eustachio SANTERAMO
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La parola del giorno è Assembramento [as-sem-bra-mén-to] SIGN Riunione occasionale e disordinata di persone, specie all'aperto da [assembrare], derivato del francese [assembler], ottenuto dal latino [simul] 'insieme', col prefisso [ad-] 'verso' e il suffisso verbale, attraverso la forma ipotetica [adsimulare]. L'altro giorno sono andato a fare la spesa. Agli scaffali delle farine — più interessanti del solito — si era raccolto un manipolo di persone, che, pur standosene a debita distanza le une dalle altre mentre squadravano rapaci gli scaffali (almeno io li squadravo rapace), creavano un addensamento da dissipare. È sopraggiunto un addetto, che passando indaffarato ci ha ammoniti "Troppo assem... troppo assem...blaggio". Si sente parlare di assembramenti molto più spesso di quanto fossimo abituati a sentire: un termine dal significato semplice, che però da un lato mette molti davanti agli imbarazzi di una parola poco battuta, dall'altro stuzzica le persone sollecite nel correggere gli errori altrui. Ebbene, se il termine 'assembramento' ci pare strano ci sono delle ragioni. Tutto nasce dal verbo francese assembler, vecchio di mille anni. Prende il latino simul 'insieme', e ci mette un prefisso ad- che significa avvicinamento e un suffisso verbale. Da qui viene la nostra assemblea (parola trecentesca), il nostro assemblare (parola degli anni '60), ma anche l'assembramento e l'assembrare, in cui -bl- è stato adattato in -br-. Per quanto nell'italiano antico si trovassero anche assembiamento e assembiare.
eustachio SANTERAMO
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La parola del giorno è Dattilettico [dat-ti-lèt-ti-co] SIGN Persona che ha una tendenza non volontaria a colpire i mobili con le dita dei piedi voce dotta recuperata dal greco [dachtyliptikos], da [dàktilos] 'dito' e [lebo] 'prendere' (cfr. epilessia, catalessi). Che sia sfortuna, che sia più o meno inconscio masochismo, tutti siamo stati almeno una volta nella vita dattilettici. Riusciremo dunque, senza eccessivi sforzi, ad empatizzare con quella sensazione di impotenza che assale il dattilettico nel momento in cui sa di aver colpito, ad esempio, il comodino e sente che da un momento all'altro il dolore salirà e causerà non poche imprecazioni, lacrime trattenute e saltelli sul posto. La parola dattilessia ha origini incerte, ma sono pervenuti dei frammenti di testo del IX secolo a.C. nella zona della Grecia meridionale che testimoniano l'uso di tale termine, in quel caso per descrivere un falegname di nome Tasos che, distratto in quanto follemente innamorato di una donna bellissima che non lo considerava, colpisce il banco da lavoro della sua bottega e piange lacrime di dolore. Delizioso, in quello stralcio poetico, l'accostamento di un dolore fisico provocato dalla dattilessia a quello spirituale, dovuto al suo amore non corrisposto.
eustachio SANTERAMO
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