Maria Di Biase

IL TIRAMISU' CLASSICO...DA DOLCE AL GELATO...E ALTRE CURIOSITA' Sono in estasi da giorni gli amanti del tiramisù. Il 24 marzo è stato il gelato day, il cui gusto ufficiale del 2019 è proprio la versione ice cream di questo goloso dolce al cucchiaio. E pensare che servono solo mascarpone, savoiardi, caffè e cacao per realizzare la ricetta tradizionale del tiramisù, dessert più cercato dagli italiani su Google nel 2018 e quinta parola della cucina nostrana più conosciuta all’estero. Una porzione normale di tiramisù contiene circa 500 calorie, di cui il 58% di grassi, il 35% di carboidrati e il 7% proteine, ma a volte è bene concedersi un’esplosione di gusto, a discapito della leggerezza. In tanti sembrano essere dello stesso avviso, infatti secondo i dati di Just Eat, l’app per ordinare online pranzo e cena a domicilio, il tiramisù è il dolce più ordinato dagli italiani, soprattutto per merenda, con un incremento del +85% delle richieste e oltre 18mila kg ordinati a domicilio nel 2018. Tra i gusti preferiti spiccano classico, pistacchio e nutella, a cui si aggiungono i nuovi trend che spaziano dal vegano, ai formati adatti alla delivery, come monoporzione, bicchierino e barattolo. Ricetta del tiramisù (versione tradizionale e originaria di Treviso) Ingredienti per 6/8 persone: -300 gr di mascarpone -3 tuorli d’uovo -zucchero (1 cucchiaio e mezzo per tuorlo) -biscotti savoiardi -4 tazze di caffè espresso (leggermente zuccherato ) -cacao amaro in polvere Preparazione Sbattete i tuorli d’uovo con lo zucchero, poi unite il mascarpone fino a ottenere una crema morbida e mettete da parte. Versate il caffè in un recipiente e inzuppatevi uno a uno i savoiardi su entrambi i lati, velocemente, per evitare che si bagnino troppo, e disponeteli man mano sul fondo di una pirofila rettangolare, uno di seguito all’altro per formare un primo strato. Ricoprite lo strato di biscotti con la crema appena preparata e ripetete l’operazione per uno o altri due strati di savoiardi. Riponete in frigorifero per alcune ore e prima di servire cospargete con cacao amaro, tagliate le porzioni e servite. TIRAMISU': DOVE NASCE ? La storia si intreccia con la leggenda, ma secondo l’Accademia del tiramisù, associazione culturale ed enogastronomica, questo dolce è nato a Treviso. Sarebbe stato ideato da una maitresse di una casa di piacere nel centro storico a Treviso, che lo offriva ai clienti alla fine delle serate per rinvigorirli. Anche il nome ruota attorno a questo racconto, pare che la signora li ammonisse con “desso ve tiro su mi“ (adesso vi tiro su io), e da ciò il passo a tiramisù è stato breve. Altro legame col Trevigiano è l’usanza dello sbatudin un composto di tuorlo d’uovo sbattuto con lo zucchero, utilizzato di solite dalle famiglie contadine locali come ricostituente o per i novelli sposi, a cui poi è stato aggiunto mascarpone, caffè e cacao; prima della produzione industriale dei biscotti savoiardi si preparava con i biscotti fatti in casa, mentre nelle famiglie più povere si ricorreva alla focaccia o al pane vecchio imbevuto di caffè. Alla diffusione del tiramisù, secondo lo scrittore Giovanni Comisso, ha contribuito l’inserimento sul menù, come specialità della casa e del territorio, da parte di due locali storici: il ristorante Le Beccherie di Treviso, che ha legittimato la ricetta originale, nella seconda metà del Novecento, e poi il Toulà del trevigiano Alfredo Beltrame, con la sua catena di ristoranti in Italia e all’estero.

