
Founder Starter
QUANDO I GENITORI INVECCHIANO...
Lasciali invecchiare con lo stesso amore con cui ti hanno fatto crescere..
Lasciali parlare e raccontare ripetutamente storie con la stessa pazienza e interesse con cui hanno ascoltato le tue quando eri bambino...
Lasciali vincere, come tante volte loro ti hanno lasciato vincere....
Lasciali godere dei loro amici, delle chiacchiere con i loro nipoti...
Lasciali godere vivendo tra gli oggetti che li hanno accompagnati per molto tempo, perché soffrono sentendo che gli strappi pezzi della loro vita...
Lasciali sbagliare, come tante volte ti sei sbagliato tu...
LASCIALI VIVERE
e cerca di rendergli felici l'ultimi tratti del cammino che gli manca da percorrere,
allo stesso modo in cui loro ti hanno dato la loro mano quando iniziavi il tuo !!
Pablo Neruda


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Sentenza storica della #CEDU ottenuta da Differenza Donna contro la violenza istituzionale e a favore delle madri protettive.
Oggi un altro grande successo per le Donne e per la Giustizia: la Corte Europea dei Diritti Umani ha accolto il ricorso della avvocata Rossella Benedetti dell’ufficio legale di Differenza Donna per una donna seguita dal centro antiviolenza Casa Rifugio Villa Pamphili di Regione Lazio; con il caso I.M. e altri contro l'Italia (ricorso n. 25426/20), ha condannato l’Italia per aver violato l'articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e non protetto i figli minorenni di I.M. costringendoli per tre anni ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti e nonostante lo stesso continuasse ad esercitare violenza e minacce durante gli incontri protetti disposti dal Tribunale. La CEDU - che ricordiamo è la Convenzióne europea dei diritti umani sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 dai paesi appartenenti al Consiglio d'Europa, con oggetto «la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali - ha rilevato come i TRIBUNALI CIVILI italiani con le loro sentenze abbiano turbato l'equilibrio psicologico ed emotivo dei bambini, costretti ad incontrare il padre in un ambiente in cui non è stata garantita loro protezione. In tal modo non hanno agito nell’ l’interesse superiore del minore. Un interesse disatteso, dice la Corte, in quanto non protetti dalla violenza che il padre continuava ad esercitare anche durante gli incontri.
La Corte EDU ha condannato l’Italia per la prassi diffusa nei tribunali civili di considerare le donne vittime di violenza domestica come I.M.- che non adempiono all’obbligo di effettuare gli incontri dei figli con il padre e che si oppongono all'affidamento condiviso - quali genitori” come genitori non collaborativi" e quindi "madri inadatte" meritevoli di punizione (così come segnalato anche dal Grevio).
La Corte EDU ha così riconosciuto che il comportamento protettivo della madre sia stato l’unica modalità adeguata a tutelare l’interesse superiore dei bambini”.
Elisa Ercoli Presidente di Differenza Donna: “Siamo felici, soddisfatte, orgogliose, di questa sentenza storica che ristabilisce cosa vuole dire giustizia e cosa vuol dire protezione. Un grande riconoscimento per uno strenuo lavoro politico che continuiamo a portare avanti perche nessuna donna soffra più violenza istituzionale, perché nessun bambino/a venga strappato dalle braccia della mamma, perché nessun tribunale sottovaluti la violenza maschile che è e rimane una grave violazione dei diritti umani e che richiede un enorme sforzo delle Istituzioni per uscire da un guado culturale che relega il nostro Paese in un ambito arretrato e compiacente. Oggi è una bella giornata: i diritti delle donne madri e delle bambine/i è pienamente affermato. Vigileremo perché non avvenga e perché ogni Tribunale senta il peso di questa storica sentenza”
#indomabili
Maria Teresa Manente


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Ore 18.53 del 9 Novembre 1989 e il Muro di Berlino si sgretola – grottescamente - per un’informazione sbagliata.
Il colmo, per una Germania Est sopravvissuta per decenni usando proprio le informazioni capillari estorte tramite le minacce, i ricatti, le violenze della Stasi, la polizia segreta.
Il governo della Germania Est è già contestato da settimane, dopo che il premier russo Gorbaciov ha annunciato la fine dell’ingerenza sovietica sui paesi del Patto di Varsavia.
La DDR, senza più il supporto dell’URSS, sa di non essere in grado di contenere le pulsioni democratiche interne.
