Marketing Yoga

Efficacia Personale

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Come lavorare in un mondo sempre più difficile

2021-03-22 17:02:37

Cerchiamo il nostro piccolo spazio dove vivere e lavorare felici, ma non capiamo quali siano le nuove regole del gioco.

Nell’ultimo decennio, ci stiamo accorgendo che il mondo non è così semplice come vorremmo e che spesso assume conformazioni che difficilmente riusciamo ad interpretare.
Non capiamo dove stia andando e di conseguenza dove dovremmo andare noi.
L’effetto immediato sulle nostre scelte operative e professionali è la paura di sbagliare perché percepiamo che in realtà non abbiamo il controllo di nulla. Forse non è un pensiero sempre cosciente, ma non possiamo negare che le cose non stiano così.
Come individui possiamo di certo rimanere un po’ “sospesi”, ma di questi tempi non può permetterselo anche la nostra attività.
Cosa ci ha destabilizzato, soprattutto negli ultimi anni?
Otto Scharmer e Katrin Kaufer direbbero: semplicemente tutto! (Otto Scharmer, Katrin Kaufer, Leadership in un futuro che emerge. Da ego-sistema a eco-sistema: nuove economie e nuove società, Franco Angeli, 2015)
Il primo luogo la Natura, che pensavamo di poter addomesticare a nostro piacimento per perseguire una fantomatica crescita illimitata, ci sta facendo capire che le risorse sono limitate e che siamo una parte, molto piccola in realtà, di un equilibrio e di un sistema che stiamo sconvolgendo in modo incauto e irresponsabile.
Come possiamo progettare a lungo termine la nostra attività, quando lo stesso scenario in cui operiamo potrebbe tramutarsi radicalmente? (Noam Chomsky e Robert Pollin, Minuti contati – Crisi climatica e Green New Deal Globale, Ponte alle Grazie, 2020)
In secondo luogo, il mondo del lavoro si muove all’interno di logiche che raramente perseguono il nostro vero benessere; l’economia finanziaria e quella basata sulle risorse reali sono sempre più distanti tra loro. Uno degli effetti è la disparità di ricchezza sempre più ampia creata da scelte politiche ed economiche che ricadono sulle nostre vite (Fitoussi Jean Paul. La neolingua dell’economia, ovvero come dire a un malato che è in buona salute. 2019, Einaudi ).
In una situazione così instabile, la dimensione della nostra attività ha effetti immediati sulle nostre vite, perché quando si è piccoli è sempre più facile essere fagocitati dai grandi marchi o comunque dalle logiche di mercato che li proteggono.
In terzo luogo, stiamo dando sempre più spazio ad una tecnologia senza identità e senza timone. Le chiediamo di risolvere i nostri problemi dimenticandoci che, se da una parte i progressi in questo campo sono indiscutibili, sembra che l’obiettivo di questo “mondo senza testa e senza cuore” non sia la nostra vera libertà e appagamento.
Se da una parte l’evoluzione dell’intelligenza artificiale rende perfino incerta la nostra stessa utilità in un prossimo futuro, dall’altra i continui cambiamenti nella tecnologia ci portano a correre sempre di più per cercare di stare al passo con gli altri. (Esther Duflo, Abhijit Vinayak Banerjee, Una buona economia per tempi difficili, Laterza, 2020).
Infine, quella che definiamo leadership, ossia la capacità di guidare la società verso il futuro, è indubbio che si stia sgretolando prendendo sempre più la forma di politiche autocratiche che mancano di una vera visione collettiva e sociale.
Ci ritroviamo a cedere la nostra autonomia e libertà in cambio di qualcosa che avverrà chi lo sa quando o in risposta a chissà quale emergenza del momento (Yuval Noah Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, Bompiani, 2020).

Come possiamo gestire un’attività in tali condizioni?

