Straface Antonio

2024-03-28 20:15:45
traface AntonioSrenostodpi06ihua90072i152tm726tml1h3m921u3u2iht3m9m1 m8t52c · Contenuto condiviso con: TuttiundefinedLA CENA PASQUALE DI GESÙ

Il giovedì prima della Pasqua, la Chiesa ci invita al ricordo e rendimento di grazie dell’istituzione di quell’Eucaristia che fa sì che il Gesù della storia sia il Cristo ogni giorno presente, il Vivo che nutre i vivi con la sua carne ed il suo sangue.Follia per “la sapienza del mondo”. Come è follia quel Figlio di Dio che, durante la cena, si inginocchia davanti ai discepoli e lava loro i piedi.Complessivamente la celebrazione annuale della Pasqua ebraica non era una pia commemorazione di eventi lontani. Era, invece, un'esperienza: il memoriale di un avvenimento lontano, l’invito a partecipare, oggi, ad un avvenimento fondante per lui, per il suo popolo e per l’umanità intera. Era cioè il ricordo effettivo, mediante segni, della liberazione di tutto un popolo dalla schiavitù e della sua rinascita alla libertà.I segni essenziali erano il pane ed il vino frutto della terra, cioè dono di Dio.La cena che commemorava ogni anno l’uscita degli antichi Padri dall’Egitto aveva un rigido rituale che ogni ebreo, ed anche Gesù, seguiva scrupolosamente.Durante questa cena si mangiava pane azzimo, ossia non lievitato ed erbe amare intinte in salsa ed altri intingoli, ma il piatto principale era l’agnello arrostito.Ogni commensale aveva il proprio calice o bicchiere, ma il capo famiglia aveva un’altra coppa comune più grande. Di questa coppa o calice se ne dovevano bere 4 mescite.(Il rito dettagliato del banchetto pasquale trovasi nell’opera rabbinica intitolata Mishna, trattato Pesahim (=Pasqua), che risale ai dottori giudei del I° e II° secolo d.C. ma che racchiude ed espone la “tradizione” vigente ai tempi di Gesù e prima ancora. Si fa riferimento all’edizione del trattato di PESAHIM di H. L. STRACK, Lipsia, 1911 p.28-45 passim.)La cena era scandita da un colloquio, anch’esso rituale come di salmo, nel quale il più piccolo della famiglia rivolgeva le domande.La tradizione vigente al tempo di Gesù così iniziava: “Al vespro della Pasqua, circa all’ora del sacrificio vespertino, nessuno mangi prima del calar delle tenebre. Anche il più miserabile fra tutti gli Israeliti non mangi se non sdraiato; e non vengano somministrati meno di 4 calici di vino...”Il desco è rettangolare: Gesù è nel mezzo avendo alla destra Giovanni. Alla destra di Giovanni sta Pietro.Per il momento sono tutti in piedi.Gesù dunque inizia il rito: mesce nel calice comune il vino, lo offre con la formula rituale già nota fin dai tempi più remoti:- che tu sia benedetto, o eterno Dio nostro, re del mondo, creatore del frutto della vite-e lo depone sul tavolo.Ed ecco la prima domanda, che i discepoli fanno in coro:- Perché questa cerimonia?Gesù, come Capo Famiglia, risponde:- Questo giorno ricorda la nostra liberazione dall’Egitto, sia benedetto Jahvè che ha creato il frutto della vigna.Beve e porge il calice agli altri: ognuno ne beve un sorso.Poi Gesù prende il pane, lo offre con la preghiera di benedizione, lo spezza e lo distribuisce con le erbe amare intinte nella salsa rossastra che è nelle salsiere.

La preghiera di benedizione del pane per intero si può riportare così: “questo è il pane misero, che i nostri padri mangiarono in Egitto. Chi è affamato si avvicini e ne mangi; chi è bisognoso venga e celebri la Pasqua. Quest’anno la celebriamo qui, l’anno prossimo la celebreremo nella terra d’Israele. Quest’anno in schiavitù, l’anno prossimo in libertà… che tu sia benedetto o eterno Dio nostro, re del mondo, che traesti il pane dalla terra. Che tu sia benedetto o eterno Dio nostro, re del mondo, che ci santificasti coi tuoi precetti e ci comandasti di mangiare gli azzimi.

