Emanuela Spernazzati

Founder Senior

LA COLLABORAZIONE E' FUORI MODA? È tempo di leadership, performance, competitor: a chi interessa un corso sulla collaborazione? Interessa. E io ci credo. Forse perché ho vissuto un'adolescenza 'contro', forse perché poi mi son ritrovata adulta in un mondo che a tratti mi ricordava i miei errori, forse perché oggi vedo che è facile rovinarci la vita (lavorativa e non) pur di avere ragione, pur di parlare top-down, pur di 'fargliela vedere'. Pur di arrivare... ma senza sapere dove né perché. Così mi piace pensare che si possa 'andare d'accordo anche se non si è d'accordo' (che poi è il titolo del corso), lavorare allo stesso progetto anche se si farebbe volentieri altro, salutarsi educatamente anche se 'io le cose che pensa lui non le condivido'. E non è debolezza, è che non tutte le battaglie sono mie. E neanche tutte le ragioni. Non è questione di evitare il conflitto, è più capacità di gestire il dissenso, la diversità, i punti di vista. E uscire dalla sensazione di 'scarsitá di risorse' che ci rende aggressivi. E poter esprimere opinioni differenti in un clima di 'sicurezza psicologica', per dirla con l'#AgileHR. Per arricchirsi. Così l'adolescente sempre contro ora parla di gestione del conflitto e de #IlPiacereDiLavorare. E scommetto che mia madre da lassù mi guarda e mi ha perdonata. ;-)

Emanuela Spernazzati

Founder Senior

IL PIACERE DI LAVORARE E’ (ANCHE) UNA SCELTA Raima è una giovane neozelandese che ha girato il mondo ed ora è qui, a Cremona, per la sua ultima tappa prima di ritornare agli studi di psicologia. E’ una ragazza curiosa e socievole. She’s easygoing, I would say. Visto che non parla italiano si affida a me per ogni cosa e questo mi permette di essere sempre con lei quando scopre un viottolo mai percorso, quando assaggia un cibo mai provato, quando osserva un cielo (a suo dire) di un azzurro mai visto. Così ho l’opportunità di vedere la mia città con gli occhi di chi sa stupirsi di un nonnulla e sa godere di tutto. Il gelato alla nocciola la fa impazzire, ma vorrebbe anche provare il ragù (o Bologna, come lo chiama lei) e i diversi tipi di pizza. Tutto ciò che posso offrirle, insomma. “Amazing” è la parola che le sento ripetere più spesso e mi accorgo di avere la possibilità, la fortuna, di vedere la mia vita con occhi diversi, con stupore. E cresce in me la gratitudine per ciò che ho. Per una strana coincidenza, sto ora lavorando a un progetto (#IlPiacereDiLavorare) che mira a risvegliare nei miei clienti la motivazione al lavoro, quella che li ha spinti il primo giorno a desiderare di essere assunti proprio per svolgere quell’attività che ora li annoia e proprio in quel posto che ora non vedono l’ora di non vedere per un po’ nel weekend o durante le ferie. E mira anche a creare nei datori di lavoro la consapevolezza che il benessere psicofisico dei collaboratori produce effetti positivi sul bilancio aziendale. Sì, perché è ormai provato che chi è soddisfatto lavora meglio e si ammala meno. E’ vero, credetemi. “E come faccio a motivare i miei collaboratori?” mi chiedono spesso. E la mia risposta è sempre una: è un lavoro a due vie. L’azienda fa qualcosa per le persone e le persone scelgono di cambiare atteggiamento e di ritrovano la motivazione in loro, partendo dalle piccole cose e dalla consapevolezza di cosa stanno facendo e perché. Cambiano punto di vista. Perché il punto di vista è una scelta. E’ come scegliere un paio di occhiali, o puntare la luce su un particolare invece che su un altro. In poche parole si guarda il lavoro con occhi diversi, come Raima guarda ogni dettalgio e commenta: “it’s amazing”. Perchè la vita è troppo bella e corta per chiuderci in un lavoro che non ci ama.

Emanuela Spernazzati

Founder Senior

NON SONO GLI ISTITUTI NE’ IL DENARO AD ESSERE CATTIVI. SONO GLI OBIETTIVI CHE CI GUIDANO. Mio padre è nato in tempo di guerra e ha provato la povertà di chi perde il papà prestissimo e non ha nulla su cui contare. Ma la forza di sua madre e la fortuna gli hanno permesso di arrivare dove voleva e di dare una vita serena alla sua nuova famiglia e a quella d’origine. E ha subito cominciato a ‘mettere da parte qualcosa’ per figli e nipoti, che non dovessero mai vivere i suoi momenti difficili. Ma quando mia madre se n’è andata lui non ha retto la solitudine e l’ha seguita, all’improvviso. Troppo presto. E ha lasciato quel baluardo di sicurezza che aveva creato per noi. Ben custodito in Istituti sicuri. Così è cominciata la mia personale avventura, quella di avere ciò che mi spetta ma che “se vuoi reinvestire qui è semplice, se vuoi fare di testa tua altrove, temo che la pratica sia lunga, molto molto lunga”. E gli avvocati si scrivono. Ma se ci guardo bene dentro, da HR quale sono, vedo che non è il denaro in sé ad essere ‘cattivo’, e neppure le istituzioni. Sono gli obiettivi. E le persone che li impongono e che li perseguono, ovviamente. A volte le persone sono in difficoltà e agiscono come possono. A volte non sposano neppure i valori aziendali ma se non fanno il budget ne va dei loro premi, che in fondo sono parte integrante del loro stipendio. Così mi capita di parlare vis a vis con qualcuno. A lungo. E questo capisce. E la pratica si chiude. Sono i neuroni specchio, quelli che ci fanno essere empatici e capire le ragioni dell’altro, percepire i suoi sentimenti, vedere tutto da un altro punto di vista. Rispolverare i nostri valori al di là degli obiettivi. Poi a volte sono io che capisco la difficoltà di chi deve perseguire una logica aziendale che non ha scelto, e mi dico che se aspetto da 18 mesi il denaro di mio padre… sono fortunata perché posso aspettare ancora senza far mancare nulla a mia figlia e a me. E penso solamente: “Grazie, papà!”.

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