In questo caos cerchiamo ostinatamente il nostro piccolo spazio dove vivere e lavorare felici, ma purtroppo è difficile chiudere il puzzle appunto perché le logiche sono cambiate, se si può ancora parlare di logica, e noi semplicemente non capiamo quali siano le nuove regole del gioco.
Ce ne accorgiamo solo quando vediamo che le cose non vanno sempre secondo i nostri piani e intenzioni o quando accadono eventi inaspettati che cambiano la realtà, anche radicalmente.
Mai come in questo periodo sentiamo di appartenere ad un mondo che si muove secondo dinamiche impreviste e da un momento all’altro lo scenario nel quale ci muoviamo, dove ci siamo costruiti le nostre routine e i nostri progetti, può scomparire davanti ai nostri occhi (pensiamo ad esempio a come l’epidemia del COVID-19 iniziata nel 2020 abbia destabilizzato improvvisamente intere economie nazionali ed equilibri mondiali modificando i nostri comportamenti, alcuni di questi in modo temporaneo ma altri forse permanentemente).
Inoltre, anche le persone intorno a noi, quelle che dovrebbero diventare nostri clienti, non si comportano come ci aspettiamo proprio perché in realtà anche loro sono confuse.
Il risultato immediato è che non riusciamo a conoscere le loro motivazioni e i loro desideri più profondi, elemento indispensabile per servirli al meglio attraverso la nostra attività.
Come tutti noi, anch’io volevo trovare una soluzione e sentivo che in qualche modo mi stava sfuggendo qualcosa d’importante, ossia quali fossero i veri principi che conducevano veramente al nostro benessere, individuale e collettivo.
Molti ti diranno che le cose non girano perché tu non conosci le parole magiche che finalmente convinceranno il tuo potenziale cliente ad acquistare ad occhi chiusi i tuoi servizi, oppure che dovresti fare i corsi più disparati sulle strategie inerenti al tuo settore.

La realtà è che quando un’attività non gira come dovrebbe significa che ruota attorno al mozzo sbagliato.

È il centro che non è corretto e i corsi che farai, se pur interessanti e in parte efficaci, non si trasformeranno nel centro propulsore della tua attività, perché sono solo degli strumenti.
Per di più, in tutta onestà nessuno può dirti in modo assoluto cosa devi fare nel tuo lavoro e nessun metodo funzionerà in modo infallibile nel tuo caso specifico.
Ecco perché probabilmente finora hai studiato tanto, fatto corsi, ma poi, non hai visto tutti i risultati sperati.
Rimanere aggrappati ad una coscienza abitudinaria, bloccata da vecchi parametri di giudizio, che comunica in modo obsoleto nel tentativo di manipolare gli altri, semplicemente non funziona più, almeno per persone che vogliono dare un proprio contributo alla società, anche in termini di valori.
Dapprima, nei miei studi della letteratura classica dell’India, ho scoperto che vengono distinte tre cause fondamentali di afflizione nella vita:

  1. Sofferenze create dalle potenze superiori della Natura (adhidaivika-klesha): le sofferenze che subiamo da cataclismi, fenomeni naturali: caldo, freddo, siccità, alluvioni, fulmini, terremoti, maremoti, incendi.
  2. Sofferenze create dagli altri esseri viventi (adhibhautika-klesha): le sofferenze causate da altri esseri viventi, umani e non.
  3. Sofferenze create da noi stessi, ossia dal corpo e dalla mente (adhyatmika-klesha): le sofferenze provocate da noi stessi, ossia dovute all’instabilità della nostra mente e alla fragilità e temporaneità del corpo.

I primi due fattori sono esterni e “purtroppo” dobbiamo semplicemente imparare ad accettarli. Mettersi testardamente di traverso a questi elementi sarebbe come combattere contro i mulini a vento.
Capii che siamo noi che vediamo il mondo come amico o nemico sulla base del nostro particolare stato di coscienza e forse è per questo che la persona veramente saggia riesce a vedere un’opportunità positiva in ogni situazione della vita.
In effetti, le tragedie possono sia spezzarci che fortificarci, e anche il successo e la fama possono mostrarci entrambe le facce della medaglia. Se avessi fatto mio questo principio, forse anche i risultati del mio lavoro avrebbero avuto quel tipo di sapore e di luce.
La Bhagavad gita, un antico testo della tradizione indo-vedica che ho amato fin dalla prima lettura, dichiara (Bg 2.14):

Il contatto con la materia produce piacere e sofferenza come il caldo e il freddo; temporanei, vanno e vengono. Tollerali.

È quindi sul terzo fattore (adhyatmika-klesha, ossia le sofferenze provocate da noi stessi, attraverso la mente e il corpo) che si gioca tutta la partita.
Per avere un pensiero lucido e una vita felice e soddisfacente è perciò necessario imparare l’arte di controllare la mente al fine di non esserne sopraffatti.
Solo in un secondo momento avrei imparato anche l’arte di agire, perché conoscere ciò che possiamo veramente cambiare e cosa invece non dipende da noi, permette di rimanere focalizzati ed indirizzare le energie nel modo più opportuno.
Capisco che questo approccio, per certi aspetti possa sembrare molto distante dai problemi pressanti che hai in questo momento e che anch’io sentivo urgente, ossia cercare nuovi clienti, vendere di più, trovare un tuo messaggio che arrivi al cuore delle persone e far fronte alle sfide che quotidianamente devi affrontare nella tua attività.