Si canta il salmo – il 113 - , poi viene portato il grande vassoio dell’agnello arrostito e posto sulla mensa di fronte a Gesù.Ed ecco la seconda domanda rituale:- Cos’è che distingue questa notte da tutte le altre?La risposta deve obbligatoriamente contenere queste 3 locuzioni: passare oltre, erbe amare e liberazione.Passare oltre perché l'angelo sterminatore passò oltre le case degli antichi padri la notte che uccise i primogeniti degli Egiziani;erbe amare perché gli Egiziani resero amara la vita degli Ebrei e infineliberazione perché gli antichi padri furono liberati dall’Egitto dalla potenza di Dio.Questo perché in ogni progenie d’Ebreo è tenuto a comportarsi come se lui stesso fosse uscito dall’Egitto

Mentre tutti, in piedi, cantano il salmo, - il 112 -. Gesù mesce il secondo calice, ne beve e lo offre agli altri commensali. Dà infine le parti dell’agnello badando che ognuno ne abbia a sufficienza, come un buon padre che conosce le preferenze dei propri figli.Mentre distribuisce l’a

Straface Antonio

2024-03-25 10:18:05
Straface AntoniosdeoptoSnrmen1mm0tof2b0a052702mifr434061774tvi40 e ll2t1mmf7 · undefinedL’ANNUNCIAZIONEBreve commento al Vangelo di S. Luca

San Luca è l’autore del cosiddetto “Vangelo dell’infanzia”, che, con ogni probabilità proviene da ambienti palestinesi o, più facilmente, dalla diretta voce della Madre di Gesù, come fa intendere egli stesso: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (2,19).Il racconto è contemporaneamente sublime e semplice: due prerogative dell’anima di Maria. Sarebbe impossibile narrare un fatto così sublime in maniera più semplice. Più che un racconto sembra un dipinto.L’Annunciazione segna il punto culminante della vita di Maria. Tutto ciò che la precede è ordinato a quel punto; tutto ciò che la segue scaturisce, come da fonte luminosa, da quell’evento.Dopo una breve introduzione nella quale descrive le circostanze di tempo, di luogo e di persone, l’autore passa a descrivere il triplice colloquio dell’Angelo con Maria e conclude con la dipartita dell’Angelo stesso.Seguiamo il racconto del Vangelo.Nel sesto mese. Non deve essere preso in senso assoluto, come dire: nel sesto mese dell’anno, ma in senso relativo a quanto precedentemente narrato e cioè alla visione di Zaccaria nel Tempio di Gerusalemme. L’Evangelista presenta, infatti, l’Annunciazione come intimamente connessa con il miracoloso concepimento del Battista; come d’altra parte fa anche l’Angelo: “Anche Elisabetta, tua parente… ha concepito un figlio e questo è il sesto mese (di gravidanza) per lei…” (v 36). Come aveva profetizzato Malachia (3,1): ecco che io vi invio il mio angelo… e subito verrà nel suo tempio il Dominatore che voi cercate… eccolo che viene.Dalle Scritture non è possibile essere più precisi circa il giorno, il mese e l’anno mentre San Luca introduce il racconto con un generico: “al tempo di Erode, re di Giudea” (Erode il Grande 677-750 anno di Roma) (v.5).Il primo ad indicare la data del 25 marzo (nove mesi prima del Natale), dell’anno 748 di Roma (e non 754 come erroneamente stabilito da Dionigi il Piccolo nel VI secolo) è stato S. Agostino (De Trinitate 4.5.9).Ad ogni modo a noi basta sapere che quel “sesto mese” segna il punto di partenza dei tempi nuovi, il tratto d’unione tra l’età antica e l’età nuova. Il punto su cui girano tutti i tempi. Questo il significato di quelle semplici parole: ”Nel sesto mese”.In una città della Galilea, chiamata Nazaret. È la prima volta nelle Sacre Scritture che è nominata questa cittadina, situata nel nord della Palestina a circa 140 chilometri da Gerusalemme, a 50 dal Mediterraneo e a 25 dal lago di Galilea, a circa 300 metri sul livello del mare ai piedi del monte Nebi Sain e poco distante da una carovaniera che, al tempo di Maria, portava in Egitto.Doveva essere una ben misera cittadina se anche il sincero Natanaele ebbe ad esclamare: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?” (Giov. 1,46)Ma quell’oscuro villaggio nascondeva il più bel fiore del creato e lì fu mandato l’Angelo. Non alla potente Roma o alla sapiente Atene o alla sacra Gerusalemme, ma all’oscura Nazaret.L’angelo Gabriele fu mandato da Dio a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.I protagonisti di questa scena grandiosa e delicata sono dunque tre: Dio che manda, l’Angelo Gabriele che è mandato e Maria cui l’Angelo è mandato per notificarle il decreto di Dio e chiederne l’assenso.Dio che manda. Da Lui parte l’iniziativa della salvezza, è Lui che ha stabilito i tempi ed i modi ed ha preordinato tutte le cose perché si arrivasse a quel momento. Assolutamente parlando Dio avrebbe potuto incarnarsi in Maria anche senza preannunzio: Maria era una sua creatura e come tale a Lui in tutto soggetta, era tuttavia conveniente che Egli, prima di incarnarsi in Lei le notificasse il suo progetto divino. Era conveniente da parte di Maria perché fosse costituita testimone certissima del grande mistero che veniva compiendosi in Lei. Era conveniente perché fosse messa in condizione di offrire liberamente il suo ossequio ed il suo consenso mostrandosi pronta ad accettare in tutto e per tutto il volere divino. Col suo cosciente, libero e generoso consenso, infine, Maria diede, per così dire, l’ultimo tocco a quel capolavoro di grazie che era e la dispose completamente all’

