eustachio SANTERAMO

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eustachio SANTERAMO

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La parola del giorno è Aire [a-ì-re] SIGN Slancio, abbrivo dalla locuzione [a ire] 'ad andare'. Questa parola si trova catalogata come appartenente a un lessico letterario, e in effetti ha occorrenze illustri, ma non si deve pensare che indicazioni del genere siano compartizioni ineluttabili, che rendono una parola inadatta ai nostri discorsi. È una parola relativamente recente: quando è attestata, la capitale del Regno d'Italia è a Torino (la faccio breve, è il 1863). Nasce dalla locuzione 'a ire', cioè 'ad andare', che ha un forte sapore latino ('ire' per andare è un latinismo bello e buono, ancora non spento); eppure la sua fusione in una parola unica, con un passaggio di significato sottile, ne rivela lo spirito pratico e penetrante, che in realtà è piuttosto comune, nelle parole letterarie. L'aire — sempre al singolare — è lo slancio, l'abbrivo. Qualcuno aggiunge anche la rincorsa, ma forse è un po' fuori strada: il nocciolo dell'aire non è un percorso, non è un'azione, ma una quantità di moto data o presa. Infatti guardiamo bene: non è un 'andare' ma un 'ad andare', in cui si sente la forza dell'inerzia. Da un certo profilo il prendere l'aire assomiglia a un 'prendere il via'. Spingendo con grida si dà l'aire all'automobile che non voleva partire, in discesa cammino piano perché se prendo l'aire volo nei rovi, e una lingua particolarmente maliziosa dà l'aire a dicerie nocive. Begli usi, con caratteristiche peculiari anche rispetto ai suoi sinonimi. Fa a meno dei dinamismi dello slancio, della stazza dell'abbrivo, e si può impiegare con una versatilità che ha pochi rivali. Certo, è un termine che non vanta una storia millenaria né un successo attuale clamoroso: ha vissuto una sua primavera e ora ha un'energia più bassa — ha perso un po' l'aire. Ma i modi in cui le parole sanno sopravvivere sono capillari e pervicaci: anche quelle meno comuni possono continuare a chiederci un dialogo quando vivono nel grande classico che vogliamo leggere, e così entrano nel nostro lessico (qui, da Collodi a Palazzeschi, ne hanno fatto largo uso autori giganti); e tante volte sopravvivono in ricordi di persone che parlavano diverso da noi, che danno lenti frutti. Per me l'aire ha il suono della voce di mia nonna — e anche se sono morti, più passa il tempo più i nonni ci si avvicinano. Vale anche per certe parole.

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