FABIO SALVINI

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Il mio mito da ragazzo.quanti di voi lo vedevano ??

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FABIO SALVINI

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IL CINQUE MAGGIO ode. Opere varie Manzoni 1881-695.2.png Ei fu. Siccome immobile, Dato il mortal sospiro, Stette la spoglia immemore Orba di tanto spiro, Così percossa, attonita5 La terra al nunzio sta, Muta pensando all’ultima Ora dell’uom fatale; Nè sa quando una simile Orma di piè mortale10 La sua cruenta polvere A calpestar verrà. [p. 690] Lui folgorante in solio Vide il mio genio e tacque; Quando, con vece assidua,15 Cadde, risorse e giacque, Di mille voci al sonito Mista la sua non ha: Vergin di servo encomio E di codardo oltraggio,20 Sorge or commosso al subito Sparir di tanto raggio: E scioglie all’urna un cantico Che forse non morrà. Dall’Alpi alle Piramidi,25 Dal Manzanarre al Reno, Di quel securo il fulmine Tenea dietro al baleno; Scoppiò da Scilla al Tanai, Dall’uno all’altro mar.30 Fu vera gloria? Ai posteri L’ardua sentenza: nui Chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui Del creator suo spirito35 Più vasta orma stampar. La procellosa e trepida Gioia d’un gran disegno, L’ansia d’un cor che indocile Serve, pensando al regno;40 E il giunge, e tiene un premio Ch’era follia sperar; Tutto ei provò: la gloria Maggior dopo il periglio, La fuga e la vittoria,45 [p. 691] La reggia e il tristo esiglio: Due volte nella polvere, Due volte sull’altar. Ei si nomò: due secoli, L’un contro l’altro armato,50 Sommessi a lui si volsero, Come aspettando il fato; Ei fe’ silenzio, ed arbitro S’assise in mezzo a lor. E sparve, e i dì nell’ozio55 Chiuse in sì breve sponda, Segno d’immensa invidia E di pietà profonda, D’inestinguibil odio E d’indomato amor.60 Come sul capo al naufrago L’onda s’avvolve e pesa, L’onda su cui del misero, Alta pur dianzi e tesa, Scorrea la vista a scernere65 Prode remote invan; Tal su quell’alma il cumulo Delle memorie scese! Oh quante volte ai posteri Narrar se stesso imprese,70 E sull’eterne pagine Cadde la stanca man! Oh quante volte, al tacito Morir d’un giorno inerte, Chinati i rai fulminei,75 Le braccia al sen conserte, Stette, e dei dì che furono L’assalse il sovvenir! [p. 692] E ripensò le mobili Tende, e i percossi valli,80 E il lampo de’ manipoli, E l’onda dei cavalli, E il concitato imperio, E il celere ubbidir. Ahi! forse a tanto strazio85 Cadde lo spirto anelo, E disperò: ma valida Venne una man dal cielo, E in più spirabil aere Pietosa il trasportò;90 E l’avviò, pei floridi Sentier della speranza, Ai campi eterni, al premio Che i desidéri avanza, Dov’è silenzio e tenebre95 La gloria che passò. Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati; Chè più superba altezza100 Al disonor del Golgota Giammai non si chinò. Tu dalle stanche ceneri Sperdi ogni ria parola: Il Dio che atterra e suscita, Che affanna e che consola, Sulla deserta coltrice Accanto a lui posò.

FABIO SALVINI

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Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s'annega il pensier mio: E il naufragar m'è dolce in questo mare.

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