Maria Di Biase

LA CUCINA ANTICA: I BANCHETTI ETRUSCHI Molti poeti e prosatori dell’antichità hanno celebrato gli splendori e i fasti dei banchetti degli etruschi. Un autore come Diodoro Siculo, citando Posidonio, ci ha restituito una descrizione piuttosto dettagliata dell’atmosfera conviviale che si doveva respirare in un opulento banchetto etrusco: “preparano due volte al giorno tavole sontuose e tutte le altre cose appropriate a un lusso eccessivo, allestendo banchetti con biancheria e ricami colorati, coppe d’argento di vario tipo, ed hanno pronto e a disposizione un numero non piccolo di domestici per servirli, alcuni di questi ultimi di straordinaria avvenenza, mentre altri sono adorni di vesti più sontuose di quanto spetterebbe alla loro condizione di servi”. Gli etruschi conoscevano due tipi di convivio: il banchetto propriamente detto, e il simposio. La differenza consisteva nel fatto che durante il simposio si beveva soltanto, mentre in occasione del banchetto si beveva e si mangiava, e solitamente il simposio seguiva il banchetto. Se dovessimo operare un confronto con le nostre odierne abitudini, potremmo paragonare il banchetto a una cena, e il simposio a un dopocena, anche perché le finalità erano più o meno simili: il banchetto era il momento della convivialità, e a seconda delle portate che comparivano sulla tavola poteva anche costituire una chiara dimostrazione di ricchezza. Il simposio era invece dedicato al divertimento: esattamente come noi, oggi, andiamo al pub a vedere un concerto di musica dal vivo sorseggiando il nostro cocktail preferito, un calice di vino o un bicchiere di birra, allo stesso modo gli etruschi, dopo cena, gradivano assistere a piccoli spettacoli di musica o di danza brindando generosamente con buon vino. banchetti erano, tuttavia, occasioni esclusivamente riservate alle classi sociali più elevate che, com’è lecito attendersi, avevano anche abitudini alimentari molto diverse rispetto a quelle degli strati più bassi della società etrusca. Ciò nonostante, presso i romani vigeva la convinzione che gli etruschi passassero la vita a mangiare e bere, tanto che era diffuso lo stereotipo dell’etrusco obeso, che ci è stato trasmesso da poeti come Catullo (che nel carme XXXIX delle sue Nugae parla a chiare lettere dell’obesus etruscus) o Virgilio (che, nella seconda Georgica, cita a sua volta il luogo comune del pinguis Tyrrhenus). Se osserviamo alcune delle testimonianze dell’arte etrusca che ci sono pervenute, risulterà difficile dar torto a Catullo e Virgilio: i sarcofagi degli etruschi talvolta presentano figurazioni di personaggi in evidente sovrappeso, peraltro quasi sempre disposti sul sarcofago come se stessero banchettando. Questo modo di raffigurare i defunti aveva il preciso intento di stabilire una sorta di continuità tra vita terrena e vita nell’aldilà, ed è per tale ragione che i sarcofagi intendevano rappresentare dei veri momenti di vita quotidiana, col risultato che, ha scritto l’archeologo Mario Ersamo, “camminare in una tomba con i sarcofagi/ritratti disposti di fronte all’entrata [...] suscitava l’effetto di trovarsi in mezzo a una sala dov’era in corso un banchetto e interrompere una cena e una conversazione già in essere, e che gli abitanti della tomba si stanno pienamente godendo”. Circa la pinguedine di certi personaggi, in difesa degli etruschi occorre tuttavia affermare con certezza che non sono molti i personaggi che palesano un’evidente grassezza, e che tale caratteristica va letta più come connotazione individuale di un certo personaggio che non come un elemento comune a gran parte degli etruschi. Il più famoso “obesus etruscus” è sicuramente, appunto, il cosiddetto Obeso del Museo Archeologico Nazionale di Firenze: il personaggio, che decora il coperchio di un sarcofago della prima metà del terzo secolo avanti Cristo, è un esponente dell’aristocrazia di Chiusi, che dimostra evidenti segni di ricchezza (non soltanto le rotondità del suo corpo, ma anche la vistosa ghirlanda al collo e il grande anello all’anulare sinistro).

Maria Di Biase

Ricordi di viaggio: Santorini

2019-04-22 17:22:53

Come da tradizione la Pasqua è stata triste e uggiosa, la pasquetta anche peggio (piove)...e allora, come accade spesso, la mia mente va ai ricordi di splendidi viaggi...in questo caso alla splendida Santorini, isola intensa, mai banale, diversa da tutte le altre - pur meravigliose - isole greche...

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