Fernando Antonangeli

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Il bene sociale crea una spinta economica. Mentre i tassi di disoccupazione salgono alle stelle in tutto il mondo, a causa della pandemia di COVID-19, uno studio recente, mai realizzato prima, ha scoperto che le start-up di imprese sociali non solo alleviano i problemi sociali ma sono anche molto più importanti per la creazione di posti di lavoro di quanto si pensasse in precedenza. Lo studio “The regional employment effects of new social firm entry” (Gli effetti occupazionali dell’avvio di nuove imprese sociali), scritto dai professori Martin Obschonka e Per Davidsson, dell’Australian Center for Entrepreneurship Research, insieme ad un team svedese, è stato pubblicato su Springer. “È noto da tempo che l’ingresso e la crescita di nuove imprese contribuiscono in larga misura alla creazione di posti di lavoro nella maggior parte dei paesi. Tuttavia, le start-up di imprese sociali sono per lo più celebri per il loro valore nell’aiutare le persone svantaggiate o risolvere problemi sociali: il loro ruolo nella creazione di posti di lavoro non è stato veramente preso in considerazione “, ha affermato il professor Obschonka. Utilizzando un metodo consolidato per tracciare gli effetti della creazione di posti di lavoro diretti e indiretti in 67 regioni della Svezia in un periodo di otto anni dall’ingresso nel mercato, i risultati dello studio mostrano che l’effetto di creazione di posti di lavoro medio per impresa è stato maggiore per le imprese sociali che per quelle commerciali. “La creazione di posti di lavoro è spesso al centro della missione sociale di queste start-up, in particolare per persone emarginate, tra cui persone con disabilità e disoccupati di lunga durata. – spiega il professore – Sembrano esserci diversi motivi per cui le iniziative sociali creano più posti di lavoro. Innanzitutto, la maggior parte delle start-up “commerciali “rappresentano singoli individui che scelgono il lavoro autonomo, il che può significare che non hanno un ardente desiderio di crescere e assumere dipendenti. Inoltre, le start-up commerciali spesso operano anche in mercati concorrenziali, con poco spazio per la crescita. Al contrario, le imprese sociali affrontano “mercati” sottoserviti, con problemi sociali, come i senzatetto, l’abuso di sostanze, la violenza domestica, i rifugiati, le preoccupazioni ambientali, i rifugi per animali, le banche alimentari, i centri di crisi, la disoccupazione giovanile e così via. Questo crea spazio per la crescita senza allontanare altre iniziative sociali. Ed essendo pieni di passione nel risolvere il più possibile i problemi sociali, gli imprenditori sono motivati ​​a crescere. Possono anche beneficiare di minori costi a causa di agevolazioni fiscali e della parziale dipendenza dai volontari per avere un vantaggio di crescita rispetto alle imprese commerciali che offrono prodotti o servizi concorrenti”. Gli autori dello studio riconoscono che, poiché il settore delle imprese commerciali è molto più ampio del settore sociale, la creazione totale di posti di lavoro è complessivamente maggiore. Lo studio ha confrontato le regioni svedesi in termini di start-up sociali e commerciali tra il 1990 e il 2014 e i loro effetti netti sulla creazione di posti di lavoro in ciascuno fino a otto anni dopo l’ingresso nel mercato. “Confronti simili per l’Australia o altri paesi non esistono ancora”, ha detto il professor Obschonka. “Tuttavia, l’occupazione totale nel settore sociale è cresciuta di recente in altri paesi, quindi i nostri risultati sarebbero molto probabilmente validi in Australia e altrove insieme alla Svezia.”

