con attenzione, molti buoni insight e un pizzico di follia, la possibilità di re-interpretare la propria vita. Tutto ciò succede? Succede!!

7  
Lorenzo Manfredini

Cane felice: lui è lui!

2018-08-23 14:34:05

Per alcune persone, l’amore per il proprio cane è totalizzante. E’ famiglia. E quando il cane comincia a manifestare gli acciacchi degli anni o si ammala, la paura di perderlo, mette in campo ogni sforzo per sapere cosa stia accadendo e potervi far fronte. In momenti così dolorosi e angoscianti succede di tutto: le corse dal veterinario, dibattiti in famiglia, pianti, ricordi di altri lutti. Insomma, una situazione infelice, all'ombra di uno stato di impotenza dove la mente va sotto scacco. Dato che mi capita spesso di condividere questo tipo di esperienze, propongo un’interpretazione diversa di come far fronte al possibile lutto, sofferenza e impotenza, che in queste circostanze si vive. Chi è il protagonista della sofferenza? E’ la nostra mente con la sua naturale capacità di identificarsi, organizzarsi e umanizzare ogni esperienza e relazione, cane compreso. Attraverso l’identificazione, i meccanismi protettivi e di controllo della mente, fanno sì che il cane diventi il prolungamento della nostra identità. Il cane diventa noi e la sua perdita diventa una sofferenza infinita. Che spesso non possiamo tollerare. Ma il cane è il cane e noi siamo noi. Lui, soprattutto, è lui, con il suo vissuto ed esperienza. Va accompagnato nel suo modo di essere e di vivere, possibilmente non con ansia o catastrofismo. L’intenzione che sta dietro gli sforzi di bilanciare la sofferenza è autoprotettiva e legittima, naturalmente, ma l’interpretazione dei fatti, cioè che il cane sta male e di conseguenza 'noi stiamo male', è sbagliata. E’ legittima, ma è sbagliata. E quali sono i fatti? Che il cane non è il prolungamento della nostra mente, come non lo è un membro della nostra famiglia, o amico. Il cane non è una nostra ‘proprietà’. Con il nostro cane siamo entrati in relazione, abbiamo investito il nostro affetto, ci ha confortati ed emozionati, ma lui è lui e ora sta facendo la 'sua' esperienza. Vogliamo veramente essergli vicino e fare qualcosa di buono che fa bene anche a noi? ​ Abituiamoci a una nuova fase della vita; ricordiamo le cose belle vissute insieme, ma pensiamo che lui è il nostro cane felice, che lui è lui, e che la morte non è la nostra morte, ma la sua e nostra, esperienza. Di cui andarne fieri.

2  
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36