
Stefania Licini
Founder Starter
26. 30.08.2018 - dopo un mese Autunno. Dalla polvere, Dio ci regala la frescura mattutina E la rugiada attrae pioggia Come una muta calamita. Giorni cambiano e passano sulla pelle Lasciando leggere tracce di dolore E un nostalgico pizzicore. Protesa Verso un’infantile speranza, Saluto per sempre la mia solarità. Tornerà a breve l’inverno E la memoria ghiacciata Congelata nello spirito stanco. Tornerai da me, oh Inverno, Fatto d’angoscia e di pioggia Dove non vedrò altro Che i ricordi dello scorso anno? Poesia di tre strofe (di quattro, cinque e sette versi) nuovamente priva di schema metrico fisso o prefissato. Desideravo imprimere alla carta il medesimo percorso mentale che poco più di un anno fa rincorrevo ogni giorno, ad ogni risveglio, per non annegare nelle acque torbide di una realtà vuota ed insoddisfacente. Ecco dunque perché la prima strofa si sofferma su dettagli naturali, sui particolari mattutini di quella che sarebbe diventata la mia stagione preferita. La seconda strofa, di conseguenza, ha come tema gli effetti dell’ambiente sul mio corpo: sentivo a fior di pelle l’avvento di una nuova me stessa... priva di speranza vivace o di solare entusiasmo. Era frustrante ammetterlo, ma il nulla che percepivo incombere al solo sbirciare dalla mia finestrella, mi aveva tolto ogni solarità, fattore che mi aveva invece da sempre contraddistinta. Ero sicura che questa sarebbe stata una condizione costante, eterna, ma per fortuna mi sbagliavo allora. Come chiusura ho scelto una strofa che richiamasse il passato, l’anno ancora prima della composizione di “30 agosto 2018”. (Ricordo che, facendo parte del ciclo ‘È dura’, la lirica non possiede titolo). Dall’autunno si sarebbe passati all’inverno, o all’inferno, per una nostalgica priva di speranza come me, dico bene? I ricordi dell’uomo di cui mi ero così follemente, così inutilmente innamorata e che avevo faticosamente allontanato, rimanevano comunque alle porte di un cielo buio già alle ore 19:30. Quale altra pena avrebbe dovuto portarmi quella persona, ora felice con un’altra donna? Perché mai il ragazzo con cui uscivo e stavo da un mese circa non mi aveva ancora spazzato via dalle vene quel veleno? Che cosa avrei dovuto fare, mettere in discussione me stessa, lui, la nostra nascitura relazione così da tagliare la testa al toro? La risposta è: continua a leggere ...


Stefania Licini
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25. 28.08.2018 Vuoto inerte. Niente è come pare Tutto t’annienta. Comincerò a vivere per gli altri Perché, fosse per me, La soluzione sarebbe una. Vivrò per gli altri Affinché non toccheranno La prigione dell’apparenza Da una vista annebbiata. Lenta agonia soffocante. Illusioni che ti procacci, Bravo essere umano predatore, Per non focalizzare il nulla Che tutto circonda. Prima poesia di un ciclo poetico di depressione interiore chiamato "E' dura". Solo liriche prive di schema metrico e di titolo, il quale coincide quindi con la data in qui i versi vennero composti. O scomposti, visto il caos che li anima e il nulla che li spegne. Senza motivo apparente, cominciai a provare una costante sensazione di vuoto inerme, il cui solo pensiero persino adesso mi risucchia in un lontano flusso di energia negativa. Non avevo più una terra sopra cui poggiare i miei piedi stanchi di camminare verso lande desolate. Non possedevo più quella forza che da sempre mi aveva contraddistinta, non riuscivo più ad attingere da quell'intramontabile buonumore che fin dal mattino trasmettevo. Ero stanca, sempre, e pigra, straordinariamente. Nulla mi entusiasmava più, e il cielo era sempre troppo bianco o di un fioco grigiore. Le giornate trascorrevano lente, morte, così decisi di trascorrere almeno mezz'ora di vita al giorno (un quarantottesimo della giornata) a scrivere e trovare libero sfogo in "poesiuole" che mai avrei pensato di pubblicare, o quanto meno di rendere pubbliche. Le cose qui si mettono male... "Things Fall Apart". Ma se sei curioso, continua a leggermi per favore ...


Stefania Licini
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24. Confessione 22.08.2018 Studio, e penso. Vagheggio Su quel gesto. Così lontana dal sole Attorno cui credevo di stare. Astri caduti. Cieli disintegrati In frammenti di specchio Che cadendo Mi graffiarono mi ferirono Con la potenza del ricordo. Ringrazio la mia esclusività, Nella sua vita, Da sempre inesistente. Benedico la presenza di lei, Che rese me invisibile. E allontano i bei tempi insieme. Studio, e penso. Ora Non più nell’Inferno Dell’attesa. Poesia tendente alla prosa poetica, data la mancanza totale di schema metrico e di numero di sillabe per verso. O di numero di versi per strofa (due per la prima, otto per la seconda, sei per la terza, tre per l’ultima). Numerosi sono i riferimenti a poesie precedenti “Confessione”, primo fra tutti la metafora nella seconda strofa: ‘frammenti di specchio’ che mi ferirono con il ‘ricordo’, richiamanti “Perdura”, composta pochi mesi prima. Oppure l’intero tema della mancata risposta ai miei gesti affettuosi da parte dell’uomo di cui m’innamorai, nella terza strofa, forse la più corposa fra pensieri liberi e sfoghi emozionali alla stregua di un flusso di coscienza. E ancora, il tema dell’attesa, nei tre versi di chiusura. Vi è anche una ripresa di tipo circolare all’inizio e alla fine di “Confessione” stessa, con la ripetizione ‘Studio, e penso’. La cesura indicata con la virgola denota la tipica pausa che si prende dallo studio individuale, per affondare in una riflessione fulminea e sospirosa. In quella virgola, in altre parole, ho racchiuso il gesto del poggiare la penna sul tavolo ed il mento al palmo, lo sguardo vacuo verso chissà quali orizzonti. ‘Allontano i bei tempi insieme’. O per lo meno, ci stavo provando. Anche con buoni risultati, dovevo ammettere.. Ma se sei curioso del prossimo corso degli eventi, continua a leggere ...

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