Morì di inedia, per non potersi nutrire con tanta delizia, ma troppo delicata per lui...
Qui a seguire la storia in sintesi, mentre vediamo nella foto di copertina la moglie Marcolfa, tratta da wikipedia, sgomenta per la perdita del suo amato...
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Giulio Cesare Croce è l'autore di "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno", un romanzo comico pubblicato nel 1606 che narra le gesta di Bertoldo, villano rozzo e bestiale dotato di un istinto sottile, che con furbizia e scaltrezza è in grado di risolvere per il re Alboino molti grattacapi e problemi di vario genere, proponendo soluzioni che i suoi dignitari di Corte, nobili ed educati (ma evidentemente un po' rimbecilliti! 😄), non erano in grado neppure lontanamente di affrontare.
Ebbene: il buon Bertoldo, ricompensato per i suoi servigi con una vita di corte accanto a nobili e re, nutrito come meglio non potrebbe un principe, si trova in grave difficoltà : perché lui, contadino, ha i suoi cibi dedicati!
Rape, fagioli, (patate non ancora! Arrivano dalle Americhe e per essere introdotte nell'alimentazione europea ancora ce ne vuole!), radici, erbaggi, ...  insomma, cibi che per varie ragioni (crescono "nella" terra; sono molto prolifici; sono pesanti di digestione; durano a lungo; etc. etc. ) corrispondono al suo lignaggio di villano e contadino.
Per cui, nutrito di volatili, pesche e pere delicate, di salsine e dolcetti prelibati, di ogni ben di Dio che la cucina "barocca" dei grandi cuochi del Rinascimento italiano era riuscita a inventarsi per soddisfare i palati dei "Signori", ebbe a soffrirne grandemente. E morì, di inedia.
Ascoltiamo il racconto:
"... mentre ch’e stette in quella corte, ogni cosa andò di bene in meglio; ma essendo egli usato a mangiar cibi grossi e frutti selvatichi, tosto ch’esso cominciò a gustare di quelle vivande gentili e delicate s’infermò gravemente a morire, con grandissimo dispiacere del Re e della Regina, i quali dopo la sua morte vissero sempre una vita trista e infelice. I medici che non conoscevano la sua complessione, gli facevano i rimedi che si fanno alli gentiluomini e cavalieri di corte; ma esso, che conosceva la sua natura, teneva domandato a quelli che gli portassero una pentola di fagiuoli con la cipolla dentro e delle rape cotte sotto la cenere, perché lui sapeva che con tal cibi saria guarito; ma i detti medici non lo volsero mai contentare."Â
Il povero Bertoldo, privato della sua pignatta di fagioli, perì per indigenza, nonostante la disponibilità di banchetti riccamente imbanditi di cibi.
Nel suo epitaffio fu scritto:
In questa tomba tenebrosa e oscura,
Giace un villan di sì deforme aspetto,
Che più d'orso che d'uomo avea figura,
Ma di tant' alto e nobil'intelletto,
Che stupir fece il Mondo e la Natura.
Mentr' egli visse, fu Bertoldo detto,
Fu grato al Re, morì con aspri duoli
Per non poter mangiar rape e fagiuoli.
Alle prossime puntate di questa nostro nuova rubrica!
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