La morte di Nadia Toffa ha colpito al cuore tanti telespettatori italiani, che per anni hanno ammirato la forte e determinata conduttrice. La sua spirituale eredità, rimane da un’ultima intervista rilasciata a VERISSIMO. Ma cosa ci ha lasciato Nadia nel suo testamento?
Spentasi il 13 agosto scorso a soli 40 anni, in quell’intervista a Silvia Toffanin lasciò alcune ultime perle, che restano lì, praticamente il testamento morale di Nadia Toffa.
“Il Signore non è crudele – raccontò – Non ci vuole vedere soffrire. Io ci credo in Dio. Ci mette davanti delle sfide che possiamo affrontare. Questa è la mia sfida”.
“Io all’inizio mi chiedevo: perché proprio a me? Perché chi è che vuole il cancro? Poi mi son detta: ‘perché non a me?’ Il mondo è pieno di bambini che muoiono al primo giorno di vita… questo è il mio dolore e io me lo devo portare, è il mio fardello”.
“Da una sfida si può trovare anche del buono – disse ancora – con il buon umore non si risolve un cancro, però aiuta e fa bene in tutte le cose.”
La malattia l’ha colpita per ben due volte...segnata profondamente prima del triste sopraggiungere della sua morte: “Ognuno è libero di gestire come vuole la propria sofferenza, il proprio dolore. Massimo rispetto ci deve essere per tutti. Io non ho fretta, dove devo andare? Non ho niente di più importante da fare, se non vivere…”.
Questa è stata la sua ultima lezione, il testamento di Nadia Toffa, la sua eredità è la sua grande forza. Quella che ce la farà ricordare per sempre.
Ho apprezzato molto il tuo coraggio, quello di chi ha amato la vita sempre e comunque...
Il Paradiso ha una Grande donna in più... Ciao Nadia.
Accadeva 65 anni fa: Scompare Alcide De Gàsperi
De Gàsperi Alcide. Statista (Pieve Tesino, Trento, 1881 - Sella di Valsugana 19/08/1954). Studente in lettere a Vienna, partecipò nel 1904 alle dimostrazioni universitarie di Innsbruck per l'istituzione d'una facoltà giuridica italiana, subendo per ciò un arresto di 22 giorni. Laureatosi, militò nel 1905 nell'Unione politica popolare; direttore del giornale Il Trentino (1906), difese l'italianità culturale e gli interessi economici della sua regione. Deputato del collegio di Fiemme nel 1911, prese posizione per una sempre più completa autonomia trentina, finché il 25 ott. 1918, insieme con gli altri deputati italiani al parlamento di Vienna, proclamò la volontà delle popolazioni trentine di essere annesse all'Italia. Dopo l'annessione egli, tra i membri più in vista del Partito popolare italiano, fu deputato alla Camera (1921). Ostile al fascismo, dopo la marcia su Roma sostituì L. Sturzo, andato in volontario esilio, alla direzione del partito e fu membro attivo del Comitato dell'Aventino; fu condannato a 4 anni di carcere per antifascismo. In seguito fu impiegato nella Biblioteca Vaticana. Riorganizzò durante la Resistenza il Partito popolare con il nome di Democrazia cristiana; dopo la liberazione di Roma, fece parte del ministero Bonomi come ministro senza portafogli. Ministro degli Esteri nel secondo gabinetto Bonomi e in quello Parri (dic. 1944 - dic. 1945), fu poi ininterrottamente presidente del Consiglio fino all'ag. del 1953, governando dapprima insieme coi socialisti e coi comunisti e, dopo il 31 maggio 1947, con la partecipazione soltanto dei partiti di centro. Tentò poi, nel breve ministero del 16 luglio 1953, un governo di soli democristiani. Presidente della CECA dal maggio 1954, resse anche, dal sett. 1953 al luglio 1954, la segreteria del suo partito. Di particolare significato rimane l'opera svolta da De G. per la ricostruzione del paese dalle rovine della guerra. La sua politica estera fu inoltre risolutamente tesa all'inserimento dell'Italia nell'ambito dell'Alleanza atlantica e alla realizzazione dell'Europa unita.
(FONTE TRECCANI)