Dopo mesi di pressione e proteste sedate con brutalità dalla Stasi il premier Erich Honecker si dimette il 18 ottobre e viene sostituito pochi giorni dopo da Egon Krenz.
Il 9 Novembre 1989 il Governo decide di concedere ai cittadini della DDR i permessi per potersi spostare nella Germania Ovest, prima complicatissimi da ottenere.
Le domande potevano richiedere anni di attesa o non arrivare mai. I disperati tentativi di varcare il muro illegalmente finivano anche con la morte per mano delle guardie di confine o con le torture e la reclusione a opera della Stasi.
Ma, la sera del 9 Novembre 1989 il Politburo manda in conferenza stampa e in diretta televisiva il Ministro della Propaganda Gunter Shabowski.
Shabowski è rientrato di corsa da una vacanza visto il precipitare degli eventi e, per questo, non conosce perfettamente i dettagli della questione.
È un uomo stanco e poco lucido, quando annuncia ai media che "i cittadini della Germania Est potranno recarsi all’Ovest per viaggi privati senza restrizioni".
Sono le 18.53 e la platea di giornalisti resta allibita.
Tra loro il corrispondente italiano dell’ANSA Riccardo Erhman pone a Shabowski la domanda più ovvia.
“Ministro, da quanto entrano in vigore le nuove norme?”.
Shabowski, impreparato, non ha questa informazione perché il Politburo non ha ancora preso una decisione certa.
La sala resta muta insieme a un intero paese, tutti in attesa delle risposta.
Shabowski non prende tempo, non va a consultarsi con nessuno e risponde ciò che crede sia giusto, anche se non lo è per niente, nessuno ha deciso ancora come e quando.
"Se le mie informazioni sono esatte quest'ordine diventa efficace immediatamente" dice Shabowski.
E, di fatto, con queste parole sancisce la fine della DDR.
I berlinesi dell’Est davanti alla televisione non credono alle loro orecchie, si riversano in strada come torrenti a lungo imprigionati e infine liberi da argini.
Nel giro di poche ore 10.000 persone si trovano al ponte Borgnholm a piedi o a bordo delle loro Trabant.
La gente si accalca contro il muro, ci sale sopra e viene bagnata dagli idranti.
I clacson suonano, nell’aria fredda di Berlino i respiri formano nuvole di condensa.
Le guardie di confine non sanno cosa fare, hanno le armi pronte, ma non ricevono alcun ordine.
È il collasso della perfetta macchina DDR.
Sarebbe sufficiente un semplice lancio di oggetti, un solo colpo di pistola, da una parte o dall’altra, forse un singolo petardo per scatenare conseguenze terribili e tragedie di proporzioni immani.
Ma alla fine, due ufficiali della Stasi posti a supervisione dei punti di accesso, decidono che il confine non può reggere la pressione di tutta quella gente.
O disperdono la folla sparando o la lasciano passare.
E la lasciano passare.
Sono le 21.20 quando, senza resistenza delle guardie, la gente alza la barriera al varco di Borgholnm.
Poi le barriere si aprono da altri check point.
Come racconta un testimone “Ho visto la televisione e pensavo che fosse un film. Che film emozionante, ho pensato!”.
Le guardie fanno passare i cittadini orientali a una condizione: i passaporti dei più esagitati vanno timbrati in modo da identificarli e non farli più rientrare, plastica rappresentazione di un regime incapace di comprendere la sua sconfitta.
I berlinesi dell’Est vanno a Ovest trovando altri tedeschi che li accolgono con birre e cori. Si beve, si canta, poi gli orientali rientrano portando birre e oggetti occidentali. Le guardie di confine provano a fermali, poi si arrendono, non ha più senso, è finita.
Alle sedi della Stasi, intanto, si scatena il panico.
L’ultimo ordine che ricevono gli uomini della temutissima polizia segreta è di protezione del sistema: distruggere tutto. Cancellare i documenti, le prove dei misfatti, delle intercettazioni e delle violenze, delle uccisioni e delle mistificazioni.
Cancellare la storia della dittatura stessa.
Nei vari uffici Stasi si distrugge in modo tanto frenetico che le macchine distruggi documenti si rompono e bisogna andare di nascosto ad acquistarne altre a Berlino Ovest e quando pure questo non basta si distrugge fisicamente, stracciando con le mani carte su carte su carte.
A Dresda, in