Ma guardare al mercato da un’angolatura diversa e iniziare a porgli le giuste domande, farà emergere risposte più aderenti alla tua realtà, proprio quelle che ti serviranno per raggiungere i tuoi obiettivi.

Purtroppo, mi accorgevo molto spesso che erano invece le mie tensioni e i desideri più bassi, i miei attaccamenti e condizionamenti, che conducevano le mie azioni, con le conseguenze che potevo constatare con i miei occhi.
Per questo motivo, conoscere chi siamo (dentro e fuori dal nostro lavoro), qual è il nostro fine e quali sono i mezzi per raggiungerlo, ha profonde ripercussioni nella nostra vita e in quella delle persone connesse a noi.
La conseguenza tangibile sarà che i pensieri, le parole e le azioni che produrremo, avranno un respiro e una direzione totalmente diversi da quelli attuali.

Non è la vita, ossia ciò che ci capita, che determina il nostro modo di pensare, ma è il nostro modo di pensare che determina il modo in cui viviamo e ci muoviamo in questo mondo.

Se agiamo in modo sconnesso (da noi, dagli altri e dal mondo), o in conflitto (con noi, con gli altri o con il mondo), anche i risultati si ripercuoteranno su tutte le nostre dimensioni, compresa quella professionale.
Forse è arrivato il momento di andare oltre le tante parole già sentite su come potremmo guadagnare di più o far decollare un’attività.
Prima di iniziare questo viaggio avevo spesso la sensazione di muovermi in modo scoordinato, o troppo tardi o troppo presto rispetto a quello che mi accedeva, e per questo mi sentivo di rado in sintonia con me stesso, ma presto compresi che per poter trasformare completamente il mio lavoro, sarebbe bastato semplicemente conoscere la velocità e la direzione di questo movimento stupendo che è la vita.

Caliamo nella realtà questo principio

Ad esempio, il pensare agli altri che sono presenti sul mercato come alla concorrenza ha sicuramente una certa ragionevolezza.
Ma non credi che sia anche il frutto di una coscienza egoica che guarda al mondo esterno non come a un’opportunità ma come a costanti sfide per la sopravvivenza?
Se fosse così, allora credo che innescherebbe una comunicazione dal sapore di contrattazione, nella quale ognuno spera di portar via tutto da sotto il naso dell’altro.
Sappiamo però che ci saranno sempre persone più astute di noi e prive di rimorsi e quindi che simili tentativi alla fin fine porteranno o alla nostra sconfitta, oppure al calpestare i valori etici e morali sui quali abbiamo giustamente costruito la nostra vita e la nostra identità.
Ecco che il nostro modo di vedere, di pensare e di agire avrà creato la nostra realtà.
Quando ci muoviamo nella competizione stiamo cercando di controllare una situazione mentre, quando cooperiamo, stiamo creando qualcosa di più grande.
Proviamo quindi a cambiare prospettiva: per creare relazioni durature, invece di competere, dovremmo completarci l’uno con l’altro. Io ho bisogno dei miei clienti o utenti e loro hanno bisogno delle mie proposte e dei miei servizi.
Potranno di certo seguire altre strade oltre alla mia, ma non necessariamente una soluzione esclude l’altra.
Con questo approccio, instaurerò una comunicazione multilaterale, ossia nella forma di un dialogo creativo con il mio cliente, attivo o potenziale, che potrebbe diventare un’esperienza appagante per entrambe le parti.
Passerò così dal cercare di essere un esperto autoritario che vuole convincere gli altri che la sua soluzione è la migliore tra tutte quelle presenti nel mercato, sgomitando per trovare un posto al sole, ad essere considerato un professionista autorevole che raccoglie attorno a sé un pubblico che si fida di lui.
Questo cambio di prospettiva mi consente di apprendere sempre cose nuove e stare al passo con il flusso degli eventi e con le esigenze del mio pubblico, creando costantemente qualcosa di unico.
Ecco che il mio modo di vedere, di pensare e di agire avrà creato la mia realtà.
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Evviva la vita,
Andrea