Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili. Ecco, oggi che siamo diventati così bravi a appuntire i nostri giudizi su tutti gli altri, oggi che ci siamo ammaestrati a sentirci assolti mentre condanniamo il resto, oggi che ci sgoliamo nelle pretese concedendoci di non essere nemmeno informati, mi chiedo, oggi, come ne usciremmo noi dai nostri stessi giudizi?
Laocoonte: La verità inascoltata.
La città di Troia è assediata dai Greci, i migliori eroi della Grecia hanno combattuto per dieci anni sotto le sue mura ma i difensori resistono con coraggio e la città non è caduta. Un mattino i Troiani non credono ai propri occhi, i Greci sono risaliti sulle loro navi e se ne stanno andando. Hanno levato l’assedio e lasciato davanti alla città un enorme cavallo di legno come tributo agli dei per garantirsi un tranquillo ritorno in patria. Gli assediati escono dalla città per ammirare da vicino il cavallo e discutono sul da farsi. Il popolo è concorde sulla decisione di trasportare il cavallo, come trofeo, all’interno della città, quando ad un tratto, esce dalla folla e chiede la parola un ex guerriero e sacerdote di Apollo. Laocoonte e' intelligente, ha fiutato il pericolo e cerca disperatamente di mettere in guardia i suoi concittadini. Virgilio ci racconta le sue parole concitate: “Sciagurati concittadini, credete veramente che i nemici siano partiti? Pensate che i greci possano regalarvi qualcosa senza che non ci sia dietro un inganno? Ma lo conoscete Ulisse? Questo cavallo di legno contiene al suo interno guerrieri nemici oppure è certamente pensato in danno della nostra città e cela sicuramente qualche insidia! Troiani, non credete al Cavallo! Io temo i Greci anche (e soprattutto) quando portano doni! (Timeo Danaos et dona ferentis!)” e come ebbe finito di parlare, Laocoonte scagliò con forza una lancia che si conficcò nella pancia del cavallo. Fu a questo punto che uscirono dall’acqua alcuni serpenti marini mandati dalla dea Athena (la quale parteggiava decisamente per i Greci) per impedirgli di convincere ulteriormente i suoi concittadini. I serpenti si avventarono immediatamente sugli incolpevoli figli di Laocoonte il quale, subito corso in loro difesa, trovò la morte assieme a loro, orribilmente straziati di fronte all’intero popolo Troiano! Questo triste mito della verità inascoltata dal popolo, e' quello narrato meravigliosamente dalla statua del Laocoonte, che è un gruppo marmoreo romano, quasi sicuramente la copia di un più antico bronzo greco (guardando alcuni particolari come la postura del mantello di uno dei ragazzi si trovano dettagli tecnici concepiti appositamente per il passaggio del metallo fuso e fedelmente riportati nella copia marmorea) che, ritrovato nel 1506 nel corso di alcuni scavi sul Colle Oppio, corrisponde quasi certamente alla statua romana descritta da Plinio il Vecchio nella “Naturalis Historia”, per averla vista nel palazzo dell’imperatore Tito. La meravigliosa scultura è dunque molto antica e certamente di concezione classica tuttavia appare incredibilmente rinascimentale se non barocca, sia per l’ articolata composizione plastica della scena, ma anche per il movimento dei personaggi, la perfezione dei corpi, lo sforzo disperato indicato dalla torsione della figura centrale e soprattutto per la molteplicità delle emozioni che possono leggersi nel viso di Laocoonte, trasfigurato dalla disperazione di un padre che non riesce a difendere i propri figli che anzi stanno morendo per causa sua ed al tempo stesso dall’immenso dolore che, oltre ad essere fisico e materiale, è anche mentale per il fatto di non essere creduto dai suoi concittadini e per il destino incombente sulla sua città che presto sarà distrutta come ora, lo sono lui ed i suoi discendenti.