Fernando Antonangeli

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Nuovi Pannelli Solari che catturano l’acqua dall’aria per raffreddarsi. Più di 600 GW di pannelli fotovoltaici sono attualmente installati in tutto il mondo. Un problema essenziale nella conversione fotovoltaica è la massiccia generazione di calore dei pannelli alla luce del sole, che rappresenta il 75-96% dell’energia solare assorbita totale e quindi aumenta notevolmente la temperatura e diminuisce l’efficienza energetica e la durata dei pannelli fotovoltaici. Un team di ricerca dell’Università di Scienza e Tecnologia di Hong Kong ha così ideato un nuovo tipo di pannello solare che aspira l’acqua dall’umidità dell’aria per raffreddarsi. Un raffreddamento del genere consentirebbe ai pannelli solari di restare efficienti per tutto il loro periodo di utilizzo e sarebbe un vantaggio economico per l’intero settore dell’energia solare. Non è la prima tecnologia ad acqua utilizzata per raffreddare i pannelli solari ma quelle ideate fino ad ora richiedono acqua liquida e quindi serbatoi, sistemi di tubazioni, strutture aggiuntive. Inoltre se i pannelli solari sono installati in regioni prive di acqua, dove anche un minimo quantitativo di acqua risulta costoso da trovare o da trasportare, tecnologie del genere alla fine non rendono poi più efficiente lo stesso pannello solare. I ricercatori del Politecnico di Hong Kong hanno dunque pensato di utilizzare materiali che riescono ad aspirare il vapore acqueo dall’aria. Una volta aspirato, il vapore viene condensato in acqua liquida. Questo processo può avvenire anche di notte quando il livello di umidità è più alto. Tra questi materiali c’è un gel fatto di nanotubi di carbonio con sale di cloruro di calcio. Questo speciale gel condensa il vapore in goccioline che poi vengono trattenute. Lo stesso ugello fa anche da “serbatoio”: nelle ore più calde del giorno rilascia lentamente l’acqua che si è formata e che lo stesso gel ha intrappolato nella propria struttura. ll processo prevede quella che può essere considerata come una sorta di “sudorazione” da parte del pannello durante il giorno grazie all’acqua raccolta dal gel durante la notte. I ricercatori sono stati in grado di far scendere le temperature dei pannelli solari su cui hanno testato il dispositivo raffreddandoli di ben 10° centigradi con conseguenti vantaggi in termini di produzione di elettricità: quest’ultima aumentava in media del 15%.

Fernando Antonangeli

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Comuni montani e turismo: la crisi Covid diventa un’opportunità di rilancio. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Management, Università di Torino, lancia Covidless Approach & Trust, uno strumento operativo a sostegno dell’economia turistica dei Comuni montani. Covidless Approach & Trust è uno strumento di analisi e sviluppo pensato per i Comuni montani e nato da un progetto di ricerca dell’Università di Torino, effettuata con il sostegno della Camera di Commercio di Torino. Messo a punto da un team composto da Paolo Biancone, Andrea Martra, Piercarlo Rossi e Silvana Secinaro, docenti del Dipartimento di management, e Alberto Sasso, professionista specializzato in architettura sostenibile e rigenerazione del territorio, Covidless A&T è un servizio di sostegno operativo all’economia turistica e culturale del territorio e degli Enti locali per il rilancio del territorio. Covidless A&T, nel rispetto delle norme e dei protocolli di distanziamento sociale relativi all’operatività dei singoli esercizi, si concentra sui i bisogni dei fruitori e dei turisti che si aspettano di trovare contenuti di intrattenimento e di fornitura adeguati. La valutazione di rating è totalmente indipendente dallo scenario normativo regionale e nazionale anti Covid-19. L’obiettivo è supportare gli Enti locali nel mantenimento e potenziamento degli standard di accoglienza ricettivo-turistica e culturale. Nella pratica, il modello fornisce un rating di attrattività territoriale, in grado di identificare e potenziare gli aspetti di fruibilità turistico ricettiva e culturale al pari del periodo pre COVID-19. Si parte da una valutazione, guidata da un referente, che fornisce punteggi per i vari aspetti: dall’ospitalità alberghiera agli impianti sportivi, dall’accessibilità agli uffici comunali, fino allo shopping, alla ristorazione e all’intrattenimento. In base al punteggio ottenuto si potranno individuare i punti di forza e le aree di miglioramento sulla base delle quali costruire un percorso, affiancati dal team di esperti, per potenziare gli aspetti necessari. Al termine del percorso i Comuni saranno certificati e riceveranno l’attestazione ed il marchio “Covidless Approach& Trust”. Il modello si basa sullo studio realizzato per la rivalutazione e valorizzazione delle Valli Olimpiche Piemontesi, che ha dimostrato come sia possibile definire delle linee guida declinabili anche su altre realtà. Il primo Comune che ha aderito a Covidless A&T è il Comune di Santa Maria Maggiore, in Val Vigezzo, provincia di Verbania. La ricerca ha il patrocinio di Uncem – Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani.

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