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DIARIO POST ADOLESCENZIALE DI UN SEMINERD (IN REALTA' UNO STUDENTE UNIVERSITARIO) SUL FINIRE DEGLI ANNI '90 - SECONDA PARTE L'impatto psicologico dell'infortunio fu devastante. Ricordo fin troppo nitidamente il senso di impotenza che mi assalì nel sapere che, in un anno nel quale avevo perso tutto (e rendiamola una descrizione, sia pur sommaria e parziale, di questo tutto: mancato superamento per quattro volte consecutive dell'esame di diritto commerciale, con l'impossibilità di conseguire la laurea entro il Dicembre 1995 e quella, diretta conseguenza, di sostenere l'esame di avvocato nel Dicembre 1998, non ammesso a partecipare al concorso per ufficiale di complemento nell'esercito - uno dei miei obiettivi di allora - a causa di alcuni valori dell'emocromo non a norma, anche se non rilevatori di patologia; mancato superamento, per una sola risposta errata, del concorso da assistente giudiziario, altro mio progetto; lasciato dalla ragazza nel mese di Giugno; rottura di un'amicizia nel mese di Luglio, perché "l'amico" mi ha dato buca all'ultimo momento per le vacanze che dovevamo fare in Croazia ad Agosto ed io, diversamente da quanto fatto neanche un mese fa per Copenaghen, non ho avuto il coraggio di partire solo; operazione di mio padre ad un'ernia, almeno questa andata a buon fine, ma che paura visto che tutto stava andando a rotoli!), non avrei potuto fare affidamento non solo su quanto offriva la vita (che era, orami, ben poca cosa) o sul sostegno morale altrui (improvvisamente ero diventato un perdente. Del resto me lo aspettavo: finché le cose vanno bene, tutti si proclamano tuoi amici e ti riempiono di sorrisi falsi. Poi, quando sei nella merda, negano perfino di conoscerti. Ma fra il 1999 e quest'anno mi sono preso le mie rivincite, in tutti i campi e con interessi da usura), ma neanche su me stesso. O, almeno, non avrei potuto contare sul senso di sicurezza che mi era sempre derivato dall'essere in perfetta salute, in piena forma atletica, dall'avere un fisico muscoloso. Mi restava soltanto l'orgoglio e a quello mi aggrappai con tutte le mie forze e con tutte le emozioni. Ma anche con la fredda, lucida, coscienza che, peggio di così, le cose non sarebbero potute andare. A ripensarci adesso, mi sento forte ed invincibile, ma quanta amarezza in quei freddi pomeriggi invernali, trascorsi chino sui testi di diritto commerciale, stringendo i denti, con gli occhi pieni di furiose lacrime e con in testa, martellante, una sola ossessiva domanda: "Perché proprio a me?". Furono giornate consumate nella speranza che, prima o poi, ce l'avrei fatta, ma con dentro la voglia - fortissima - di mollare gli studi e andare a lavorare (cosa che, in realtà, non si verificò per un pelo: preso dalla disperazione, avevo inoltrato domanda di assunzione all'AMA, la quale non mi aveva assunto soltanto perché ero iscritto da troppo poco tempo all'Ufficio di collocamento! Così, beffarda e casuale, è la vita: un anno di iscrizione al collocamento in più e adesso non sarei laureato!). Per tacere, poi, del brivido che ancora mi percorre, dalla testa ai piedi, nel ripensare a tutte quelle sedute di fisioterapia, alle 7 del mattino (sic!) e/o la sera tardi, in sala d'attesa con vecchi decrepiti e avvizziti, o alle lezioni di ginnastica correttiva insieme a signore grasse e deformi che sognavano, attraverso quel tipo di attività, di tornare giovani…CONTINUA........

L'infinito di Leopardi...e la bravura immortale di Gassman

Uno dei capolavori di Giacomo Leopardi nell'interpretazione di uno dei migliori attori del 1900