Lorenzo Manfredini
CORONAVIRUS E RESPIRO: 'mérde' o ossigeno? Ancora due parole sul Coronavirus e l'influenza che spegne l'anima. Ne sono successe di cose ultimamente. Si vuole sapere chi scambia la vita per la sicurezza, chi stimola la paura e chi decide nell'indifferenza. Si vuole sapere chi si approfitta dei momenti difficili, chi ha il cuore di pietra e l’anima insensibile. Si vuole sapere perché accade tutto questo e come affrontarlo. In queste circostanze, ci rendiamo conto che il tempo non si utilizza in modo alternativo e non ci arricchisce come persone. Muoversi in fretta, comprare il cellulare all'ultima moda, accedere all'ultima notizia, entrare nei giochi amministrativi, ci seda, ci intorpidisce, ci confonde e ci fa perdere ‘gravità specifica’: l’essenza di chi e cosa siamo. Quali strumenti abbiamo, ci chiediamo Umberto Baglietti (Formatore e Coach) ed io, per affrontare questo momento panico? Basta respirare in modo consapevole, mangiare meglio, muoverci di più? Solidarizzare? Bastano queste cose, pur molto apprezzate e positive, per derogare i pagamenti di bollette e mutui? Lavorare sopravvento e/o riorganizzare la propria vita? In momenti come questo, tutti i buoni consigli e gli aforismi che leggiamo su ogni social sembrano chiacchiere che irritano. Almeno a me fanno questo effetto. Non incidono realmente sul momento che viviamo. La realtà di ogni giorno è immensamente più complessa di qualsiasi interpretazione. Dietro ogni risposta c’è, sempre più nidificato, un nuovo problema da affrontare. E nuove domande da soddisfare. Quindi, cosa serve davvero in questi momenti così difficili? Ce lo chiediamo, sia come persone che come professionisti dell’ascolto e dell’aiuto. A cosa serve sapere che una persona è stata diagnosticata, ospedalizzata, intubata e che, intorno a lei, la famiglia si è fermata in angosciosa attesa? Che diversi centri abitati sono diventati zone rosse e i suoi abitanti contagiosi? A cosa servono queste informazioni così dettagliate? E così invadenti!? Probabilmente, le informazioni date dai media servono a solidarizzare, a sviluppare empatia verso i deboli e a dare informazioni utili. Tutte cose buone, naturalmente, ma come fa una persona a digerire questa massa di informazioni che fluttuano nella sua mente, di giorno e di notte. Come si fa a depurare la mente dall'attrazione perversa che il disagio altrui e i problemi di una comunità attirano? Come sappiamo, il pensiero influenza la chimica delle emozioni e le notizie che arrivano si materializzano come spazzatura nella nostra economia interiore. E allora, cosa serve per stare bene con noi stessi nonostante tutto? Occorre fermarsi, affidarsi al buon senso di ciascuno e cercare spunti interessanti, soprattutto. Fare pulizia dei pensieri inquinanti, ad esempio. Riconoscere i propri bisogni e ripartire proprio da lì. Non dalle urgenze, ma dai bisogni. ‘Mi ascolto, sento di cosa ho necessità’. Probabilmente basta poco. Mentre ci si addentra nel fiume panico, può essere utile cercare persone e fonti che mostrino prospettive positive. Che ci restituiscano una lettura della realtà fluida, flessibile, nuova. Non siamo abituati a stare nell'incertezza e nella precarietà. Eppure, sempre più persone, la vivono così. Una realtà fluida e sempre più paludosa. Ci dobbiamo adattare. Come professionisti dell’aiuto, abbiamo bisogno di trasferire alle persone che ci circondano, un modo di vivere la precarietà come progetto, azione, cambiamento. Proponendo scenari non speculativi, ma orientati alla salute olistica. Magari riuscendo ad aprire un cassetto dei sogni e mettendo mano a qualche progetto. Soprattutto quelli generati dalla magia di intuizione e passione. Oggi, non possiamo più guardare alla sicurezza o alla pensione come un punto di arrivo. Oggi ci dobbiamo regalare una nuova prospettiva. E può essere utile, come succede al Pinocchio di Carmelo Bene, che invecchia ma non cresce, super
Lorenzo Manfredini
'Coronavirus: vivere e sopravvivere senza morire dentro' di Lorenzo Manfredini L'infodemia, ovvero la circolazione di troppe notizie non accurate, confonde e disorienta. Prendiamoci cura di fonti esteriori e interiori affidabili. ‘Non vorrei rispondere al telefono’, mi dice la direttrice dell’albergo dove ho prenotato per un convegno che ho dovuto disdire a causa delle iniziative prese per contenere il Coronavirus in Veneto. Sta accadendo qualcosa di molto spiacevole che riguarda l’economia, la società, le istituzioni, le persone. Non siamo attrezzati e così, a cascata, dalle riunioni del presidente del consiglio e della protezione civile, alle riunioni delle singole istituzioni, aziende, famiglie, si cerca tutti di dare risposte a qualcosa che tocca in profondità i nostri equilibri emotivi, i nostri comportamenti, le nostre abitudini. Si sperimenta una situazione di incertezza, soprattutto! Una manager mi dice: ’ma come faremo se questa crisi si protrae per un periodo prolungato? Tre mesi, sei mesi, come si ipotizza? Avremo perdite che non sappiamo prevedere. Altro che Coronavirus!’. E’ la paura che uccide, è l’istinto che prevale, è l’angoscia che ti assale. Non il Coronavirus!’. Manca l’immagine di un futuro alternativo possibile, mancano le strategie di contenimento di una crisi che è sociale e personale. Mancano le coordinate di fiducia nelle proprie capacità di rispondere a questa ‘influenza’ subdola. Temiamo per il nostro stile di vita. Temiamo di non poter sostenere, davvero, i cambiamenti che ci aspettano. Prevale il sistema limbico e con esso il sistema immunitario, con cui dobbiamo collaborare con buon senso e con comportamenti razionali, ma soprattutto creativi. Bisognerà sapersi fermare, chiedersi di che cosa abbiamo veramente timore e scopriremo che non è la morte che temiamo e nemmeno la sopravvivenza. Il mondo non si ferma e continua a girare. Piuttosto, ciò che temiamo è la paura, è l’ansia, è l’impotenza del nostro Io che in questi casi, preso dal panico, chiude le strade all’immaginazione, alla creatività, alle opportunità. Anche quella di fare un passo indietro e uno dentro dove recuperare quel respiro che sa affrontare l’emergenza del Coronavirus, non come una catastrofe, ma come una opportunità per riequilibrare valori, forze e prospettive.
Lorenzo Manfredini