Giovanna Bauccio
La leggenda dell’albero di gelso Narra la leggenda che Piramo e Tisbe fossero due bellissimi ragazzi che vivevano in case attigue. Figli di famiglie che nutrivano odio l’uno nei riguardi dell’altro, quando sorpresi ad amoreggiare furono rinchiusi, dai genitori che volevano vietarne gli incontri, ciascuno nello sgabuzzino del proprio palazzo. Nessuno però si era mai accorto che i due sgabuzzini fossero contigui e divisi solamente da un muro. Attraverso una piccola fessura sul muro scoperta dai due innamorati, Piramo e Tisbe riuscivano tuttavia a scambiarsi baci, sussurrarsi frasi pregne d’amore e romantiche dichiarazioni. Innamorati e feriti della loro separazione, un giorno decisero di escogitare un piano per fuggire: Tisbe avrebbe raggirato la sua ingenua nutrice, mentre Piramo si sarebbe accordato con il suo guardiano che avrebbe finto di essere stato aggredito e gli avrebbe consegnato le chiavi. Recuperata la libertà, Priamo e Tisbe vagarono a lungo per le campagne, secondo alcuni nell’agrigentino, fino a quando decisero di ripararsi sotto un antico albero di gelso bianco, dove trascorsero un’appassionata relazione amorosa. Secondo la leggenda, alle prime luci del giorno Tisbe si avvicinò ad una fonte d’acqua, ma alla vista di una leonessa che lì si stava abbeverando dopo aver consumato la sua preda, impaurita indietreggiò e si rifugiò in un buio anfratto, lasciando cadere dietro di sé il velo che le era servito a coprire il viso durante la fuga dal palazzo. La leonessa, indispettita dalla presenza estranea, prese il velo e lo lacerò sporcandolo con il sangue della preda. Giunto poco dopo, Priamo vide il velo della sua amata lacero ed intriso di sangue e, non trovando la sua amata Tisbe, credette che fosse stata divorata dalla leonessa, così baciato il mantello tante volte e con immenso dolore, estrasse il suo pugnale e con quello si trafisse. Superata la paura per la fiera, Tisbe uscì dal suo nascondiglio per raggiungere il suo innamorato, ma con sua grande disperazione lo trovò senza vita accasciato a terra ai piedi del gelso e disperata gridò all’albero: “per sempre i tuoi frutti si tingeranno di rosso scuro, nel ricordo di due innamorati che ti bagnarono con il loro sangue“. E pronunciate queste parole, estrasse il pugnale dal corpo dell’innamorato e cadde giacendo morta sul di lui corpo. ... buongiorno....
Giovanna Bauccio
GANDHI “Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?" Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: “Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?” “Gridano perché perdono la calma” disse uno di loro. “Ma perché gridare se la persona sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore. “Bene, gridiamo perché desideriamo che l’altra persona ci ascolti” replicò un altro discepolo. E il maestro tornò a domandare: “allora non è possibile parlargli a voce bassa?” Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore. Allora egli esclamò. Voi sapete perché si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano solamente sussurrano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.” ...se ci riflettiamo bene... è tutto vero... ....buon pomeriggio...
Giovanna Bauccio