Maurizio Cavallera

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Dale Irby, insegnante di educazione fisica della Prestonwood Elementary School in Richardson, USA, si è fatto fotografare con lo stesso abbigliamento per 40 anni consecutivi. Tutto è nato per caso, la prima foto è stata scattata in occasione dell'annuario scolastico del 1973, l'anno successivo non si rese conto che utilizzò lo stesso identico vestiario. Quando la cosa si scoprì sua moglie per prenderlo in giro lo sfidò ad indossarlo anche l'anno successivo, lui accettò e da quel momento non si è più fermato.

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Maurizio Cavallera

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Vi siete mai chiesti come mai alcuni barbieri hanno dei cilindri colorati rotanti all'ingresso? La loro origine è antichissima, risale al medioevo quando i barbieri oltre a tagliare i capelli erano soliti occuparsi di mansioni mediche come ad esempio fare salassi, curare piccole ferite o estrarre denti. Il cilindro di fatto segnalava i servizi da "medico" che venivano fatti dal barbiere, con riferimento ai salassi: il cilindro simboleggiava la staffa che i pazienti dovevano tenere in mano per rendere visibili i vasi sanguigni, il rosso richiamava il colore del sangue, il blu quello delle vene. Con il tempo, ovviamente, le attività dei barbieri si sono limitate alla cura di capelli e barba, quindi oggi il cilindro rimane solo un simbolo universalmente riconosciuto.

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"Vado a messa, stasera torno", il modo di salutare la sua famiglia per l'ultima volta, senza sapere che lo sarebbe stato. 5 parole che la moglie Mariella ascoltò uscire dal telefono, da una chiamata che arrivò dritta da Cracovia. Dall'altra parte della cornetta la voce di suo marito Gaetano, che era lì per studiare il Gornik Zabrze, squadra che la Juve avrebbe affrontato in Coppa Uefa. Ma Cracovia era anche la città del Papa, impensabile non andare a messa per un uomo tutto calcio, famiglia e chiesa. Un uomo semplice, un uomo come forse non ne fanno più. Se vi raccontassimo chi era Gaetano Scirea, forse non ci credereste, pensereste che anche noi saremmo caduti nel tranello del romantico, nel rispetto del ricordo, nel retorico omaggio per chi non c'è più. E pensereste che, come si fa spesso in questi casi, racconteremmo solo gli aspetti migliori di un uomo, omettendone i vizi ed esaltandone le virtù, evitando aneddoti che potrebbero sembrare indelicati per il solo pudore di essere politicamente corretti. E invece no. Gaetano Scirea non ha mai avuto bisogno di censure, di tagli, di omissioni. Né lui né il suo ricordo. Gaetano era così, semplicemente così. Capitano senza mai alzare la voce, un "leader con il saio" come lo definì Trapattoni. Campione senza mai perdere la testa, senza mai credersi più grande di quello che un uomo può essere. Fenomeno umile, che quando era in vacanza e gli venivano chiesti gli autografi, si spostava vicino le cabine per non disturbare chi era sotto gli ombrelloni. "Inutile spendere parole su un uomo che si è illustrato da solo per tanti anni su tutti i campi del mondo, che ha conquistato un titolo mondiale con pieno merito. E soprattutto era un campione non soltanto di sport ma soprattutto di civiltà". La voce rotta di Sandro Ciotti lo descrisse così annunciandone la morte a un incredulo pubblico italiano. Morì lontano dai suoi affetti, lontano dalla sua Juve di cui era bandiera. Ma dire che fu una bandiera della Juve è inesatto o quantomeno riduttivo: Gaetano Scirea è stato bandiera del calcio, esempio di gentilezza e sportività, di cuore e generosità. E oggi, da 30 anni, la bandiera è ammainata. O forse, speriamo di no. Ciao Gaetano

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