“In psicologia si intende per pregiudizio l’opinione preconcetta concepita non per conoscenza diretta di un fatto, di una persona o di un gruppo sociale, quanto piuttosto in base alle opinioni comuni o alle voci. Un concetto errato (che è sempre possibile) si trasforma in pregiudizio quanto rimane irreversibile anche di fronte a nuovi dati conoscitivi.
L’irreversibilità è facilmente constatabile nella logica della "eccezione". Se riteniamo, pregiudizialmente, che ad un dato gruppo di persone ben si attagli l’etichetta di "ladri" (per esempio i rom), ben difficilmente cambieremo opinione di fronte a persone che in tutta evidenza si comportano in modo difforme dal nostro pregiudizio.
E se proprio non riusciamo a reggere la dissonanza cognitiva generata da un comportamento impensato (ad esempio un ragazzo rom che ci insegue per restituirci il portafoglio perso o la borsa dimenticata) possiamo fare appunto ricorso alla logica dell’eccezione. Che, al solito, conferma la regola: i nomadi sono ladruncoli e ciò che mi è accaduto è una eccezione che conferma l’assunto di fondo”.
L’unica rivoluzione possibile è assumersi l’intera responsabilità: “Io sono la causa della mia sofferenza. Di conseguenza posso essere la causa della mia beatitudine”. Questa affermazione riassume in sé l’essenza della ricerca del Vero, del sufismo e dello Zen. La religione essenziale implica assumersi l’intera responsabilità di qualsiasi cosa si è. In quel caso, immediatamente affiora un’intuizione: “Se io sono responsabile della mia sofferenza, allora la cosa è semplice: la posso abbandonare. È una mia scelta; ragion per cui posso non sceglierla più”.
Osho, Il Velo Impalpabile