Enrica Zoppi

Founder Junior

Quando una donna è abituata da sempre a chiedere scusa anche per ciò che non ha commesso, a chinare la testa a obbedire. Quando una donna non sorride mai perché nessuno si preoccupa di farla sorridere. Quando una donna veste sempre gli stessi abiti senza mai provare sete e merletti profumi e gioielli. Quella donna impara a credere di essere nulla. Impara a credere che la vita sia soltanto cupezza e rassegnazione. Poi un giorno, qualcuno comincia a volerle bene, a guardarla, a farle notare che riesce bene in tutto ciò che fa. Quando una donna comincia ad essere amata, si rende conto che non era lei ad essere sbagliata ma lo erano le persone intorno a lei. Quando una donna comprende di valere, si apre uno squarcio nel suo petto e diventa forte, di una forza dignitosa, che non urla ma fa tanto di quel rumore col suo silenzio e col suo sguardo che al suo passaggio restano tutti fermi. Quando una donna capisce di essere una grande donna, senza dovere dire grazie a nessuno! Miriam Messina

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Enrica Zoppi

Founder Junior

Buonanotte a tutte le donne. A tutte le donne che non ci sono più perché un uomo le ha massacrante. A tutte le donne che ci sono ancora ma che sono ogni giorno violentate nella mente e nel corpo. A tutte le donne che hanno paura perché un uomo, qualunque uomo può loro fare del male e non le lascia respirare e non le lascia sorridere e non le lascia vivere. A tutte le donne che non sanno nemmeno che stanno vivendo una condizione di violenza continua, o fisica, o psicologica e pensano che sia normale vivere in un inferno quotidiano. A tutte le bambine che diventeranno donne, che vivono già una condizione che le fa vivere in un incubo da cui pensano non si risveglieranno mai. A tutte le donne che sono maltrattate e abusate. A tutte le donne del mondo che vivono senza mai vedere il sole perché un uomo oscura costantemente i loro sorrisi. A tutte le donne che hanno avuto la forza e il coraggio di dire BASTA. Buonanotte

Enrica Zoppi

Founder Junior

Amo i paesaggi a intermittenza che offre il mio treno di oggi. Simili a fantasie sistemate a mezz’aria. La forma della mia solitudine emerge nei momenti disabitati, come questo. Cos’è la solitudine se non un pensiero caduto nella cavità dell’anima. Fuori sfrecciano felceti morsi dalla pioggia. Case. Nuvole. Solchi di terra fangosa. Il silenzio, come un mare dove ho dovuto morire per rinascere, ascoltando i muti ululati della paura e dell’angoscia, si fa sentire inesorabile. Penso: per fare primavera bisogna essere inverno. Avere freddo e lacrime, tempesta e vento. Solo così è possibile vedere la luce allungarsi sul giorno. Solo così l’arrivo avrà il senso della completezza. Mi distrae una signora che siede di fronte a me. Sguardo intenso, volto ramificato di rughe. Malinconica. Anche lei è attratta dal seducente sfumare del mondo, fuori dal finestrino del treno, che da qui appare come una vita che ci supera per finire. Mi rendo conto che ognuno di noi abita spazi angusti dell’anima che, da lontano, sono più facilmente distinguibili e terribilmente paurosi. Così avverto l’angoscia del vivere di questa signora che non conosco e che mai più rivedrò ma che ha mosso la mia parte emotiva più profonda, senza volerlo. Poi il battere del treno si allenta. Scendo accolta dal frastuono umano da cui mi faccio portare via come quei soffioni di primavera.

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