Straface Antonio

2024-03-22 11:07:19
Straface AntoniosrSeondpot5gt43 21598a2u4m6cm9m2lm20 u12o040rg103zf06cm86739 · Contenuto condiviso con: TuttiundefinedTERZA DOMENICA DI QUARESIMAGESÙ E LA SAMARITANA - ADORARE DIO IN SPIRITO E VERITÀGiovanni: 4, 20 I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».21 Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22 Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23 Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24 Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità».25 Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa».26 Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».

La prima persona a cui il SIGNORE ha spiegato la necessità di adorare in Spirito e Verità è stata una samaritana.I Samaritani non erano di pura razza ebraica, le donne non erano considerate, lei viveva pure in stato di peccato, ma è stata proprio lei ad avere per prima quelle grandi rivelazioni!Gesù è il Signore e ce lo dimostra ribaltando tutti i vecchi schemi e pregiudizi sociali e religiosi di quel tempo. Al Signore importa il recupero dei perduti, il Signore ha compassione di loro e li mette al primo posto.Quella donna era sì una peccatrice, non era una religiosa e il suo cuore poteva ricevere la Parola di Dio. Era infatti già predisposta a ricevere lo Spirito Santo e dice:... voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove si deve adorare». – (V:20)Con quel "voi" lei si è esclusa dal modo di pensare dei Giudei religiosi basato sul "devi fare".Gesù si rivela ai non religiosi, si rivela a chi ha un cuore disposto a lasciarsi lavorare da Signore, un cuore aperto a ricevere grazia, perdono e salvezza.Gesù le parla di un'ora che viene, anzi che è già venuta: il SIGNORE sta introducendo il concetto del passaggio dall'A.T. al N.T. cioè dal Vecchio Patto ad un Patto migliore.Nell'A.T. solo il sommo sacerdote poteva entrare nel Luogo Santissimo, ma il SIGNORE prepara il momento d'una adorazione nuova che si fa nel nostro spirito e quindi inizia un'adorazione perfetta e non apparente e aperta a tutti i Credenti, non limitata agli Ebrei.Il SIGNORE annuncia infatti un nuovo luogo, non più in Gerusalemme, né sul monte, perché nel momento in cui Gesù ci ha redento col Suo sacrificio, la presenza di Dio ha lasciato il Luogo Santissimo nel Tempio di Gerusalemme. Il velo si è squarciato dall’alto verso il basso. Quindi da quel momento tutti hanno avuto accesso al Luogo Santissimo. Tutti possono adorare! Non dobbiamo più restare nell’atrio. Il nostro spirito nato di nuovo è il Santuario di Dio sulla terra ed è il luogo della nostra adorazione.Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». (V: 26)La verità, per noi cristiani è una Persona: è il Cristo! Altrove disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. (Giovanni 14:6)Pregare nella verità significa trovarsi faccia a faccia con Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito Santo.Affinché questo avvenga ci vuole un vero atteggiamento di contrizione e pentimento per i peccati commessi ed un atto d’amore e di fede sincero, a cuore aperto, verso il nostro Signore Gesù. (Le disposizioni della Samaritana)Dopo questo ci si dimentica del nostro passato di tutto ciò che eravamo e che siamo e ci si apre al Signore come fossimo una nuova persona, in un modo nuovo, come fossimo appena nati nello Spirito. E lo Spirito di Dio ci nutrirà ogni giorno dandoci la Parola Viva in forma sempre più profonda, fino alla nostra maturità.Adorare Dio nello Spirito significa sostanzialmente lasciare che lo spirito nostro (cioè la nostra anima) possa unirsi allo Spirito di Dio. Come avvenga ciò non è spiegabile ma SPERIMENTABILE. Si deve vivere, si deve provare per capirlo.

Quindi nel brano di Vangelo dell’incontro di Gesù con la Samaritana, quell’espressione misteriosa: I veri adoratori del Padre “devono adorarlo in Spirito e Verità”, vuol dir due cose, bellissime:Occorre adorare il Padre nella profondità del proprio cuore (spirito) e nella ricchezza delle opere (verità), memori di quanto ci dice lo stesso Evangelista: “N

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